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Il boom di Zoom. Quanto durerà?

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Il boom di Zoom non conosce confini. Neppure le turbolenze con la Cina, con la sospensione di alcuni account degli attivisti umani su espressa richiesta di Pechino, ha fermato la crescita della piattaforma di videoconferenze, che si è presa una larga fetta di mercato. Una delle conseguenze della seconda ondata e anche della terza, che è in corso, non solo in Europa: secondo i dati forniti forniti da Zoom, l’ultimo trimestre del 2020 è stato da record: ricavi per 883 milioni di dollari, +369% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente (188 milioni di dollari) con l’utile a quota 260 milioni di dollari, rispetto ai 15,3 milioni dello stesso arco temporale del 2019.

Ma è la progressione di trimestre in trimestre a certificare l’escalation della piattaforma: Q3 da 777 milioni di dollari in ricavi, preceduto dal Q2 da 664 milioni di dollari, mentre il Q1 aveva portato in cassa 328 milioni di dollari. Secondo la proprietà di Zoom, i ricavi su base annua sono ammontati a 2,6 miliardi di dollari, mentre all’inizio di marzo Zoom Video Communications disponeva di una capitalizzazione di mercato di 120 miliardi di dollari, rispetto ai 31 miliardi dell’anno precedente. E anche il titolo di Zoom a Wall Street ha preso il largo, +4%.

Insomma, una crescita imponente, che per ora non teme cambiamenti. Zoom prevede ricavi nei primi tre mesi del 2021 che oscillano tra 900 e 905 milioni di dollari, quindi un passo in avanti (stimato intorno al 41%) anche rispetto al primato fatto segnare nel Q4 del 2020. Solo buone notizie per il suo fondatore, il 51enne Yuan, che ha visto crescere la sua ricchezza di quattro miliardi in tre mesi, lo stesso Yuan che è tra le 100 persone più influenti al mondo secondo la rivista Time, con patrimonio da 18 miliardi di dollari.

E se alcuni investitori di Zoom hanno rivelato la loro preoccupazione su un passo indietro della piattaforma (che si è aperta anche a chat, webinar), una volta andato in porto il piano vaccini, con la somministrazione garantita a una larga fascia della popolazione europea e mondiale, c’è un rapporto di Pew Research sull’impatto a lungo termine della pandemia sulle dinamiche lavorative: in sostanza, se prima della presenza del Covid-19 solo un impiegato su cinque riferiva di poter svolgere a casa, in smart working, il lavoro da ufficio, ora la percentuale è salita al 71% e oltre la metà degli interpellati riferisce di voler continuare a lavorare dal divano di casa anche dopo la fine della pandemia.

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