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Enel e il peso della cultura digitale

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La crisi del Coronavirus ha impattato molto meno su chi era già pronto con processi innovativi.Carlo Bozzoli, direttore Global digitalsolutions, spiega il ‘caso’ Enel. La versione completa di questo articolo, a firma di Fabio Insenga, è disponibile sul numero di Fortune Italia di giugno.

Quando si dice che nulla sarà come prima, si attribuisce alla pandemia del Coronavirus lo status di un evento capace di separare nettamente quello che è stato prima e quello che sarà dopo. È vero per diversi aspetti. Ma c’è un fattore per cui quello che è stato prima ha inciso in maniera decisiva sulla gestione dell’emergenza e inciderà ancora di più nella ‘nuova normalità’: la trasformazione digitale. Chi era pronto non solo non si è fermato ma ha potuto accumulare un vantaggio competitivo e anche trainare gli altri. Gli esempi classici sono quelli di Amazon o delle piattaforme di collaboration, da Zoom in giù. Ci sono però realtà, fuori dal mondo del tech, che hanno una storia di trasformazione digitale che vale la pena raccontare. È il caso di una multinazionale come l’Enel. “Ci siamo preparati a essere resilienti molti anni prima di questa crisi, già a partire dal 2014”, sintetizza Carlo Bozzoli, direttore Global digital solutions.

Una scelta strategica sostenuta da risorse importanti. “Abbiamo investito 4,5 mld negli ultimi tre anni” per arrivare ai risultati di oggi: “Abbiamo il 100% degli impianti di generazione da rinnovabili gestiti da remoto, abbiamo 45 mln di contatori intelligenti su una base di 70 milioni di clienti”. Sono numeri che servono a inquadrare la portata di una rivoluzione insieme tecnologica e culturale. La nuova visione del Gruppo ha portato Enel ad essere la prima tra le grandi imprese di servizi di pubblica utilità al mondo totalmente in cloud e alla semplificazione del portafoglio di applicazioni, tutte gestite da remoto. L’altro focus chiave è stato quello sulla cybersecurity. Un tema, questo, particolarmente sensibile anche negli ultimi due mesi. “I nostri sistemi scartano mediamente 2 milioni, con picchi fino a 6 milioni, di mail ‘malevole’ ogni giorno ”, racconta Bozzoli, iniziando ad approfondire la gestione dell’emergenza legata al Covid-19. “Nelle prime settimane abbiamo messo in lavoro da remoto, chiamarlo smart working non renderebbe merito all’operazione, 37mila persone in trenta Paesi diversi”. E ora il primo pensiero non è quello di tornare indietro. “Non abbiamo nessuna fretta di far rientrare in ufficio le persone per metterle davanti a un monitor a fare video call che possono fare tranquillamente da casa. Per la maggior parte di loro si andrà avanti così fino a fine anno”.

 

La versione completa di questo articolo è disponibile sul numero di Fortune Italia di giugno. Si può comprare in edicola e in versione digitale, oppure ci si può abbonare ai link di seguito:

 

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