Trattative estenuanti. Governo e Regioni contro, nella ricerca di un compromesso tra istanze, esigenze e aspettative diverse. Lo schema si ripete, dpcm dopo dpcm. Mentre i dati sui contagi da Coronavirus continuano a crescere e l’area del disagio sociale continua ad allargarsi.
Dovrebbe essere normale dialettica istituzionale ma sta diventando solo un gioco delle parti. Un rimpallo di responsabilità che serve a difendere la propria posizione di fronte all’opinione pubblica. È una questione di consenso, personale, che condiziona le decisioni da prendere. Nonostante il Coronavirus.
Un federalismo faticoso e sconnesso che rallenta in condizioni normali e che diventa un ostacolo insopportabile in tempi straordinari. Una cosa è consultare le Regioni, una cosa è rispettarne l’autonomia, altra cosa è non decidere con l’alibi del boicottaggio delle Regioni. Capovolgendo il punto di vista, una cosa è rivendicare ascolto e partecipare alle decisioni, altra cosa è porre veti, alzare muri o fare fughe in avanti per consolidare la propria posizione.
Ci sono i vincoli costituzionali e ci sono nel processo di costruzione delle decisioni procedure da rispettare. Ma si deve arrivare a decisioni efficaci e proporzionate a quello che sta accadendo con la seconda ondata del Coronavirus. Servirebbe una coesione istituzionale che non c’è. Servirebbe, almeno, il buon senso di mettere da parte tatticismi e giochi di potere. Almeno quando si sta parlando di come e quanto tornare a chiudere un Paese.
Sarebbe il caso, per una volta, di parlare tutti un po’ meno e cercare di contribuire a fare scelte difficili senza guardare al prossimo sondaggio o alla prossima pagella, provando addirittura a non dividersi tra vincitori e vinti.