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Forum Lavoro, il welfare aziendale e le priorità delle imprese

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Parlare di welfare, dopo la pandemia, fornisce una prospettiva utile su quale sia stata la trasformazione delle priorità delle aziende alle prese con una crisi che colpisce tanto la vita personale dei dipendenti quanto i fatturati di imprese grandi e piccole. A questo tema abbiamo dedicato una delle tavole rotonde del Forum Lavoro di Fortune Italia, quella incentrata su ‘Competenze, strategie e nuovi servizi di protezione sociale’ emersi nell’anno della pandemia e moderata da Margherita Lopes, Caposervizio Fortune Italia Health

Tra gli esperti intervenuti Federica Dal Toso, HR Director e Talent Partner Italy di una farmaceutica come UCB, un’azienda che ha potuto osservare come la pandemia abbia inciso anche sui tempi dedicati al dialogo con i normali interlocutori sanitari di una farmaceutica. Questa diversa distribuzione dei tempi Ucb l’ha utilizzata per puntare sulla formazione. “Abbiamo accelerato l’investimento in formazione in due aree particolari: quella digitale e quella dell’intelligenza emotiva. Sulla prima area abbiamo attivato una partnership con Talent Garden con l’obiettivo di aumentare la consapevolezza delle persone sull’utilizzo dei dati. Sappiamo che gli strumenti digitali ci permettono di raccogliere tantissimi dati. Abbiamo intrapreso un percorso in cui le persone hanno capito come trattarli e utilizzarli come base per un decision making consapevole”.


Altra area di investimento è stata l’intelligenza emotiva: in una situazione di incertezza e paura come la pandemia, è importantissimo “avere strumenti che aiutino i lavoratori a capire le emozioni, decodificarle, per avere la possibilità di guidare le emozioni e usarle per prendere decisioni più consapevoli”. Ucb ha detto ai suoi lavoratori che dopo la rivoluzione del 2020 “sono loro ad essere al posto di guida. Solo se ognuno prende in mano il proprio sviluppo personale sarà garantito a lui e all’azienda una capacita di continuare a rilasciare valore e contribuire alla propria sfera professionale”.

Secondo Domenico de Liso, founder di ComeBack Welfare, che non si occupa di erogare servizi di welfare ma di aiutare le imprese a incrementare il budget dedicato a quegli stessi servizi, “il welfare aziendale ora è diventato una vera forma di retribuzione”. I numeri di Comeback Welfare sono aumentati durante la pandemia, e questo per de Liso significa sia che le aziende prestano maggiore attenzione al tema welfare, sia che molte di loro vivono un momento di difficoltà, insieme ai loro dipendenti, e hanno bisogno di amministrare il budget in modo da assisterli.

Una tematica da notare è quella del territorio: “Con il nostro strumento le aziende riescono a creare un budget dedicato al welfare aziendale ma anche al loro territorio. Noi stessi abbiamo deciso di donare una quota parte dei nostri ricavi a fondazioni per sostenere il territorio e invitiamo i clienti a fare lo stesso”. Per quanto riguarda il futuro, “il 2021 e il 2022 saranno anni complessi. Mi aspetto che il welfare aziendale continui a crescere, spinto dal legislatore, magari con l’innalzamento della quota sui fringe benefit. Dall’altra parte ci sono le aziende, che compatibilmente con i loro risultati dovranno farsi carico di aiutare i propri dipendenti”.

Per Andrea Verani Masin, Direttore commerciale di DoubleYou Zucchetti Group, il welfare aziendale “nel 2020 ha avuto numeri importanti”, come quelli del mistero del Lavoro, che evidenziano un incremento dei contratti con misure di welfare aziendale dal 52 al 57% del totale. Un dato tanto più importante se si considera che il numero totale di contratti depositati nel 2020 si è ridotto.

Il punto di vista di DoubleYou è quello di un’azienda che si occupa di flexible benefits, e che quindi ha potuto osservare quali cambiamenti la pandemia abbia comportato in termini di spesa dei budget dedicati al welfare dei dipendenti. In generale, la spesa è aumentata di circa il 9%. A cambiare “sono state le fonti di finanziamento”. Oltre a voci di spesa come istruzione e fringe benefit, relativamente stabili, Verani Masin nota come non ci sia stato un impatto molto negativo su un’area che la pandemia avrebbe dovuto penalizzare, come quella culturale. “La cultura e il ricreativo in realtà hanno solo un leggero decremento, perché qui ci sono state soluzioni da fruire da remoto come i corsi online”.

Antonio Gusmini, Direttore Risorse Umane Banca Mediolanum, racconta come l’ultimo anno sia stato un periodo di grandi cambiamenti per le banche, “ma noi eravamo già predisposti. E sono le persone che hanno fatto la differenza”. Gusmini fa l’esempio dei family banker di Mediolanum. “Con l’altissima digitalizzazione e remotizzazione dell’ultimo anno hanno avuto uno sviluppo di competenze che abbiamo supportato, e sono diventati molto più produttivi”.

Ma il luogo di lavoro fisico ha dei vantaggi che paradossalmente sono stati preziosi proprio durante il lavoro da remoto. “Con la sede si beneficia dall’essere tutti in un campus, e questo ha creato identità e coesione, che poi è stata utile nell’home working”. In generale, Mediolanum ha beneficiato su una strategia welfare inaugurata molto prima della pandemia, con investimenti iniziati 20 anni fa. “Oltre a strumenti e piattaforme, il welfare in realtà è un modo d’essere, per un’azienda”. La pandemia “ha fatto capire quale sia il ritorno dell’investimento sul benessere delle persone.

Michael Luciano, Labour Market Advisor di SuperJob, racconta come l’idea fondante della sua azienda sia “essere un punto di riferimento per il mondo della disabilità. Siamo abituati a pensare alle categorie protette come a una cosa residuale”, ma in realtà parliamo di un universo “estremamente ampio”. Secondo l’Istat, dice Luciano, “una persona su 6 ha una qualche forma di invalidità. Un tema estremamente grande e più presente di quanto si voglia accettare”. E quello che si fa oggi per favorire l’inclusione lavorativa porterà dei risultati a breve e lungo termine.

Il trend degli inserimenti lavorativi di persone disabili è già in crescita se si guardano gli ultimi 8 anni, anche se nel 2020 è rimasto più o meno stabile. Quello che è interessante vedere è come siano cambiate le ricerche di personale che le aziende affidano a SuperJob: “Nel 2014 il 92% avevano un taglio generalista: l’azienda aveva l’esigenza di ottemperare a una legge sulla disabilità e chi chiedeva supporto. Nel 2020 invece l’80% società è arrivata da noi con l’idea di cercare un professionista per una determinata area”. Eppure 10 anni fa “c’erano gli stessi professionisti”. Era il mercato a non essere “pronto”, dice Luciano.

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