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Dal Lazio al Piemonte, viaggio nell’industria italiana dello Spazio

spazio space economy

Cuore dell’Italia dello Spazio è la città di Torino, che ospita un polo high-tech di assoluta eccellenza: da Thales Alenia Space Italia ad Altec, passando per Argotec. Articolo di Letizia Davoli apparso sul numero di Fortune Italia di aprile 2020.

 

Spazio, ultima frontiera. Era il 1966 quando Star Trek fece il debutto sugli schermi americani: un debutto timido – il successo planetario sarebbe arrivato solo 10 anni dopo – ma quella frase che apriva la sigla era già quanto mai profetica. Perché gli anni 60 non portarono solo una rivoluzione nei costumi e nella società: quel decennio segnò anche l’inizio di nuova era, quella dello Spazio.

 

Il primo passo in realtà era avvenuto un decennio prima, alla fine della Seconda guerra mondiale con la costruzione di nuovi razzi che, da scopi bellici, vennero trasformati in mezzi di trasporto verso l’orbita bassa. La storia di come il progettista dei micidiali V2 costruì il famoso SaturnV che portò l’umanità sulla Luna è nota, ma nessuno a quei tempi avrebbe immaginato le conseguenze, per l’economia e lo sviluppo mondiale, di quella travolgente corsa allo Spazio.

 

Eppure le premesse erano sotto gli occhi di tutti, nascoste nelle parole che JFK, il 12 settembre del 1962, pronunciò davanti agli studenti della Rice University, in Texas, posando la prima pietra di quello che sarebbe diventato il programma Apollo. “La crescita della nostra scienza e le ricadute sull’istruzione – disse – saranno ulteriormente arricchite dalla nuova conoscenza dell’Universo e dell’ambiente grazie alle nuove tecniche di apprendimento, mappatura e osservazione, attraverso nuovi strumenti e computer destinati all’industria, alla medicina, all’uso domestico e alle scuole. Le istituzioni tecniche, come la Rice, raccoglieranno i frutti di questo progresso… Ciò che un tempo era l’ultimo avamposto della vecchia frontiera verso il West, diventerà il punto più avanzato della nuova frontiera della scienza e dello spazio”. Sede della Rice era infatti una piccola città texana, Houston. Proprio quella di “Houston, we have a problem”: il salto da vecchio West allo spazio arriva grazie ai 200 milioni di dollari stanziati nel quinquennio successivo per le infrastrutture dello spazio e ai 60 mln di dollari annuali destinati alla Nasa. Quell’investimento degli anni 60 ha rappresentato per la Space economy degli anni Duemila il primo decino di Zio Paperone, il capitale su cui oggi si basa un giro d’affari globale che supera i 400 mld di dollari e che nei prossimi 20 anni, secondo le previsioni, sfonderà quota 1000 mld.

 

In 50 anni la visione di Kennedy è divenuta realtà: quello che lui definì “l’impegno nello Spazio” ha veramente dato vita a migliaia di industrie, decine di migliaia di posti di lavoro, un indotto che non conosce crisi, in cui ogni dollaro investito dà un ritorno moltiplicato per 6, per 8 o per 11, nei casi più floridi.

 

Perché bisogna sfatare una volta per tutte il mito che lo Spazio sia un investimento fine a sé stesso. Dagli spin off alla ricerca, dalle Pmi ai grandi gruppi industriali, dalle Università alle startup, lo Spazio oggi è diventato uno dei protagonisti non solo dello sviluppo economico, ma anche del benessere di un Paese.

Le grandi missioni che hanno attraversato e stanno attraversando in lungo e in largo il Sistema Solare fino da quella prima, storica conquista della Luna infatti, portano con sé un bagaglio di creatività, tecnologia e innovazione di immenso stimolo non solo per il mondo della ricerca, ma anche per quello industriale. In 50 anni lo Spazio ha unito due mondi fino ad allora sconosciuti l’uno all’altro, dando vita da una parte a centinaia, se non migliaia di spin off – prodotti che utilizziamo nella vita di tutti i giorni – e dall’altra stimolando la nascita di un ecosistema industriale in fortissima crescita a supporto di quello che oggi è la New Space Economy.

 

Defibrillatori, memory foam, teflon, fotocamere Hd, dispositivi senza filo a batteria, apparecchi ortodontici invisibili sono solo alcune delle tecnologie che ci arrivano dallo Spazio. Ogni anno, dal 1976, la Nasa pubblica un catalogo dei brevetti passati dallo Spazio alla Terra (Nasa spin off) che hanno avuto le migliori ricadute nella vita di tutti i giorni, dalla medicina all’ambiente, dai trasporti alla sicurezza. È così che il Canadarm, il braccio robotico di progettazione canadese montato all’esterno della Stazione Spaziale Internazionale, è diventato, in piccolo, il braccio dei chirurghi nelle operazioni a distanza, dando anche vita ad un robot chiamato Neuroarm, destinato alla neurochirurgia di precisione. O che la necessità di coltivare piante nello spazio, per garantire il cibo agli astronauti nel viaggio verso Marte, ha portato allo sviluppo di un fertilizzante a lentissimo rilascio che, sulla Terra, offre il massimo beneficio alla crescita delle piante. Ma nello Spazio è nata anche l’agricoltura 4.0, basata sul controllo via satellite dello stato di salute dei campi, delle coltivazioni, della migliore esposizione al sole dei raccolti. Senza dimenticare la meteorologia, lo studio del clima, le telecomunicazioni, il Gps, la sicurezza e la Difesa: nulla di tutto questo esisterebbe senza i satelliti, e quindi, senza le tecnologie spaziali.

