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Cop26, l’attivista italiana: Su donne e clima la retorica è cambiata

cop26 donne women

Giulia Bonetti è editor in chief della Universal versatile society, organizzazione accreditata all’Environmental program delle Nazioni unite per l’ambiente, per la quale cura un canale YouTube (Weekly World Climate Change News) che si occupa di divulgazione sul cambiamento climatico. Ma lo fa su base volontaria. Il suo lavoro, a 28 anni, è quello di contract manager dell’Ue nel Centro europeo per le previsioni meteorologiche a medio termine. Oltre a essere stata nominata Next Generation Woman Leader da McKinsey e selezionata dalla Banca Mondiale per partecipare alle Youth Summit, è stata anche invitata ad assistere alle conferenze della Cop26.

È da Glasgow che racconta cosa si stia facendo in una conferenza sul clima storica, tanto fondamentale per Governi e multinazionali quanto deludente secondo organizzazioni ambientaliste e attivisti. Tra questi c’è Jennifer Morgan, direttrice di Greenpeace International, che ha bocciato la prima bozza di accordo finale diffusa nella notte tra martedì e mercoledì, ricordando come sia ancora distante dalle misure necessarie per il mantenimento dell’innalzamento delle temperature terrestri sotto la soglia di 1,5 gradi. La seconda bozza, diffusa giovedì mattina, è stata accolta in maniera ancora più fredda, anche a causa di un certo allentamento degli obblighi dei singoli Paesi.

Tra le discussioni della Cop26 ci sono state anche quelle relative al ruolo delle donne nella lotta ai cambiamenti climatici: un tema spesso trascurato che, oltre ad essere molto importante quando si parla di prima risposta agli aventi naturali catastrofici, va tenuto in considerazione anche nella costruzione delle misure a sostegno del clima. A questo la conferenza delle Nazioni Unite ha dedicato un’intera giornata (Gender Day), mentre nella prima bozza del documento finale della Cop26 si legge come la conferenza inviti “le parti ad accrescere la piena, significativa ed eguale partecipazione delle donne nell’azione climatica, e a garantire attuazione e mezzi di attuazione rispettosi del genere”.

“Devo dire che l’inclusività è stato un tema molto toccato”, dice Bonetti. “Sono rimasta stupita del fatto che in ogni panel sia sempre stata citata, insieme alla parola empatia. Sono rimasta stupita perché mi aspettavo, da persone che lavorano con dati così tecnici sul cambiamento climatico, che ci fossero solo discussioni di stampo scientifico ma c’è stata anche una discussione dal punto di vista della sostenibilità umana. Le discussioni purtroppo sono state molto generali, per le caratteristiche stesse della conferenza. Starà poi ai singoli Paesi implementare le soluzioni discusse nel modo migliore possibile. C’è stata però una certa voglia di imparare, ho sentito molti panel in cui c’era una definizione dei goal in base a quelle che sono state le mancanze o le difficoltà emerse dalle Cop precedenti”.

Il discorso sul gender gap “è stato preso un po’ più di petto in questa Cop, mentre prima era quasi un tema accessorio. A Glasgow il ruolo delle donne e dell’inclusività è stato citato in ogni pannello, ma ci sono state anche conferenze dedicate esclusivamente a questo tema. Ho notato poi che in queste conferenze dedicate alle donne è cambiata un po’ la retorica. Mentre prima anche nei report delle Nazioni Unite le donne erano una categoria ‘afflitta’ dal cambiamento climatico (cosa che è assolutamente vera, naturalmente), adesso sono passate ad essere una risorsa, una chiave di volta per combattere il cambiamento climatico”, aggiunge.

Su questo tema, insomma, ci sono stati dei passi avanti concreti durante la Cop? “Sì, ci sono stati dei passi avanti, ma servono assolutamente misure più concrete. Le donne hanno ruoli di cura fondamentali nelle prime risposte a una catastrofe climatica ma andrebbero coinvolte anche prima: Reuters ha pubblicato poco tempo la lista dei mille studiosi di cambiamenti climatici più influenti al mondo. Di questi, solo 122 sono donne”.

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