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Mario draghi con mascherina contro Covid

Le conferenze stampa fiume, notturne, sono già un ricordo lontano. Così come i post e i video su Facebook. Il salto dalla narrazione Conte-Casalino al silenzio Draghi-Ansuini è significativo. C’è un premier diverso a Palazzo Chigi. Non ha bisogno di cercare il consenso e ha una concezione del ruolo, e del lavoro, finora sconosciuta alla politica italiana.

Draghi ha scelto di parlare poco, o nulla, e di fare, lasciando parlare i fatti. Le nomine, Curcio alla Protezione civile e Figliuolo Commissario all’emergenza Covid, sono un segnale. Il primo Dpcm illustrato dai ministri direttamente competenti, Speranza e Gelmini, anche.

Resta però sul tavolo un tema rilevante, quello della comunicazione. Con il proprio stile e secondo le proprie regole, Draghi dovrà comunque parlare. Perché la comunicazione per un premier deve essere un valore e non un ostacolo. Non parlare a sproposito è una discontinuità importante, sottovalutare la comunicazione sarebbe un errore. Così come delegare e dare spazio ai suoi ministri è una scelta intelligente ma assumere la responsabilità, anche simbolica, dei passaggi importanti dell’azione di governo resta necessario.

Draghi conosce le dinamiche della comunicazione e nella sua esperienza alla guida della Bce ha dimostrato di saper usare le parole con una precisione chirurgica. Il flusso continuo della comunicazione politica non fa per lui, così come la narrazione per slogan. Il ‘modello italiano’ o l’immagine del premier salvatore della patria, di casaliniana memoria, resteranno un ricordo del passato. Ma le tappe rilevanti della vita del Paese, e del governo, saranno scandite anche dalle parole di Draghi.

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