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Inquinamento e clima, l’esperimento involontario del Coronavirus

Quali sono i legami tra impatto umano sull’ambiente e Coronavirus? Le risposte a una domanda dal raggio d’azione così ampio toccano argomenti diversi, e si possono idealmente collocare in ordine lungo l’evoluzione seguita fin qui dal virus stesso: da singolo focolaio in un wet market di Wuhan (in cui si vendono animali selvatici, e i maggiori indiziati del caso coronavirus sono pipistrelli e pangolini) a pandemia globale. Una propagazione che ha provocato una serrata ormai internazionale, e che, tornando allo strano rapporto tra virus e ambiente, sta offrendo l’opportunità unica e senza precedenti di osservare un pianeta libero (solo in parte, fortunatamente) dall’influenza umana, in particolare da una buona fetta di inquinamento atmosferico.

L’impatto sullo smog

Con le misure di contenimento che ha imposto alla Cina, all’Italia e al mondo, il Covid-19 sta provocando l’abbassamento del livello dello smog delle città (e un certo grado di riappropriazione degli spazi da parte della natura). “Il dibattito sul rapporto tra inquinamento e coronavirus è complicato”, dice Gabriele Zanini, responsabile della divisione Enea che si occupa di modelli e tecnologie per la riduzione degli impatti antropici e dei rischi naturali. Probabilmente, dice Zanini, molte delle posizioni che si stanno diffondendo non si possono dare per scontate, perché non ci sono ancora abbastanza dati a sostenerle. La diminuzione dell’inquinamento atmosferico dovuta alla sospensione di trasporti e attività produttive è ovvia, dice il responsabile Enea: “sappiamo già quale sia la profondità dell’azione che avremmo dovuto fare per ridurre la concentrazione del particolato”. Il fatto che le misure per il coronavirus funzionino nella riduzione del particolato dimostrano che “dobbiamo ripensare il nostro modello di sviluppo: di mobilità, di sfruttamento agricolo e di industria”. Altrettanto ovvia è la relazione tra inquinamento atmosferico e salute: “è assodata da studi decennali e sappiamo perfettamente come ci sia una perdita dell’aspettativa di vita dovuta all’inquinamento atmosferico”.


Quello che è meno ovvio, perché ha bisogno di dati per essere dimostrato, è il rapporto tra lo smog e la propagazione dell’epidemia, “come se il particolato fosse il portatore del virus”. Una tesi del genere “deve essere dimostrata attraverso uno sviluppo della ricerca sugli areosol e il loro ruolo nell’essere portatori del virus, che potrebbe interagire con le particelle più piccole del particolato. Ancora troppo poco si sa di questa pandemia e di come veramente si è propagata nel nostro Paese”.

Zanini fa riferimento al paper della Sima, Società italiana medicina ambientale, dell’università di Bologna e quella di Bari. Non è una pubblicazione scientifica, ma una ricerca “fatta sulla base di articoli e pubblicazioni fatte seguendo la diffusione di altre epidemie” e basata su correlazioni statistiche. Un documento che deve essere dimostrato con attività sperimentali. “Queste relazioni statistiche non bastano a dimostrare la tesi, e la dinamica degli aerosol in atmosfera è estremamente complessa”. Come capire quindi se, in parole povere, il virus si attacca alle particelle di polvere? “In Enea ci stiamo pensando e ci stiamo lavorando e proporremo una sperimentazione sia a livello nazionale che internazionale. Questo tipo di ricerca è molto importante. Probabilmente questa non sarà l’ultima epidemia e le cose cambieranno sempre di più con il cambiamento climatico. Dobbiamo essere pronti nel futuro ad avere spiegazioni per quello che succede”.

 

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epa08261627 (COMPOSITE) A handout composite picture made available by the National Aeronautics and Space Administration (NASA) of maps showing nitrogen dioxide (NO2) values over the Chinese city of Wuhan during three periods in 2020: (L-R, top row) from 01 to 20 January (before Lunar New Year), from 28 January to 09 February (around New Year celebrations), and from 10 to 25 February (after the event) (issued 01 March 2020). In picture, the 2020 values are compared to the same periods in 2019 for reference (second row). NASA and European Space Agency (ESA) pollution monitoring satellites have detected significant decreases in nitrogen dioxide — a noxious gas emitted by motor vehicles, power plants, and industrial facilities — over China. According to scientists, there is evidence that the change is at least partly related to the novel coronavirus quarantine, Chinese New Year, and to an overall economic slowdown. EPA/NASA HANDOUT — BEST QUALITY AVAILABLE — HANDOUT EDITORIAL USE ONLY/NO SALES

