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Desi 2021, Italia 20esima: cosa manca per la sfida digitale

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L’Italia fa un passo avanti ma per vincere la sfida digitale il cammino da fare è ancora lungo. Per il Digital Economy and Society Index (Desi 2021) dell’Ue l’Italia si colloca – fra i 27 Stati membri – al 20/o posto nel 2021 quanto a innovazione digitale, scalando qualche posizione (cinque) rispetto all’edizione precedente ma lontana da una trasformazione profonda. Insomma, il digital divide in Italia crea ancora effetti negativi e i traguardi sono lontani.

Per l’anno in corso gli indicatori del Desi 2021 sono stati modificati per volontà della Commissione europea tenendo conto, da un lato, del Piano di Ripresa e degli investimenti per la transizione digitale, dall’altro dell’obiettivo del decennio digitale che guarda ai più moderni sistemi da utilizzare per comunicazioni e settori chiave.

Desi 2021: le competenze

Il rapporto non è clemente con Roma. Nella fotografia scattata sul nostro Paese siamo “significativamente in ritardo rispetto ad altri Stati Ue in termini di capitale umano”. In questo caso l’Italia è terzultima. Solo il 42% delle persone di età compresa tra i 16 e i 74 anni possiede competenze digitali di base, la percentuale in Europa è del 56%. E solo il 22 ha competenze superiori contro il 31 % della media Ue. La percentuale di specialisti Tic-Tecnologie per la comunicazione e l’informazione è del 3,6 % dell’occupazione totale, in Ue del 4,3. Ma anche sulle scelte degli studi universitari le discipline Tic sembrano non riscuotere grande successo. Solo l’1,3 % dei laureati italiani opta per esse.

La connettività

Ma quello che fa riflettere è che il dato su cui l’Italia compie addirittura un passo indietro è la connettività, dove siamo scesi dal 17/o al 23/o posto.

In questo campo c’è qualcosa di sostanziale che non sta funzionando, tanto che rischiamo di perdere il vantaggio nel 5G. Quelli che mancano, secondo il rapporto Desi, sono interventi di tipo strutturale a lungo termine e la capacità di far fronte ai ritardi nell’attuazione del piano per la banda ultralarga.

La svolta del Pnrr

Il rapporto pubblicato in data odierna conclude che “l’Italia deve far fronte a notevoli carenze nelle competenze digitali di base e avanzate, che rischiano di tradursi nell’esclusione digitale di una parte significativa della popolazione e di limitare la capacità di innovazione delle imprese”. Ma la “Strategia Nazionale per le Competenze Digitali rappresenta un risultato importante e un’opportunità per colmare questo divario”. La svolta, secondo le attese, potrà arrivare con il Piano di Ripresa e resilienza e interessati saranno i cittadini, come le imprese. Quanto a queste ultime, sono le Pmi quelle che più rischiano di rimanere indietro. Ad oggi in Italia generano il 41% del fatturato nazionale e occupano il 33% dei lavoratori. Su operatività e strategie tecnologicamente avanzate l’avvento della pandemia ha messo ancora di più in evidenza la loro necessità di innovarsi per reggere la concorrenza e rimanere attive: e-commerce e smart working si sono dimostrati strumenti decisivi per la sopravvivenza delle Piccole e medie imprese negli ultimi due anni. A dimostrazione che l’innovazione digitale ha acquisito un’importanza primaria anche per la loro capacità di sviluppo.

Ottimistico, in linea generale, il giudizio sui dati di Margrethe Vestager, vice presidente della Commissione europea e Commissario alla Concorrenza: “Il messaggio dell’indice di quest’anno è positivo, tutti i Paesi Ue hanno compiuto progressi per diventare più digitali e più competitivi, ma si può fare di più. Lavoriamo con gli Stati membri per garantire che gli investimenti chiave vengano effettuati tramite il Recovery and Resilience Facility per offrire le migliori opportunità digitali a tutti”.

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