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Coronavirus, dalle Regioni uno spettacolo indecoroso

“È surreale che anziché assumersi la loro parte di responsabilità ci sia chi faccia finta di ignorare la gravità dei dati che riguardano i propri territori. Serve unità e responsabilità. Non polemiche inutili”. Per una volta, sono le parole di un ministro, quello della Salute Roberto Speranza, a fare la sintesi migliore. Il solo fatto che abbia dovuto pronunciarle, e scandirle all’indirizzo delle Regioni, ha un peso rilevante. Vuol dire che, nonostante la nuova ondata di Coronavirus e i dati pessimi, e nonostante le conseguenze gravi sul piano sociale ed economico per tutti, si continua ad andare in ordine sparso, privilegiando interessi di parte e piccoli calcoli di potere.

 

I criteri individuati per non arrivare a un lockdown generalizzato sono fondati su indicazioni scientifiche e sulle caratteristiche dei singoli territori: oltre al numero dei contagi da Coronavirus, si deve tenere conto dell’Rt, della completezza dei dati e della resilienza del sistema sanitario locale. L’alternativa è uno stop a tutto il Paese.

 

Anche per questo, la reazione alle decisioni prese sulle zone di rischio rasenta il ridicolo. Si protesta perché non si vuole essere in fascia rossa, è il caso di Piemonte, Lombardia e Calabria. E anche perché non si accetta la fascia arancione, come nel caso della Sicilia. Protesta anche la Campania, paradossalmente ‘al contrario’, per essere in fascia gialla.

 

Sono casi diversi che meritano un rapido approfondimento. La Lombardia ha da sempre i dati peggiori, nonostante sia la regione che ha già pagato il costo più alto alla prima ondata del Coronavirus. Le rimostranze del governatore Attilio Fontana sono non solo pretestuose ma difficilmente associabili alla realtà. Parla di “schiaffo alla Lombardia e ai lombardi” per contestare la decisione di Speranza. In linea il presidente facente funzioni della Calabria, Nino Spirlì: “È un tentativo di piegare la schiena ai calabresi, che non si inginocchieranno neanche questa volta, come non hanno mai fatto”. Come se qualcuno avesse interesse a punire qualcun altro.

 

Poi ci sono gli attacchi alla Campania, considerata evidentemente privilegiata. “La scelta del governo nazionale di relegare la Sicilia a zona arancione appare assurda e irragionevole“, attacca il Governatore siciliano Nello Musumeci, che rilancia: “Campania e Lazio sono assegnate a zona gialla. Perché questa spasmodica voglia di colpire anzitempo centinaia di migliaia di imprese siciliane?”. E il governatore Vincenzo De Luca che dice? Rimanda la palla al centro e torna a chiedere il lockdown nazionale. “Le decisioni del governo sulla divisione in zone epidemiologiche dell’Italia hanno creato problemi del tutto prevedibili. Rimango convinto della necessità di misure nazionali unitarie, anche più rigorose, per una azione più efficace di contrasto al Covid”. Il problema, in questo caso, è capire anche quanto pesano le pressioni ambientali, la piazza pronta a esplodere. Fare il tifo per il lockdown nazionale può diventare anche un’arma, impropria, di difesa.

 

Quindi, una serie di prese posizioni che si avvitano in uno scenario sconcertante. Tutti contro tutti, cercando di strumentalizzare qualsiasi decisione. Insieme, fanno uno spettacolo indecoroso.

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