NF24
Cerca
Close this search box.

Come ripartire dalla ricerca: la proposta di Giorgio Metta (IIT)

Ricerca IIT Giorgio Metta

Una ‘Alessandro Volta society’: è la proposta di Giorgio Metta, direttore scientifico dell’Istituto italiano di tecnologia (IIT), per ripartire attraverso ricerca e trasferimento tecnologico. La versione originale di questo articolo, a firma di Alessandro Pulcini, è disponibile sul numero di Fortune Italia di maggio 2021.

 

LA FRAUNHOFER-GESELLSCHAFT è un’organizzazione che raccoglie una settantina di istituti di scienze applicate in tutta la Germania, dà lavoro a decine di migliaia di ricercatori, gestisce un budget annuale di 2,8 mld di euro e rappresenta un punto di riferimento per tutta l’industria tedesca.

Secondo Giorgio Metta, Direttore scientifico dell’Istituto Italiano di Tecnologia (IIT), costruire un sistema del genere in Italia significherebbe indirizzare nel migliore dei modi gli sforzi per la ripresa economica dopo la pandemia. Significherebbe superare quello “scalino” che ci separa da quel bagaglio di infrastrutture, talento e know how che, passata la pandemia, consentirà di affrontare la sfida dello sviluppo sostenibile. Giorgio Metta ha anche dato un nome a questa versione italiana della Fraunhofer tedesca: la chiama, eloquentemente, ‘Alessandro Volta Society’.

 

In cosa consiste il modello della Volta Society? Quali opportunità potrebbe aprire per il Paese?

Inizio facendo un passo indietro. In Italia si sta dimostrando da tempo che siamo in grado di fare ricerca di ottima qualità e con modelli innovativi. L’istituto che dirigo, ad esempio, rappresenta uno di questi modelli. La mia proposta è quella di trasformare questa esperienza che abbiamo come singolo istituto in una società di istituti, un network fondato sullo stesso modello, ma dove ogni istituto lavora su aree tematiche diverse. Ovviamente va fatto costruendo una strategia nazionale dove si individuino a priori le aree tematiche da sviluppare. Parliamo di aree molto ampie. Una potrebbe essere quella della robotica e dell’automazione (noi dell’IIT ne facciamo tanta) un’altra potrebbe essere quella relativa all’Agrifood, poi l’intelligenza artificiale e così via.

 

Questo network di istituti di ricerca è un progetto di breve o di lungo periodo?

Penso che si possa partire molto velocemente, perché abbiamo un modello copiabile come quello dell’IIT, quindi si tratta di fare ‘fotocopie’ a livello di organizzazione e fare una campagna di recruitment molto decisa nel mondo della ricerca, soprattutto quello internazionale, cercando di riportare in Italia una serie di talenti che abbiamo, per il momento, perduto. Secondo me in 12 mesi si può mettere ‘un seme’ per questo tipo di attività. Poi ovviamente la ricerca non è mai di brevissimo periodo, i risultati si vedono più lentamente. Ma l’IIT è arrivato in 4-5 anni a raggiungere risultati nel trasferimento tecnologico e ad attirare finanziamenti industriali.

 

La pandemia che effetto ha avuto sui conti dell’IIT?

Il 2020 per noi è stato più produttivo, globalmente, rispetto al 2019. Siamo cresciuti nonostante la pandemia. Abbiamo attratto più finanziamenti, anche industriali. Cosa non ovvia, visto che parliamo di un periodo storico in cui ci si pensa due volte prima di investire. Abbiamo avuto un record di finanziamenti europei, abbiamo prodotto e brevettato più invenzioni e fatto più pubblicazioni. A dicembre 2020 abbiamo superato le 15.000 pubblicazioni scientifiche e i 1.000 titoli di brevetti attivi, avevamo oltre 200 progetti competitivi attivi e nel corso dell’anno abbiamo raggiunto i 50 progetti finanziati dall’European Research Council (ERC). Nel 2020 i fondi raccolti mediante progetti commerciali hanno superato i 25 mln di euro e sono stati avviate 77 nuove collaborazioni con il settore privato che hanno portato il totale dei progetti commerciali in corso a 179.

ricerca IIT

Tornando alla Volta Society, dal punto di vista legislativo cosa servirebbe per partire?

Serve solo ed esclusivamente il finanziamento. Lo Stato deve decidere che si fa effettivamente qualcosa di propositivo. Dal punto di vista delle regole, vari istituti come il nostro le hanno già pronte da usare. Ovviamente, come sempre, chiedere un po’ di de-burocratizzazione è sacrosanto, ma in questo caso non è un grosso ostacolo. Facendolo, sicuramente, si può andare più veloce.

 

Dove devono essere indirizzati i finanziamenti?

Parliamo di un modello dove si investirebbe su infrastruttura in maniera importante, per costruire laboratori di altissima qualità, con macchinari all’avanguardia. Così si attirano i ricercatori. Ma si deve fare anche un programma di attrazione dei talenti molto vigoroso, dove si offre una ‘Tenure track’, un modello all’americana dove il ricercatore, dopo un periodo abbastanza lungo (tipicamente sono 6-7 anni) in cui viene anche valutato periodicamente, ha il diritto di avere la tenure e quindi diventare un ricercatore permanente dell’istituto. Il tutto fatto secondo valutazioni e standard internazionali. Non va dimenticato che questa ricerca deve avere applicazioni concrete, quindi bisogna dire subito ai ricercatori che devono fare due cose: occuparsi sia di ricerca all’avanguardia di altissima qualità sia delle sue applicazioni, per poterla connettere al mondo imprenditoriale, nel processo chiamato tipicamente trasferimento tecnologico. Gli istituti coinvolti dovrebbero essere molto pesanti in termini di numero di ricercatori, parliamo più o meno delle dimensioni dell’IIT, più di mille persone. Mettendoli insieme in una società si può dare una strategia comune e costruire un network con il fine di eccellere nelle nuove tecnologie, che sono sempre più importanti anche per avere un risultato e un impatto nel mondo economico.

