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La ripresa non è per tutti

I prossimi mesi serviranno a capire quanto lo sforzo messo in campo nell’emergenza sia stato efficace. E quanti saranno i nuovi esclusi dallo sviluppo economico. Il punto di vista di Letta e Giovannini. La versione completa di questo articolo, a firma di Fabio Insenga, è disponibile sul numero di Fortune Italia di giugno.

Garantiti e non garantiti, settori fermi e altri che hanno accelerato. E la grande incognita della tenuta del mercato del lavoro. L’uscita dall’emergenza legata al Coronavirus rischia di creare una frattura netta tra chi, nonostante le difficoltà, resterà in gioco e chi sarà costretto a cambiare strada, a reinventarsi. Siamo a tre mesi dal giorno zero della crisi del Coronavirus, quel 21 febbraio del primo ricovero ufficiale per il Covid-19, a Codogno. È cambiato tutto per molti, relativamente poco per altri. Basta parlare con le persone. Muoversi per le strade di una città piena di tutto, come Roma, e spingersi appena fuori, nelle poche aree che ancora ospitano capannoni e stabilimenti industriali. La surreale sospensione del lockdown ha lasciato spazio all’incertezza, ai dubbi e alle prime decisioni definitive della fase 2.

Si lavora intorno ai negozi, ancora solo parzialmente aperti, per arrangiare in qualche modo soluzioni che possano tenere insieme le nuove prescrizioni con la prospettiva di servire un numero di clienti che consenta di dare un senso alla saracinesca aperta. I cartelli ‘vendesi attività’ sono sempre di più e tengono insieme i piccoli negozi, le edicole, ma anche gli spazi più grandi, abbandonati in fretta dalle grandi catene. Il sospetto che a poter comprare siano soprattutto i soldi sporchi, quelli della malavita che ricicla e che strozza i commercianti con l’usura, aggiunge preoccupazione al censimento delle chiusure. Ci sono, ovunque, rider che percorrono strade e marciapiedi con qualunque mezzo a due ruote per consegnare cibo a domicilio. Si sono moltiplicati, hanno alzato l’età media e anche la qualità dei mezzi a disposizione. Segnali che la paga bassa di un lavoro occasionale sia diventata comunque l’ammortizzatore sociale di tanti che hanno perso un’altra occupazione. Ci sono poi, meno visibili di quando i bar e le panchine consentivano gli assembramenti, tutti quelli che escono di casa per cercare un espediente per tirare avanti. Hanno un aspetto meno trasandato ma condividono il poco spazio disponibile agli angoli delle strade con quelli che una casa non ce l’hanno e sono ormai da mesi semplicemente alla ricerca di un rifugio utile. In fila alla Caritas ci sono anche colf e badanti, impiegati nei piccoli esercenti, lavoratori ambulanti che prima avevano delle entrate, spesso in nero, e che il Coronavirus ha reso nuovi poveri in poche settimane.

 

La versione completa di questo articolo è disponibile sul numero di Fortune Italia di giugno. Si può comprare in edicola e in versione digitale, oppure ci si può abbonare ai link di seguito:

 

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