Cerca
Close this search box.

Coronavirus, il colore delle Regioni non è un gioco

Dovrebbe essere nell’interesse di tutti capire chi è più a rischio e chi meno. Invece, attribuire un colore alle Regioni, per inserirle in area rossa, arancione o gialla in base alla reale penetrazione del Coronavirus, sta diventando un gioco da tavolo. Peraltro, con regole folli.

 

Alla fine, sono zona rossa solo Calabria, Lombardia, Piemonte e Valle D’Aosta. Arancioni Puglia e Sicilia. Il resto, gialle.

 

Cambiano i dati, si tratta più o meno sottobanco per scongiurare il declassamento che comporta misure più stringenti. Addirittura, si arriva a scegliere di utilizzare dati vecchi, quelli raccolti venerdì scorso e riferiti alla settimana tra il 19 e il 25 ottobre. Il nuovo Dpcm doveva entrare in vigore il 5 novembre ma, con una situazione in continua evoluzione e il numero dei nuovi contagi che oggi è tornato sopra quota 30mila, slitta ancora.

 

Non si è ancora risolto lo scontro con le Regioni. E, spiega Palazzo Chigi, tutte le nuove norme previste dall’ultimo Dpcm – quelle riservate alle aree gialle, arancioni e rosse – saranno in vigore a partire da venerdì 6 novembre. Questo, per consentire a tutti di disporre del tempo utile per organizzare le proprie attività.

 

Al di là delle motivazioni ufficiali, e delle parole del premier Giuseppe Conte, sono ancora le trattative sulla collocazione delle Regioni il problema. Che senso ha? Se, giustamente, si è scelta la strada di differenziare il lockdown in base alle esigenze reali sul territorio, e quindi a quanto il Coronavirus si è diffuso o si diffonderà in base a proiezioni attendibili, non ci possono essere mediazioni che siano in contrasto con le evidenze scientifiche. In palio non c’è la vittoria al Monopoli ma la tenuta di un Paese, dal punto di vista sanitario, sociale ed economico. Serve serietà, perché stiamo parlando di una cosa seria. Non c’è alternativa. A meno che non si decida che si è scherzato e che il rischio non è più tale da meritare una stretta.

 

Il Direttore generale della Prevenzione del Ministero della Salute, Giovanni Rezza, ha spiegato con pacatezza quali sono le ragioni che hanno spinto a intervenire. “La proporzione di positivi sui tamponi è molto elevata”. Il sistema sanitario sta tenendo, perché “in quasi tutte le aree del Paese non si rilevano particolari criticità”. Ma resta il fatto che “c’è una stabilizzazione dei dati sui contagi a livelli elevati”. Potrebbe essere il segno che la diffusione dell’epidemia stia rallentando e che le misure già introdotte stiano dando i primi risultati. Ma proprio per questo non è il momento di tornare a perdere tempo.

 

Rezza ha puntualizzato anche i criteri che vanno valutati per definire la collocazione nelle aree di rischio delle Regioni: oltre al numero dei contagi da Coronavirus, si deve tenere conto dell’Rt, della completezza dei dati e della resilienza del sistema sanitario locale. Servono valutazioni attente e fondate su dati più freschi possibile. Non può diventare una trattativa da mercato. O l’ennesimo giro di una partita a un qualsiasi gioco da tavolo.

ABBIAMO UN'OFFERTA PER TE

€2 per 1 mese di Fortune

Oltre 100 articoli in anteprima di business ed economia ogni mese

Approfittane ora per ottenere in esclusiva:

Fortune è un marchio Fortune Media IP Limited usato sotto licenza.