Si è sempre parlato del fatto che bisognerebbe investire nella ricerca, questo è ancora più vero adesso?

Credo di sì, ma non parliamo di un meccanismo così ovvio. È vero che, quando si investe in ricerca, poi si ha un impatto economico, ma questo perché si genera un ecosistema dove si crea know-how, che prima o poi ha un impatto positivo. Così si crea correlazione tra quanto investo in ricerca e quanto divento produttivo e competitivo. Non è scontato che il singolo ricercatore abbia effettivamente questo impatto. Ma se ne prendo tanti e li metto insieme, allora aumenta la probabilità di aver successo.

ricerca IIT

Per la ripresa, soprattutto in Europa e in Italia, sono tanti i fondi a disposizione. Nel caso della ricerca c’è un modo giusto o sbagliato di utilizzarli?

Credo che la Volta society sia un buon esempio degli ingredienti giusti: infrastrutture, massa critica, tante persone che si muovono nella stessa direzione. Il Recovery ha di per sé una durata limitata: nel caso della ricerca bisogna pensarlo come una fase di startup, e poi bisogna pensare a una fase di consolidamento. Per questo lo Stato, in maniera netta, dovrebbe decidere di incrementare le risorse per la ricerca scientifica, partendo dalla ricerca di base e senza dimenticare le applicazioni che può generare. La pandemia ha fatto vedere come l’investimento in tecnologie per la vita porti a risultati. Penso non si sia mai sviluppato un vaccino a queste velocità e questo è un successo incredibile di tutte le tecnologie legate alla biologia molecolare e alla genomica.

Trovo molto affascinante come l’uomo sia riuscito a capire questi meccanismi e a produrre qualcosa come il vaccino, che li modifica e riesce, in questo caso, a combattere il virus. Ma oltre alla pandemia ci sono altri temi: ad esempio quello della sostenibilità. Non per niente anche il Recovery fund e l’Europa parlano molto di questo, perché effettivamente quello del cambiamento climatico e della sostenibilità ambientale è un problema drammatico. Ecco, su questo le tecnologie possono fare tantissimo, se si pensa all’aspetto della produzione di energia ma anche all’obiettivo di eliminare la plastica dal nostro ciclo di produzione, o alla realizzazione di materiali nuovi che rispettino il ciclo dell’acqua o del rifiuto, andando verso un’economia veramente circolare. Senza dimenticare i robot, che per fare un altro esempio possono essere usati per l’agricoltura, rendendola più sostenibile e meno impattante. Altra tecnologia fondamentale per il futuro è l’intelligenza artificiale, importantissima per l’ottimizzazione delle reti, da quelle energetiche a quelle dei trasporti.

 

Se si parla di ripresa sostenibile, la ricerca che responsabilità ha?

La ricerca deve pensare alla sostenibilità semplicemente perché non si può pensare di tornare indietro. La soluzione all’emergenza è solo quella tecnologica, e la ricerca deve pensare che qualsiasi cosa faccia deve essere anche sostenibile. Quando si lavora a un nuovo processo chimico per produrre un certo tipo di materiale quel processo stesso deve essere sostenibile. La tecnologia deve pensare che i suoi rifiuti hanno un impatto importante, pensiamo a tutto quello che riguarda la computazione e quindi anche i dispositivi. Questi dovrebbero essere fatti in modo da durare di più o da essere riciclabili. Se non ci poniamo queste domande, come ricercatori, è probabile che inventeremo delle cose bellissime ma di per sé poco sostenibili. Non dimentichiamo quanto costa il calcolo informatico, che richiede energia. L’impatto di Internet e dei grossi calcolatori richiede un’ottimizzazione. Anche il lato produzione e conservazione dell’energia può essere impattato favorevolmente dalla ricerca, c’è margine per realizzare cose importanti: possiamo migliorare la produzione di idrogeno, realizzare il fotovoltaico con materiali molto più economici. C’è margine per migliorare tutti questi processi. Poi però bisogna implementarli, e in questo caso il ruolo più importante è quello delle aziende. Parliamo di soluzioni che stanno diventando economicamente sostenibili, però c’è sempre uno ‘scalino’ importante da superare. Anche in questo caso un intervento come il Next Generation Eu è utile. È un aiuto valido solo per un periodo limitato, ma ci può aiutare a far partire la transizione. L’Istituto italiano di tecnologia pubblicherà a brevissimo un nuovo piano strategico, dove impieghiamo centinaia di ricercatori su progetti specifici per le tematiche ambientali. Vogliamo investire sulla sostenibilità con tantissime soluzioni diverse, che vorremmo diventassero fondanti per il nostro istituto.

La versione completa di questo articolo è disponibile sul numero di Fortune Italia di maggio 2021. Ci si può abbonare al magazine mensile di Fortune Italia a questo link: potrete scegliere tra la versione cartacea, quella digitale oppure entrambe. Qui invece si possono acquistare i singoli numeri della rivista in versione digitale.

ABBIAMO UN'OFFERTA PER TE

€2 per 1 mese di Fortune

Oltre 100 articoli in anteprima di business ed economia ogni mese

Approfittane ora per ottenere in esclusiva:

Fortune è un marchio Fortune Media IP Limited usato sotto licenza.