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La storica sentenza olandese sulle emissioni CO2 di Shell

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Di Sophie Mellor – Un tribunale dei Paesi Bassi ha ordinato alla Royal Dutch Shell Plc di ridurre drasticamente le proprie emissioni di gas serra, in un caso che potrebbe rivelarsi storico per il tema dei cambiamenti climatici, e che potrebbe contribuire a rendere le big del petrolio responsabili delle loro emissioni di CO2.

La sentenza afferma che Shell deve ridurre le proprie emissioni del 45%, dai livelli del 2019, quando le emissioni di carbonio del gigante petrolifero hanno raggiunto i loro massimi storici, entro il 2030.

Il precedente obiettivo di Shell era di ridurre le emissioni del 45% entro il 2035, ma dai livelli del 2016. Il tribunale dell’Aia ha osservato che questo obiettivo non era abbastanza “concreto”.

“Non c’è spazio per un compromesso, per un bilanciamento di interessi”, ha scritto la corte in un comunicato.

Il nuovo obbligo si riferisce all’intero portafoglio energetico di Shell e al volume aggregato di tutte le emissioni. Shell ha dichiarato che presenterà ricorso contro la “deludente decisione del tribunale”.

Il caso è stato inizialmente presentato dal gruppo ambientalista olandese Milieudefensie nel 2018. Un anno dopo, nel 2019, il gruppo aveva già raccolto 17.000 co-querelanti e altre sei organizzazioni, che si sono unite alla causa.

Si crea un precedente?

“Questa sentenza cambierà il mondo. Le persone in tutto il globo sono pronte a citare in giudizio le compagnie petrolifere nel proprio paese, seguendo il nostro esempio. E non solo. Le compagnie petrolifere diventeranno molto più riluttanti a investire nei combustibili fossili”, ha detto l’avvocato di Milieudefensie, Roger Cox.

Questo caso si distingue anche da altre cause legali sul clima, che di solito richiedono denaro come compensazione per le emissioni di carbonio. La richiesta di Milieudefensire era invece che Shell cambiasse la sua policy in modo da aderire agli obiettivi dell’accordo di Parigi sul clima.

Le emissioni di Shell sono nove volte superiori a quelle degli interi Paesi Bassi e rappresentano l’1% delle emissioni globali totali.

 

La sentenza del tribunale olandese è legalmente vincolante solo nei Paesi Bassi, ma è ovviamente di grande interesse per i dirigenti petroliferi di tutto il mondo. Gli ambientalisti sperano che la sentenza stabilisca un precedente.

Markus Gehring, esperto di diritto dello sviluppo sostenibile presso l’Università di Cambridge, ha definito il verdetto “rivoluzionario”, anche se alla fine si dovesse rivelare irrealizzabile.

Questa sentenza mostra che l’accordo di Parigi, stabilito per impedire alle temperature globali di salire di 1,5 gradi rispetto ai livelli preindustriali, ha influenzato direttamente le interpretazioni giuridiche, ha aggiunto Gehring.

“È un caso di primo piano. Sappiamo che il tribunale distrettuale dell’Aia fa parte di quell’avanguardia di giudici che si occupano di queste questioni climatiche. Ma è un caso perfettamente in linea con l’ormai famoso caso Urgenda, impugnato fino ad arrivare alla corte suprema olandese e nonostante questo mai ribaltato”, ha detto Gehring a Fortune.

Nel famoso caso Urgenda del 2019, la Corte Suprema dei Paesi Bassi ha stabilito che la riduzione delle emissioni è un diritto umano, costringendo il governo olandese a ridurre le emissioni del 25% entro la fine del 2020 rispetto ai livelli del 1990.

Milieudefensie ha sostenuto che la politica olandese è “lenta, e in ritardo sul tema climatico” e la responsabilità di risolvere la crisi climatica è ricaduta sulle piccole imprese e sui cittadini.

La scorsa settimana, l’Agenzia internazionale per l’energia ha pubblicato un rapporto in cui si afferma che i nuovi progetti di esplorazione di petrolio e gas devono terminare quest’anno per ridurre le emissioni di CO2 abbastanza velocemente da raggiungere lo zero netto entro il 2050.

 

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