È morto Vincenzo Desario, prima vicedirettore generale e poi direttore generale della Banca d’Italia, con Antonio Fazio Governatore. Un uomo delle istituzioni, come si intendevano le Istituzioni allora. Scomparso a 87 anni, ha passato 50 anni nella Banca centrale. Pochissime parole, relazioni con la politica ridotte al minimo e una militanza rigorosa.
Nella sua carriera da ispettore ha fronteggiato i più grandi scandali della storia: dalla Banca Privata di Michele Sindona, alla Italcasse di Giuseppe Arcaini, fino al Banco Ambrosiano di Roberto Calvi.
Ha vissuto da protagonista la fine dell’Era Fazio, il passaggio dalla Bankitalia del Governatore a vita alla nuova Bankitalia di Mario Draghi. È stato un passaggio per molti versi traumatico. Per la prima volta, veniva messa in discussione l’autonomia e l’inviolabilità di Via Nazionale. Per la prima volta, veniva messa in discussione l’assoluta libertà della banca centrale di incidere sull’evoluzione del sistema bancario. Di operare per la stabilità, di gestire per il meglio, senza che nessuno potesse esprimersi o mettere in discussione le scelte fatte.
Desario era il direttore generale di quella Banca d’Italia, fedele al suo Governatore ma anche consapevole di essere protagonista di un passaggio di rottura.
C’è un momento che fotografa bene il ruolo e il peso di Desario in quel passaggio. Le ore precedenti e successive alle dimissioni di Antonio Fazio. Fino in fondo dalla parte della sua Istituzione, nonostante i legami personali e il rammarico per un epilogo difficile da gestire. Mai una parola fuori posto, mai una scelta che non fosse coerente con la sua missione.
Rimase altri dieci mesi direttore generale anche con Mario Draghi, collaborando con il nuovo Governatore come se fosse stato da sempre il ‘suo’ Governatore.
