Pochi dossier sono stati complicati come quello di Autostrade. Qualsiasi partita finanziaria, anche se pesantemente infiltrata dalla politica, arriva in genere al fischio finale. Presumibilmente, anche questa prima o poi si chiuderà. Ma la strada è ancora in salita.
Il limite della trattativa in corso è scritto nella storia dell’intera vicenda, a partire dal crollo del Ponte Morandi, e soprattutto dagli interessi delle parti sedute al tavolo.
Il governo ha tutto l’interesse che si arrivi rapidamente a una soluzione per Autostrade. L’equilibrio precario nella maggioranza e la posizione ideologica tenuta dal Movimento Cinquestelle, insieme alla nuova profonda crisi legata al Coronavirus, suggeriscono di sminare il prima possibile un terreno di potenziale conflitto.
Cdp, e l’amministratore delegato Fabrizio Palermo, hanno lo stesso interesse. In un’ottica di sistema e anche, a voler essere maliziosi, guardando al prossimo rinnovo del vertice della Cassa. E c’è anche dell’altro. Cdp ha un interesse in più: il credito nei confronti di Atlantia e Aspi, che complessivamente è di circa 1,9 miliardi. Poco meno di un miliardo solo con Aspi. Palermo ha anche un paletto ben piantato per terra: l’operazione deve essere sostenibile, sia nel prezzo sia nelle prospettive di sviluppo industriale. C’è il vincolo statutario di dover fare un’operazione sulla base di una valutazione trasparente e di mercato. E, soprattutto, con prospettive di redditività, motivazione per la quale Blackstone e Macquarie si sono imbarcati nel progetto.
Poi c’è Atlantia e poi ci sono i Benetton. In tanti tendono a sovrapporre gli interessi dei vertici della società che controlla Aspi (Autostrade) e quelli della Famiglia. Ma diverse fonti bene informate segnalano divergenze spesso consistenti tra i due punti di vista. Le risposte sul piano finanziario alle mosse di Cdp, come è evidente guardando agli ultimi sviluppi, dimostrano che Atlantia continua a sentirsi in una posizione di forza e che ha tutta l’intenzione di far valere fino in fondo il suo potere negoziale.
È un atteggiamento fondato rispetto alle reali condizioni della trattativa? C’è un tema da considerare per trovare una risposta. L’arma principale di pressione del governo su Atlantia, la revoca della concessione, continua a essere spuntata: aprirebbe un durissimo contenzioso, con ottime chance di sconfitta sul piano legale, e aprirebbe un vuoto difficilmente colmabile sul piano industriale, perché la rete autostradale va gestita e perché servono tanti investimenti per non farla implodere.
E allora? Allora si tratta, soprattutto al tavolo ristretto e al massimo livello possibile, fino all’ultimo momento utile. Anche se anche la trattativa ha un limite.