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Essere all’altezza dei propri libri

Lo scrittore Maurizio Maggiani ha pubblicato ieri su Repubblica un editoriale durissimo e giustissimo a commento di quello che starebbe venendo fuori su Grafica Veneta, il più grosso service nel ramo della stampa da cui passano la gran parte degli editori e dei libri, mi accusata di sfruttamento e caporalato.

“Vallo a sapere, magari sono stati degli schiavi a stampare tutti quanti i miei romanzi; le mie storie così colme di aneliti libertari, così madide di empatia per gli ultimi, per i senza voce, sono finite tra le mani delle brave persone che le hanno volute leggere perché a farne degli oggetti acquistabili sono stati degli umani violati, picchiati, derubati e privati di ogni dignità perché fosse contenuto al minimo possibile il prezzo di copertina”.

La denuncia di Maggiani interroga chi scrive e chi produce un libro – e quindi autori ed editori – e in generale tutti coloro che lavorano nella filiera di produzione dei libri.

Non sono, gli sfruttati della stamperia, gli unici in queste condizioni. Con diversi livelli di forzature da subire, di contratti mancati e altri aggirati, ce ne sono tanti sott’acqua.

Quello che non va proprio per niente bene si può ripensare, e per questo servono l’attenzione della politica e l’intervento delle istituzioni, che a loro volta però hanno bisogno – perché tutto questo non resti solo un altro editoriale – di un moto di orgoglio diffuso e collettivo, come quello di Maggiani, già fatto proprio da altri scrittori come Paolo di Paolo, che sconfina e si fa patrimonio di coscienza comune.

C’è da ribellarsi. Da imporsi. Non con altri editoriali, ma con gesti conseguenti, con autori che pretendono ciò che è giusto pretendere dagli editori affinché poi possano, tutti insieme, pretendere dai lettori. C’è da unire le forze con i tanti editori di valore convinti che sia giunto il momento non solo di fare, ma di essere, la differenza.

Il punto di partenza è chiaro: lavoratori dipendenti di imprese di questo mercato, lavoratori autonomi e lavoratori in regime di diritto d’autore devono smettere di essere mondi accomunati da ancora troppa opacità e invisibilità.

Servono sanzioni ferme, nei casi di violazione di legge. Ma servono anche incentivi nuovi, che aiutino filiere produttive e luoghi di lavoro a diventare di totale qualità, a dare diritti e garanzie. Uno dei fronti su cui lavorare è legato alle società benefit – imprese che fanno profitto ma con valori e obiettivi per contribuire ad un pianeta più giusto inseriti nei propri statuti e business plan, non solo oggetto di progettini di Responsabilità Sociale di Impresa – per farne davvero uno strumento a disposizione di imprenditori, investitori, lavoratori e cittadini con cui discriminare (nel senso etimologico di distinguere e differenziare) le società che guardano ad un futuro sostenibile datutte le altre.

Oggi esiste questa fattispecie nell’ordinamento italiano, ma è sostanzialmente vuota. Va riempita di senso, e su questo servono iniziative pubbliche, nel senso di iniziative che generino nuove policy e cambino le leggi e le regole (in questo senso siamo già impegnati con l’iniziativa “Fare Nuova L’Impresa”); così come serve costruire una coalizione delle società-benefit-per-davvero.

Domani gli investitori cominceranno a premiare quegli editori in grado di certificare tutta la filiera e che saranno – loro per primi, e a cascata i loro fornitori – tutte e solo società benefit che ogni giorno potranno dimostrare come operano, e non lo faranno più soltanto perché guidate da imprenditori illuminati o “buoni”, ma perché questo rappresenterà anche un vantaggio sul mercato.

Continua Maggiani: ”Forse è venuto il momento di smetterla di non sapere, se non ci sono strumenti cercarli, smetterla di aspettare di farci dire come stanno le cose dai giudici e dai carabinieri, come se fossero gli unici a poter vedere”.

Abbiamo gli occhi per vedere. Se non ci sono gli strumenti, creiamoli.

* Alessandro Fusacchia, deputato (FacciamoECO), membro della Commissione Cultura

 

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