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Coronavirus, il governo del giorno dopo

Un governo serio sceglie una linea e la difende. Analizza la situazione, dati alla mano, e delinea una strategia adatta a fronteggiarla. È l’unico modo per rendersi credibile. Questo governo, nonostante le difficoltà dovute a un’emergenza completamente inedita come quella del Coronavirus, ha dimostrato a tratti di poterlo fare. È successo con il primo lockdown e anche a fine settembre, quando sono stati evidenti gli errori dell’estate, e la seconda ondata ha imposto una nuova stretta. Ora, invece, è tornato ‘il governo del giorno dopo’.

 

Quando non è l’urgenza assoluta a imporre una condotta ferma, riparte il teatrino della politica peggiore, quella che specula sulle circostanze per trarne un vantaggio non solo di parte, ma anche di respiro cortissimo. Quella che cerca il consenso sull’onda emotiva del momento.

 

Bastano le foto di un weekend di folla pre-natalizia per spingere a riflessioni profonde: inaccettabile la calca di gente che si affanna a fare i regali, immorali le file fuori dai ristoranti, irrispettosi i piani di fuga verso un accenno di normalità. Come se non fossero, tutte, conseguenze inevitabili di scelte sbagliate appena fatte.

 

Il messaggio che si manda è molto più netto di qualsiasi artificio normativo. O il Coronavirus è pericoloso e costringe tutti dentro casa, o il Coronavirus non c’è più e allora liberi tutti. Le vie di mezzo, le raccomandazioni, i permessi per buona condotta e le indulgenze non sono contemplate in tempi difficili.

 

Soprattutto, se si diventa il governo del giorno dopo, si perde la credibilità faticosamente costruita. Se si allenta la corda per tenere le fibrillazioni di una maggioranza il venerdì e si corre la domenica sera a sostenere che la corda va tirata ancora, il popolo del weekend non ti prende più sul serio. Perché nessuno può andare più a rintracciare le argomentazioni pre e quelle post: il weekend è semplicemente il risultato pessimo delle scelte che sono state fatte.

 

Non è un caso che in altri Paesi, questo sia soprattutto il tempo della leadership. Succede in Germania, per esempio, dover di fronte ai morti, meno rispetto a quelli italiani, c’è un Cancelliere che si prende la responsabilità di annullare Natale e Capodanno, tirando una riga sulle feste e sui consumi, con un messaggio inequivocabile: si chiude tutto. Popolare, impopolare? Semplicemente, inevitabile.

 

In Italia, invece, prima si allenta, si concede, si ‘permette’, poi si corre a correggere e a ritrattare, per inseguire il consenso che oscilla impazzito tra negazionismo e allarmismo.

 

Ecco perché mettere sullo stesso piano le parole della Merkel ai tedeschi e quelle di Conte agli italiani diventa imbarazzante per tutti. Per chi parla, per chi ascolta e per chi tenta di capire dove si vuole andare veramente.

 

 

 

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