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Fmi: In Italia stime al rialzo ma attenzione ai danni a lungo termine

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La risposta italiana ed europea alla pandemia c’è stata, ed è senz’altro servita a tenere in piedi la struttura dell’economia. Ma il Paese, agli occhi del Fondo Monetario Internazionale, resta più vulnerabile di altri.

Nulla di nuovo sotto il sole, nell’analisi stilata dagli economisti di Washington nel quadro del rapporto periodico previsto dall’Art. 4 dello statuto del FMI. Dando un colpo alla botte e uno al cerchio, vi si prevede un rimbalzo della crescita per l’anno in corso al 4,3% (0,1 punti in più rispetto all’Outlook di primavera) sostenuta soprattutto da un ritmo della spesa per investimenti ben al di sopra di quella registrata prima della pandemia.

Il quadro migliore del previsto risulta, tuttavia, mitigato dal monito a non riposare sugli allori perché “i danni economici a lungo termine (n.d.r. della crisi pandemica) potrebbero essere considerevoli”.

In particolare, si legge, le misure finora adottate dalle autorità italiane, con le risposte fiscali e monetarie coordinate a livello europeo, hanno contribuito a mantenere la struttura dell’economia ma “possono nascondere l’entità della debolezza finanziaria delle imprese, della flessione del mercato del lavoro e della qualità del prestito.”

Sull’Outlook, insomma, pesano una serie di “caveat”: la nostra ripresa dipenderà infatti dalla velocità della campagna vaccinale nazionale, da come il governo riuscirà concretamente a investire le ingenti risorse messe a disposizione da Next Generation Ue e, non da ultimo, dalla capacità di mantenere un adeguato slancio nel realizzare quelle riforme strutturali che tutti ci chiedono da tempo.

E comunque – insiste il Fmi – anche in presenza di queste condizioni, la crisi potrebbe avere inferto all’economia cicatrici profonde e più difficilmente rimarginabili.

Nel breve termine, la ripresa italiana potrebbe esser messa a rischio, secondo gli economisti del Fondo, dall’esito della campagna vaccinale e dall’assottigliarsi del risparmio mentre a lungo termine saranno la capacità di mantenere condizioni finanziarie favorevoli, attuare adeguatamente il Pnrr e non perdere il momentum delle riforme a fare la differenza perché, avvertono, “questi rischi di lungo periodo potrebbero aggravare una situazione già vulnerabile per via dell’elevato debito pubblico”.

Se Washington conferma che la crescita, anche in Italia, dovrebbe tornare (ancora al 4% nel 2022, dopo il 4,3% di quest’anno) il rapporto non sembra metterci al riparo da ipoteche sull’avvenire. Cosa che peraltro ha già messo in allerta la BCE nella misura in cui ha intravisto la possibilità di una ripresa a più velocità all’interno dell’Ue dovuta al “semplice” fatto che alcuni Paesi, soprattutto nel Sud Europa, hanno una struttura economica più dipendente dal turismo, oltre a scontare già importanti fragilità strutturali come quelle del debito.

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