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Eni e la ‘resilienza’ della trasformazione energetica

eni descalzi

“La massima produzione di petrolio a livello mondiale per alcune agenzie e per alcune società dovrebbe essere nel 2030”. La produzione massima di Eni, invece, “sarà al 2025. Dopo inizierà una stabilizzazione con una decrescita della produzione del petrolio dal 2030 molto più marcata, per poi diventare praticamente dei produttori solo di gas che utilizzeremo per accompagnare al decarbonizzazione”. Alle prese con un presente particolarmente complicato (dalla crisi del Covid, dal calo dei prezzi del petrolio, da una trasformazione energetica sempre più urgente, da un bilancio in rosso) l’ad di Eni, Claudio Descalzi, ha delineato così il futuro del gigante petrolifero, durante un’audizione in Commissione Affari esteri, nell’ambito dell’indagine conoscitiva sulle dinamiche del commercio internazionale e interesse nazionale.

 

I conti

 

Nell’audizione Descalzi ha ripreso concetti già espressi ieri, commentando i conti del terzo trimestre della compagnia petrolifera, con un utile operativo adjusted nei primi nove mesi dell’anno crollato del 79% rispetto al 2019, a 1,41 mld di euro. Nel terzo trimestre però l’utile operativo adjusted è stato di 0,54 mld, in miglioramento di un miliardo rispetto alla perdita del secondo trimestre. Per quanto riguarda il risultato netto, Eni ha chiuso i primi nove mesi dell’anno con una perdita netta adjusted di 0,81 miliardi di euro. Nei nove mesi dell’anno la perdita netta è pari a 7,84 mld, “determinata dalla rilevazione di svalutazioni pre-tax di attività non correnti di 2,75 miliardi di euro riferite principalmente a asset oil&gas e impianti di raffinazione in funzione della revisione dello scenario dei prezzi/margini degli idrocarburi, dall’adeguamento del valore contabile del magazzino ai prezzi correnti (-1,4 miliardi di euro), nonché dalla svalutazione dei crediti d’imposta per 0,8 miliardi di euro”, ha scritto Eni. Intanto, come ha detto lo stesso Ad, nel trimestre il prezzo di petrolio e gas è calato del 30%, mentre sono scesi del 90% i margini di raffinazione.

 

La “resilienza” della trasformazione energetica

 

Descalzi ha detto che “di fronte a una crisi di dimensioni storiche, Eni ha dato prova di grande resilienza e flessibilità e i risultati conseguiti ci fanno guardare con fiducia alla ripresa della domanda, mentre continuiamo a perseguire il programma di transizione energetica”. “In un contesto di mercato che rimane molto difficile, stiamo contenendo con successo gli impatti negativi di questa crisi e progredendo nella nostra strategia di decarbonizzazione”. Oltre a sottolineare conti comunque “sopra le attese di mercato”, con “un Ebit di 0,52 miliardi di euro, valore doppio rispetto al consensus”, Descalzi confida nella ripresa della domanda dopo il Covid (ma l’inizio del calo dei prezzi del petrolio è precedente alla pandemia) con la produzione di greggio che continuerà a crescere per qualche anno. Per ora, nei primi 9 mesi del 2020, quella di Eni è diminuita rispetto al 2019.

 

Ma Descalzi davanti alla Commissione ha precisato anche che la diversificazione “avviata nel 2014” verso un’energia diversa, con emissioni nette zero, è ormai irreversibile, e rende Eni un gruppo “più resiliente”.

 

Le bioraffinerie, ad esempio, “sono tecnologie nostre e siamo gli unici nel settore oil & gas ad aver trasformato le raffinerie a idrocarburi in raffinerie a biomasse”. E per quanto riguarda la ricerca “negli ultimi 5 anni abbiamo investito circa 4 miliardi di euro in ricerca e siamo passati da 250 ricercatori a 1.500”. Per far capire l’importanza della riconversione energetica, Descalzi la lega al numero di clienti: “In Europa abbiamo 9 milioni di clienti e l’obiettivo è di arrivare a 20 milioni di clienti che sono quelli contrattualizzati a cui vendiamo prodotti che vogliamo decarbonizzare per non dare la preoccupazione ai nostri utenti di utilizzare prodotti con un contenuto, anche se basso, a livello carbonico”.

 

Le elezioni in America

 

Nella sua audizione il capo di Eni ha anche commentato il tema del voto americano. L’esito delle elezioni presidenziali negli Stati Uniti non dovrebbe cambiare “sostanzialmente” la politica energetica Usa, secondo Descalzi. “Le dinamiche di mercato, le dinamiche legate all’occupazione, le dinamiche legate al Covid che ha ridotto la capacità di ripresa difficilmente faranno cambiare la politica energetica sostanzialmente. Formalmente cambierà qualcosa forse nel ruolo di nuovo pro attivo degli Stati Uniti” nel caso in cui vincesse il candidato democratico Joe Biden. “Però – rileva Descalzi- ricordiamoci che dalla cop21, dal 2015, solo l’Europa ha preso impegni sempre migliorativi, tutti gli altri hanno detto siamo d’accordo. C’è chi prende impegni quantitativi e chi dice siamo d’accordo. Ci sono tante parole dette ma poi i fatti vengono fatti dai più piccoli in termini di emissioni, cioè l’Ue”, aggiunge l’ad di Eni.

 

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