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Stati generali economia, la kermesse non serve

Gli inviti eccellenti, le conferme e il grande rifiuto, quello del Centrodestra, una passerella nobilitata dallo scenario di Villa Pamphili. Gli ingredienti ci sono tutti per rendere gli Stati generali dell’Economia, addirittura una settimana o più di lavori nelle intenzioni del premier Giuseppe Conte, una gigantesca kermesse. La tentazione di strafare è sempre dietro l’angolo ma il risultato finale dipenderà dalla capacità di rendere utile un confronto che si annuncia, soprattutto, come un’occasione per mostrare in maniera plastica le buone intenzioni del recovery plan all’italiana.

 

Il programma, ancora provvisorio, prevede l’apertura venerdì e individua sabato come giornata clou per i colloqui di profilo europeo e internazionale, con il collegamento in videoconferenza, tra gli altri, della presidente della Commissione Ue Ursula Von Der Leyen e del presidente del Parlamento europeo David Sassoli. Ci saranno anche il governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco, il segretario generale dell’Ocse Angel Gurrìa, la direttrice operativa del Fondo monetario internazionale Kristalina Georgieva. Lunedì 15 sarà il turno di Vittorio Colao, dopo il grande freddo registrato intorno alla diffusione alla stampa del suo piano, prima dell’inizio dei colloqui con le parti sociali, che potrebbero richiedere più di una giornata di lavoro. Dovevano esserci anche le opposizioni, già venerdì, ma si sta formalizzando il ‘no’ definitivo. Lega, Fdi e Forza Italia hanno per ora ribadito di essere pronti a confrontarsi con il governo in qualsiasi momento, ma soltanto in occasioni e sedi istituzionali.

 

L’obiezione sul tipo di sede, per una volta, non sembra strumentale. È abbastanza evidente che il dubbio legato al ‘mi si nota più se ci sono o se non ci sono’ possa sciogliersi a favore della seconda opzione, guardando agli interessi di parte dell’opposizione. A maggior ragione se l’operazione Stati generali viene presentata e gestita come un passaggio più simbolico che sostanziale. E se lo schema si presta ad essere assimilato a quello di una celebrazione piuttosto che a un momento di elaborazione operativa di decisioni. Non è difficile ipotizzare che intorno all’appuntamento di Villa Pamphili possa essere costruita una narrazione adatta alla propaganda.

 

Non solo. Al rischio che gli Stati generali diventino soprattutto uno show mediatico, si aggiunge anche quello, sempre più concreto, che a uscirne ridimensionato possa essere il ruolo del Parlamento, già messo a dura prova dalla raffica di Dpcm che ha scandito la gestione dell’emergenza Coronavirus. La scelta di affidarsi a strade non convenzionali, prima la Commissione Colao e ora gli Stati generali, denotano una certa ansia del premier Giuseppe Conte di smarcarsi anche dalla sua stessa maggioranza. Il malumore del Pd è sempre meno nascosto. Così come l’insofferenza che, su altri piani, trapela dai Cinquestelle.

 

Il problema principale sembra soprattutto l’incapacità di fare una sintesi rispetto a tutti gli imput che vengono prodotti. Aumentarli ancora, oltre a produrre confusione, può offrire anche alibi utili a sostenere scorciatoie pericolose. O, più banalmente, a distogliere l’attenzione dai temi cruciali e dalle soluzioni indifferibili che riguardano soprattutto scuola e lavoro. Se iniziare il prossimo anno scolastico in condizioni dignitose dovrebbe essere una priorità assoluta, l’ultimo richiamo del Governatore di Bankitalia, Ignazio Visco, che ha ribadito le stime per un crollo del Pil fra il 9,2 e il 13,1% quest’anno, serve a ricordare che “la situazione del mercato del lavoro in Italia è molto difficile”.

 

Anche per questo, visto che non c’è tempo da perdere o da impiegare male, ci sono tutte le condizioni per cui la kermesse di Villa Pamphili possa rivelarsi non solo inutile ma anche controproducente.

 

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