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Assicurazioni e welfare, il ritardo rispetto all’Europa

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In occasione dell’ultima assemblea dell’Ania, l’ufficio studi dell’associazione delle imprese assicuratrici ha diffuso un pamphlet ricco di dati e poco divulgato, ma di grande significato per comprendere lo spazio – grande – che può avere il percorso di copertura assicurativa nel nostro Paese. Prendendo il ramo vita, come esempio.

Un esempio non casuale visto che la presidente Ania, Maria Bianca Farina, ha notato, opportunamente, che “l’espansione del sistema di welfare osservata con la diffusione del Covid-19 è stata la più rapida e imponente mai avvenuta nella storia economica. Un numero record di beneficiari ha ricevuto misure di sostegno. La gran parte delle misure ha esteso con urgenza la protezione sociale ai gruppi della popolazione non protetti; la crisi, però, ha anche messo in luce la vulnerabilità dei lavoratori dell’economia formale, tra cui molti lavoratori temporanei, a tempo parziale e autonomi. Mantenendo inalterate le attuali prestazioni, ciò richiederebbe più risorse pubbliche che, però, solo in misura limitata potranno venire da tassazione addizionale, sia perché è già molto elevato il livello di tassazione nelle economie avanzate sia per il fortissimo aumento registrato dai debiti pubblici. Il tema del finanziamento di prestazioni aggiuntive può essere più efficientemente affrontato nell’ambito di una più stretta integrazione tra sicurezza sociale e assicurazione privata”.

Già, il privato. Nei sistemi di welfare fa capolino in previdenza e sanità soprattutto. E nel ramo vita sono comprese le polizze che oltre che offrire una “pensione di scorta”, offrono anche copertura sulla non autosufficienza, per esempio.

“Il peso delle assicurazioni Vita in Italia è in continua crescita anche se nel confronto europeo si evidenziano ampi spazi per un ulteriore sviluppo – si legge nello studio – Le compagnie di assicurazione Vita in Italia gestivano un risparmio che superava gli 830 miliardi e questo rappresentava oltre il 18% delle attività finanziarie delle famiglie (14,2% la media dei Paesi europei evidenziati); in rapporto al PIL si registrava un’incidenza di oltre il 50% (circa oltre il 64% nella media europea). In particolare, andrebbe maggiormente sviluppato e incentivato in Italia il comparto della previdenza privata integrativa, per la quale occorrerebbe favorire ulteriormente le adesioni, informando i cittadini in modo chiaro sulle aspettative di pensione pubblica e rendendo il sistema complementare più aperto e flessibile”.

Gli 830 miliardi complessivamente versati per le polizze Vita (poco meno di 100 miliardi sono quelle che si rivolgono esplicitamente a forme di previdenza complementare) sono più o meno un terzo di quello che viene raccolto su mercati analoghi a quello italiano: in Francia il risparmio delle famiglie gestito dalle Assicurazioni Vita supera i 2100 miliardi; in Gran Bretagna sfiora i 2300 miliardi. In Germania supera i 1500 miliardi di euro.

Nel corso del 2020 i premi pagati dagli assicurati Vita in Italia sono ammontati a 123,6 miliardi, a fronte di circa 120 miliardi di prestazioni erogate: un saldo positivo di oltre 3 miliardi anche nell’anno della pandemia!

L’equilibrio precario su cui corre il sistema previdenziale italiano – allo scadere di quota 100 – giustifica l’attenzione per la previdenza complementare, proprio nel momento in cui a livello popolare le ansie si rivolgono più alla salute e all’assistenza, piuttosto che alla previdenza (l’ultima indagine campionaria Mefop conferma la tendenza). Ma lo sguardo rivolto al futuro non può distrarsi dalla pensione, che vuol dire il reddito disponibile quando non si lavorerà più, e con il quale dovremo finanziare un numero di anni di vita sempre maggiore (grazie all’aumento della speranza di vita media)

“Numerose proposte sono state avanzate, con obiettivi molto distanti tra loro. In ogni caso – sostiene Farina – è decisivo ragionare su come rafforzare la previdenza integrativa, sia per garantire un livello adeguato delle prestazioni sia per permettere, ai lavoratori che lo desiderano, un’uscita anticipata nel tempo. Bisogna avvicinare il risparmio alla previdenza con una “spinta gentile”, per usare la felice espressione del premio Nobel Thaler, e orientare le scelte delle famiglie verso una pianificazione delle risorse finanziarie più razionale nel tempo. Un ulteriore aspetto è legato alla struttura degli incentivi fiscali per la previdenza integrativa. Si tratta ovviamente di un “sentiero stretto” a causa dei vincoli di finanza pubblica, ma che dovrebbe essere finalizzato a un obiettivo primario: favorire l’adesione dei giovani che, a condizioni invariate, riceverebbero nell’età avanzata prestazioni insufficienti per garantire un adeguato tenore di vita”.

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