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NBA parte a Natale per non bruciare altro denaro

Nba Lebron James

La prima palla a due prima di Natale e il meglio del repertorio durante le festività. La Nba parte il 22 dicembre, a poco più di due mesi dalla fine dell’ultima stagione con epilogo a ottobre scorso e il titolo ai Los Angeles Lakers e durata 13 mesi. Le star, partendo da Lebron James, le squadre avrebbero voluto ricominciare a gennaio, con la fine prevista prima delle Olimpiadi di Tokyo, rimandate dalla scorsa estate. Ma ha vinto il dollaro, la logica dei conti, hanno vinto i proprietari e i dirigenti della Nba.

 

Perché è vero che si tratta della lega più forte e mediatica al mondo, con un peso specifico anche sull’elezione di Joe Biden alla Casa Bianca, con un impatto anche sulle istanze di Black Lives Matter, ma le casse rischiano egualmente di esaurirsi. Il peso del Covid-19 si avverte a bilancio, il giro d’affari nel 2020, dati di Espn, è calato del 10%, attestandosi a 8,3 miliardi di dollari. Insomma, si rischia la caduta economica e quindi si gioca a Natale, recuperando circa un miliardo di dollari, sennò in fumo, tra accordi televisivi e con gli sponsor.

 

La bolla di Orlando, i tre mesi in cui 22 squadre si sono rinchiuse a Disney World, tra cartonati di Topolino e i giochi per i bambini, hanno consentito di limitare le perdite di circa 1,5 miliardi di euro, a fronte di costi complessivi per 190 milioni di dollari. Il pacchetto di partite senza tifosi a Disney World ha consentito ai giocatori della lega, sia le stelle che gli atleti al minimo sindacale di vedersi garantiti gli stipendi. Così Steph Curry, la stella dei Golden State Warriors, il più pagato della Nba, incassa quest’anno 40,2 milioni di dollari, seguito da Russell Westbrook (Houston Rockets) e Chris Paul (Oklahoma City Thunder) con 38,5 milioni di dollari, con Lebron James al sesto posto, assegno annuale da 37,4 milioni.

 

Un successo commerciale e di organizzazione riconosciuto in tutto il mondo, certo, ma che non serve a contenere i danni prodotti dalla pandemia. Sì, perché il torneo più ricco del mondo, con contratti televisivi da 24 miliardi di dollari, se non riportasse quanto prima i tifosi all’interno dei palazzetti dello sport andrà a perdere, sempre fonte Espn, fino a quattro miliardi di dollari, ovvero il 40% delle entrate complessive. Una cifra folle che sarà realtà se la pandemia non desse tregua e si dovesse giocare a porte chiuse sino al termine della stagione che sta per iniziare.

 

Gli incassi al botteghino infatti incidono parecchio sui bilanci delle 30 franchigie: Ai Los Angeles Lakers per dieci mancate esibizioni davanti ai tifosi sul finale della passata stagione non sono entrati in cassa circa 82,1 milioni di dollari (costo medio di un tagliando, 432 dollari), ai New York Knicks 46,1 mln di dollari, quattro in meno per i Golden State Warriors, poi 32,9 mln per i Toronto Raptors campioni in carica e 32,3 mln per i Boston Celtics. E quindi, con i conti che non tornano e i mega stipendi in pericolo, si va in campo il più presto possibile, aspettando i vaccini, le cure, la sconfitta della pandemia e il ritorno del pubblico alle partite.

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