 

Dall’oppressione della natura ai cambiamenti climatici

Lo stretto legame tra epidemie e impatto umano sulla natura è testimoniato anche da uno dei fattori che ne potrebbero facilitare la propagazione: i cambiamenti climatici provocati dall’uomo. Non c’è infatti solo l’elemento di ‘oppressione’ della natura selvatica rintracciabile all’origine dei virus. C’è anche il ‘terreno fertile’ per i fenomeni epidemici provocato dal “cambiamento di intere zone sottoposte a temperature e umidità diverse”, dice Zanini. Con il riscaldamento globale cambia, innanzitutto, “la suscettibilità umana”. Cambia la distribuzione degli insetti che trasportano malattie, cambiano le condizioni di temperatura e umidità che possono in qualche modo “allevare dei virus, che possono costituire l’habitat e la permanenza di elementi virali. È questo che ci si aspetta con il cambiamento climatico, ci si aspetta fenomeni del genere che non sono tutti spiegati ma facilmente osservabili, come quando vediamo insetti diversi rispetto al solito nelle nostre case anche in inverno, come le zanzare. Nel bacino del mediterraneo andiamo verso temperature più alte e precipitazioni cambiate nei pattern stagionali, verso zone di maggiore aridità e di maggiore umidità. Dobbiamo anche pensare che quello che prima sapevamo della nostra interazione con la natura rischia di cambiare”.

Un esperimento involontario

Al di là della crisi che sta provocando, dal punto di vista scientifico il coronavirus ha creato un’occasione senza precedenti. È un esperimento involontario, dice Zanini, “nessuno l’avrebbe mai potuto pensare”. E sarà possibile analizzarne gli effetti dopo aver ‘ripulito’ i dati dalle variabili metereologiche. Con una base di dati da analizzare solida, alla fine, si riuscirà a stabilire, ad esempio, “quali sorgenti pesano di più o di meno” sull’inquinamento atmosferico. Si potrà capire con maggiore precisione in che direzione andare per ridurre le emissioni. La riduzione di queste, dovuta alle misure per il contenimento del Covid-19, non provocherà un’inversione di tendenza nei cambiamenti climatici, naturalmente. Ma potrebbe “essere il punto di partenza per esperimenti numerici”, per costruire una proiezione degli effetti a lungo termine sulle temperature globali. Per capire con ancora più precisione fino a che punto dovremo spingerci per contenere il riscaldamento.

Quello che è certo è che, indipendentemente dal coronavirus, l’inquinamento atmosferico raggiunge abitualmente livelli intollerabili, dice Zanini: “continuiamo a chiamarla emergenza quando è un fenomeno ventennale. È palese che non abbiamo fatto abbastanza per ridurlo e questo tipo di blocco imposto agli spostamenti ci dà la dimensione del fenomeno”. E ci regala un’altra occasione: l’importanza della sincronia delle misure italiane contro l’inquinamento. “Normalmente sono appannaggio delle Regioni, ciascuna prende le proprie misure”. Ora, con la risposta unitaria dell’Italia al virus, si ha una risposta indiretta, ma altrettanto unitaria, all’inquinamento. “Si vede perfettamente come la sincronia delle misure conduce ad una riduzione coerente dell’inquinamento atmosferico. Il tipo di inquinamento che di solito combattiamo è di tipo secondario, la cui generazione dipende da tutta una serie di fattori che possono nascere anche lontani dal luogo in cui si decide di agire per contrastare l’inquinamento”. Ha poco effetto agire solo sul traffico di Milano, insomma, se l’allarme smog coinvolge tutte le centraline padane: “La padania è un unicum dal punto di vista della ‘respirazione’, respira tutta allo stesso modo. Le centraline superano il limite contemporaneamente da Bologna a Milano, da Torino a Padova. Se ognuno prende misure diverse non si vede nessun effetto. Spero che questo aiuti a comprendere come sia nel caso dell’inquinamento sia nelle emergenze sanitarie siamo tutti nella stessa situazione. Le misure vanno prese concordandole tutte insieme, servirebbe che un’autorità statale, non quelle regionali, decidessero cosa fare. Sul nostro ordinamento, su questi temi, va aperta una riflessione”.

 

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