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Bankitalia, con il Covid giù redditi e profitti, l’incertezza spinge i risparmi

Bankitalia

Nel primo semestre del 2020 “i redditi primari dei settori privati non finanziari hanno registrato la contrazione più forte degli ultimi venti anni, che è stata solo in parte contrastata dalle misure adottate dalle amministrazioni pubbliche a sostegno del reddito disponibile”. Lo rileva la Banca d’Italia nel report “I conti economici e finanziari durante la crisi sanitaria del Covid-19”, dedicato all’analisi dell’impatto economico della pandemia sulle imprese e sulle famiglie italiane. In un contesto di forte contrazione della spesa per consumi e investimenti, rileva Bankitalia, le famiglie e le imprese hanno nel complesso indirettamente trasferito risorse alle amministrazioni pubbliche, soprattutto attraverso l’impiego della liquidità accantonata presso il sistema bancario.

 

Per quanto riguarda i conti delle famiglie italiane, scrive la Banca d’Italia, “nel primo semestre del 2020 i redditi primari pro capite a valori correnti si sono ridotti dell’8,8% rispetto al primo semestre del 2019, una contrazione decisamente più ampia di quelle registrate nelle fasi più acute della crisi finanziaria (-5,2%) e di quella dei debiti sovrani (-3,4%)”. Un andamento, si sottolinea, a cui hanno contribuito tutte le principali fonti di reddito: quelli da lavoro dipendente sono scesi dell’8,7%, quelli da lavoro e i profitti delle famiglie produttrici del 7,4%, gli altri redditi del 13%. La flessione del reddito disponibile lordo pro capite, spiega lo studio, “è stata molto meno intensa (-3,8%) e sostanzialmente analoga a quelle mediamente registrate nelle due crisi precedenti, grazie all’eccezionale crescita dei trasferimenti sociali netti (60,3%) che ha fornito un contributo di 5,1 punti percentuali”.

 

Eppure, nonostante il forte sostegno pubblico alla capacità di spesa delle famiglie, il calo dei consumi nella prima metà dell’anno, scrive Palazzo Koch, “è stato eccezionalmente ampio”: -9,8%. Alle prese con l’incertezza determinata dalla crisi, le famiglie hanno infatti triplicato il loro tasso di risparmio rispetto alla fine del 2019, passando dal 2,8% al 9,2%. Il risultato è stato un risparmio netto pari a 51,6 miliardi di euro. “All’aumento – secondo il report –avrebbe concorso, oltre che l’impossibilità di realizzare alcune spese per effetto delle misure restrittive in vigore, un atteggiamento di spesa più cauto da parte delle famiglie a fronte dei rischi di caduta dei redditi e di quelli di contagio connessi con alcune attività di consumo”.

 

In caduta anche gli investimenti reali netti (-6,6 mld nel primo semestre del 2020, il valore più basso dal 1999), a causa, principalmente, del calo degli acquisti di abitazioni residenziali di nuova costruzione e della riduzione di patrimonio non residenziale e altri beni di capitale fisso delle famiglie produttrici, che ne ha favorito la sostituzione con strumenti finanziari. Nel primo semestre del 2020 le famiglie hanno accresciuto la loro ricchezza finanziaria netta grazie a un accreditamento netto pari a 58,8 miliardi.

 

Tra gli effetti della crisi, anche il ritorno agli investimenti in titoli di stato. “Dopo oltre un anno di disinvestimenti in titoli pubblici (-23,6 mld nel 2019), nella prima metà del 2020 le famiglie sono tornate ad acquistarne per 5,1 mld, mentre sono state registrate vendite di altri titoli per 11,6 mld”. Gli acquisti di titoli pubblici si sono concentrati nel secondo trimestre, quando le famiglie hanno assorbito titoli per 9,9 mld, pari a circa il 9% delle emissioni nette, più che compensando le vendite per 4,8 mld registrate nel primo trimestre.

 

A comprare sono stati soprattutto i portafogli più piccoli, anche grazie ai titoli ad hoc lanciati dal ministero dell’Economia. “Oltre la metà degli acquisti del semestre è riconducibile a conti di deposito titoli con valori mobiliari a custodia compresi tra i 50 e i 250 mila euro; al contrario, i conti con valori mobiliari superiori ai 500 mila euro, a cui era riconducibile alla fine del 2019 oltre la metà dei titoli pubblici di proprietà delle famiglie, non hanno registrato acquisti significativi”. Ulteriori 17,7 mld sono stati inoltre investiti in strumenti del risparmio gestito “(di cui 9,3 mld in quote di fondi comuni e 6 miliardi in polizze del ramo vita), mentre i crediti commerciali e le altre attività si sono ridotti per 24,9 mld”.

 

La situazione non è migliore se si guarda al mondo dell’impresa. Nel primo semestre del 2020 il valore aggiunto delle imprese italiane, rileva Bankitalia, è diminuito del 15% rispetto allo stesso periodo del 2019, un calo quasi doppio rispetto a quello, già eccezionale, registrato nel primo semestre del 2009 (-7,8%), al culmine della crisi finanziaria. Nello stesso periodo i profitti delle imprese sono crollati del 18%. “A fronte di una contrazione più marcata della spesa per investimenti lordi (-25%) – osserva il report – il settore ha registrato, similmente alle famiglie, un accumulo di risparmio finanziario. L’accreditamento netto delle imprese è stato positivo, per 17 mld, nel primo semestre”.

 

La pandemia pesa anche sui conti pubblici. “Tra la fine del 2019 e la fine di giugno 2020 – scrive la Banca d’Italia – la variazione semestrale del debito pubblico in percentuale del Pil ha raggiunto i valori più alti negli ultimi venti anni”. Complessivamente nel semestre il debito è aumentato di 121 mld, di cui 97,4 mld nel secondo trimestre del 2020. Un aumento del debito, in percentuale del Pil, conclude il report, simile a quello registrato in Spagna e inferiore a quello della Francia, ma superiore a quello di Regno Unito e della Germania.

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