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Sullo Stato e la P.a. la grande scommessa di Draghi

Uno Stato che funzioni e una P.a. moderna. La triplice sfida del premier Mario Draghi, la gestione dell’emergenza sanitaria, la vaccinazione di massa e il Recovery plan, passa per una rivoluzione che deve essere allo stesso tempo ampia e rapida. Mettendo da parte le categorie e le divisioni tradizionali, statalisti contro liberisti, pubblico contro privato e garantiti contro non garantiti, i risultati di questo governo possono arrivare se si trova la strada per rimuovere gli ostacoli che impediscono l’effettivo funzionamento della ‘cosa pubblica’.

E questo vale sia per le risposte che servono sul piano della lotta a Covid sia su quello della ricostruzione economica e sociale.

Il nemico principale, in entrambi i casi, è la burocrazia. Vuol dire lentezza nelle decisioni e nelle procedure e comporta ritardi e sprechi che non sono più sostenibili. Ma la chiave che potrebbe essere veramente innovativa è l’antidoto all’eccesso di burocrazia. Non più solo tagli alla spesa e privatizzazioni ma un rilancio effettivo della Pubblica amministrazione, attraverso investimenti sul capitale umano e sulla gestione della macchina dello Stato.

Il ‘Patto per l’innovazione del lavoro pubblico e la coesione sociale’, firmato a Palazzo Chigi dal premier, dal ministro della Funzione Pubblica Renato Brunetta e dai leader di Cgil, Cisl e Uil, può andare in questa direzione. Le parole scelte da Draghi e Brunetta per commentare l’accordo sono altrettanto significative. Il ministro parla di “basi per la costruzione di una nuova Italia”, il premier avverte: “un primo passo, molto, se non quasi tutto, resta da fare”. Possono avere ragione tutti e due, a patto che seguano politiche coerenti a costruire i passi successivi.

Il vero fulcro della strategia è nelle parole che Draghi spende per spiegare il senso di questo percorso. “Il buon funzionamento del settore pubblico è al centro del buon funzionamento della società”. Se non sono parole di circostanza, sono un ambizioso programma di governo. Le stesse polemiche che si sono aperte intorno alla governance del Recovery plan assumono un peso diverso se l’assunto di partenza è veramente quello indicato da Draghi. Ci sono posizioni diverse che possono trovare una conciliazione efficace nei risultati concreti.

C’è un esempio concreto che può aiutare a comprendere la portata del problema. Fabrizio Barca, ex ministro della coesione sociale e coordinatore del Forum Disuguaglianze e Diversità, ha contestato duramente la decisione di affidare un incarico legato al recovery plan a una società di consulenza come McKinsey. Nel caso specifico, le ragioni elencate dal Mef, pure rese pubbliche in ritardo, possono anche bastare a chiudere la questione. Ma resta il tema di fondo: il ruolo che devono avere le strutture pubbliche nel rilancio del Paese. In un’intervista a Fortune Italia, lo stesso Barca chiariva bene come l’occasione dei fondi che arrivano dall’Europa vada colta soprattutto rivalutando e liberando tutte le potenzialità della Pubblica amministrazione.

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