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Smart working nella Pa, Dadone (e non solo) contro Brunetta

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La pressione dei sindacati, quella del Movimento5stelle e persino di alcuni colleghi di governo come Fabiana Dadone si fanno sentire. L’impennata dei contagi fa tornare di attualità il tema del lavoro agile. Se tuttavia l’esecutivo potrebbe nel consiglio dei ministri di domani assumere delle misure per lo smart working di emergenza nel privato, per i dipendenti pubblici il discorso è diverso. A resistere alle pressioni è però proprio il responsabile della Pa, Renato Brunetta. La sua posizione è stata esplicitata in una nota ufficiale del Dipartimento in cui si afferma che un ritorno al lavoro agile di massa “non è più giustificato”.

A non essere d’accordo però è la responsabile delle Politiche giovanili, Fabiana Dadone, che peraltro in passato ha guidato proprio il ministero della Funzione pubblica. A non convincerla è l’idea che così si penalizzi l’economia. “Fatico a comprendere l’ideologia che contrasta lo smart working laddove nel lavoro è possibile, così come sarebbe incomprensibile impuntarsi nel non applicare ogni misura utile ad arginare una situazione che non può più ammettere esitazioni”.

A suo giudizio, “non basta trincerarsi dietro la mera ‘concessione’ di ampia flessibilità data dalle disposizioni di legge ad ogni amministrazione di ricorrere a questa modalità organizzativa. La Pa, per non parlare delle realtà private, ha già dato dimostrazione di saper coniugare il lavoro agile con la performance lavorativa. Sostenere che l’economia non possa girare con un pubblica amministrazione in lavoro agile significa mentire sapendo di mentire. Fare di tutto per disincentivarne il ricorso non ha alcun senso, tanto più in questo delicato momento storico”.  Una posizione sostenuta da tutto il M5s, ma anche da altre forze politiche, come Sinistra italiana e alcuni esponenti del Pd.

Brunetta non ci sta. “Chi sta invocando lo smart working generalizzato nella Pubblica amministrazione – si legge sempre nella nota – non si accontenta del lavoro agile regolato, strutturato e ampiamente flessibile che è stato disegnato in maniera condivisa e partecipata in questi mesi – attraverso il confronto con i sindacati, e con l’intesa del governo, delle Regioni, dei Comuni e delle Province – ma chiede il ritorno alla situazione del lockdown di marzo 2020″. Con lui si schiera Forza Italia convinta che più che una soluzione del genere sia arrivato il momento di imporre l’obbligo vaccinale.

I primi ad andare in pressing sul responsabile della Pa sono stati i sindacati che ora rilanciano. “Sbagliatissimo ricondurre a scontro politico una dinamica che è soprattutto di natura contrattuale, in virtù del fatto che l’esperienza che abbiamo vissuto durante la pandemia di uno smart working emergenziale si è tradotta con un accordo in Funzione pubblica sul lavoro agile inserito nell’ultimo rinnovato ccnl”, dice Sandro Colombi, segretario generale della Uilpa, ad Adnkronos/Labitalia.

 

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