Lo Spazio, con tutte le sue ricadute, diventa così uno degli asset strategici per un Paese. L’Italia, forte una lunga tradizione nell’aerospazio – è stata il terzo Paese nella storia a lanciare un satellite negli anni 60 – oggi si posiziona come terzo player in Europa, dopo Germania e Francia, e settimo nel mondo con un valore della produzione nell’ultimo quinquennio di quasi 16 mld di euro, divisi tra manifattura, al 30% e servizi, al 70%. Il nostro infatti è uno dei pochi paesi al mondo che può vantare l’intera filiera che porta allo spazio, avendo la capacità propria di sviluppare i satelliti, portarli in orbita e gestire tutti i servizi connessi, distinguendosi per qualità, precisione e innovazione. L’Italia dello Spazio ha nell’export il 70% del proprio business, con un ricavo che vale 1,5 punti di Pil in 5 anni. Una ricchezza che dà lavoro ad oltre 50mila persone, un numero che sfiora quota 200mila se si considera l’indotto, cioè le piccole e medie imprese e le startup che gravitano attorno alle grandi della filiera: Thales Alenia Space Italia, Leonardo, Telespazio e Avio. Un settore che ha forti capacità in tutti i segmenti, con una costellazione di piccole imprese a sostegno dei colossi dello spazio che arriva a quota 600.

Cuore dell’Italia dello Spazio la città di Torino, che ospita un polo high-tech di assoluta eccellenza: da Thales Alenia Space Italia ad Altec passando per Argotec, tra le aziende dell’aerospazio più giovani ed innovative, il polo piemontese è un traino per l’economia nazionale, seguito a ruota dai cluster tecnologici delle altre regioni. I numeri della regione infatti parlano di 280 Pmi, 14.800 addetti, 3.9 mld di fatturato e quasi 970 mln di euro di export, pari al 17% del totale nazionale, soprattutto diretto verso gli Usa e la Germania. Ma anche il Lazio non è da meno: 250 le aziende attive in questo settore tra grandi, piccole e medie imprese che, con 23.500 addetti e un fatturato annuo di oltre 5 mld (di cui 1,6 mld destinati all’export), rappresentano il tessuto economico e produttivo di una filiera che conta inoltre 10 primari organismi di ricerca, 5 università con 4 facoltà di ingegneria e 30 programmi universitari di formazione superiore, 3.000 tra docenti, ricercatori e specialisti.

 

Dagli stabilimenti Avio di Colleferro (Rm), esce il piccolo ma affidabilissimo lanciatore europeo Vega: un gioiello tecnologico che fa dell’Italia uno dei 6 paesi al mondo in grado di portare satelliti nello Spazio insieme a Usa, Russia, Cina, Giappone e India. E parla italiano anche la metà della Stazione Spaziale Internazionale, uscita dagli stabilimenti di Torino di Thales Alenia Space. Che ha costruito anche la famosa Cupola, la finestra della ISS sulla Terra, e che costruirà anche i moduli del Gateway, la Stazione Lunare che Nasa, Esa, Jaxa, Csa e Roscosmos costruiranno nei prossimi anni attorno alla Luna. Moduli – chiamati Cygnus – che già ora, come cargo, fanno la spola tra la Terra e la ISS, in una partnership con la Nasa destinata a durare ancora molti anni. Ma sono passate da Torino anche molte delle più importanti missioni di esplorazione del Sistema Solare, dai Telecopi come Euclid a Bepi Colombo, la sonda in viaggio verso Mercurio, zeppa di tecnologie tutte italiane, sviluppate con le Pmi che affiancano le grandi dello spazio. E alle cure degli ingegneri di Thales Alenia Space Italia è affidato anche il robot europeo Exomars che nel 2022 – dopo un rinvio di due anni annunciato il 12 marzo – andrà alla ricerca di vita su Marte, in attesa di costruire sul pianeta rosso il primo avamposto umano su un altro pianeta del Sistema Solare. Una conquista, quella di Marte, che sta già portando con sé notevoli ricadute per il nostro mondo industriale: dalla robotica – altro settore di eccellenza del nostro paese – all’intelligenza artificiale, dalle altissime tecnologie alla miniaturizzazione dei sistemi fino al downstream dei dati dallo Spazio. Senza contare l’ingegnerizzazione del terreno marziano per renderlo coltivabile, un altro dei settori di ricerca di Torino, così come la Vr per addestrare gli astronauti o per simulare l’atterraggio sulla Luna.

 

Un rapidissimo sviluppo anche il mondo delle startup che spuntano come funghi attorno ai colossi del downstream, cioè della raccolta dati dallo spazio, Telespazio ed E-Geos del gruppo Leonardo. Anche in questo settore l’Italia è tra i leader globali, in grado di reagire con immediatezza alle nuove richieste degli utenti: in pochi anni infatti il settore Spazio è passato dal technology push, cioè dalla sola ricerca di nuove tecnologie, al market driven, e quindi al market pull. Il paradigma cioè è cambiato: il mercato ha prodotto nuove esigenze a cui i sistemi spaziali oggi possono rispondere. Dando vita ad infinite opportunità per chi vuole fare business con lo Spazio. Dall’europa agli Stati Uniti gli investimenti sulle startup crescono di anno in anno, immettendo miliardi di dollari sul mercato e con ritorni ancora non calcolabili, per l’estrema giovinezza del settore.

 

Da quel giorno del 1962, grazie alla conquista della Luna, lo Spazio è passato da pura conoscenza a business, guadagnandosi l’estensione 4.0. Che lega governi e privati, politica e imprese in un unico campo da gioco globale. L’Italia ha tutti i numeri per non stare in panchina: la partita è appena iniziata, e oggi possiamo giocare anche noi, alla pari delle grandi.

Articolo di Letizia Davoli apparso sul numero di Fortune Italia di aprile 2020.

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