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Ue, se la Germania di Scholz saprà cambiare rotta

olaf sholz germania

Nuovo modello di crescita europeo e gestione del debito. Attorno a questo tema – uno dei più pressanti in questa fase storica dell’Ue – ruotano i rapporti della Germania di Olaf Scholz con il resto dell’Europa, specie con Italia e Francia.

Roma e Parigi considerano fondamentale la stesura di regole più soft per il rientro dal debito per assicurare una crescita stabile e duratura. Ma Berlino, a parte una prima partenza più conciliante caratterizzata da incontri bilaterali proprio con i partners italiani e francesi, non sembra cedere facilmente alla necessità di un ammorbidimento del capitolo sui conti pubblici dei singoli Stati.

La partita sull’avvenire del Patto di Stabilità impegna oggettivamente il nuovo governo tedesco – il primo dell’era post-Merkel – in un campo minato, in cui la posta in gioco è ridefinire il ruolo di Berlino nella complessiva strategia Europea, in particolare quanto a capacità di mostrarsi ancora dirimente sulla governance economica.

Nella giornata in cui Emmanuel Macron illustrerà al Parlamento di Strasburgo il semestre di presidenza francese, l’Eliseo non ha dubbi sul fatto che la sfida sia conciliare finanze sane con il bisogno di investimenti pubblici. Il ministro Bruno La Maire è stato già esplicito in questo senso.

L’Italia con il premier Mario Draghi ha più volte ribadito che le regole sul debito così come sono non funzionano e che l’obiettivo primario deve essere per tutti una crescita che dovrà superare i livelli pre-crisi. Se si restasse fermi alle norme attuali, l’Europa si attesterebbe su livelli molto bassi, una media dell’1,2% rispetto al 2,5 degli Stati Uniti.

C’è, inoltre, un passaggio che va sottolineato. Parigi e Roma hanno di recente istituzionalizzato la cooperazione tra di loro con il Trattato del Quirinale sottoscritto il 26 novembre e che ha segnato una netta convergenza tra i due Paesi nei campi di politica pubblica, in cima economia e difesa.

Forse un’anomalia per due Stati fortemente impegnati nel rafforzamento del processo di integrazione europea, forse un passo proprio verso questo fine.

Sta di fatto che l’unico precedente storico di un accordo bilaterale di questa stregua risale al Trattato dell’Eliseo tra Francia e Germania stipulato nel 1963 e poi rinnovato ad Aquisgrana nel 2019. Per quale ragione è importante precisarlo? Perché gli equilibri in Ue stanno cambiando e Berlino è in una delicata fase di transizione politica ed economica.

La situazione in Germania

La Germania è un Paese in cui i prezzi al consumo sono aumentati del 3,1% in media annuale nel 2021 rispetto al 2020. Il motivo principale è stato l’alto tasso di inflazione mensile nella seconda metà dell’anno passato. L’Ufficio federale di statistica Destatis ha stimato che il tasso di inflazione nell’anno precedente aveva registrato un +0,5%.

Un aumento dei prezzi su base annua superiore a quello del 2021 è stato misurato per l’ultima volta quasi 30 anni fa. Ma non è solo l’aumento generalizzato dei prezzi a destare preoccupazione. Il Fondo Monetario Internazionale aveva già abbassato le previsioni di crescita dell’economia tedesca nel 2021 e oggi le cose non vanno meglio per la locomotiva d’Europa.

Nel secondo semestre 2021 la produzione industriale ha fatto registrare un calo del 9% rispetto al 2015. Per quest’anno di prevede una ripresa che dovrebbe rallentare nuovamente nel 2023. Quanto ad esportazioni il principale cliente, la Cina, ora è più un concorrente che altro.  Berlino si trova, insomma, a fare i conti con il bisogno di aumentare gli investimenti pubblici e fronteggiare, al contempo, quei problemi che attanagliano un po’ tutte le principali economie mondiali: strozzature delle catene di approvvigionamento e caro energia che la transizione verde non aiuta a mitigare.

La Germania, come gli altri Stati membri, deve investire sulla decarbonizzazione ma per farlo necessita di ingenti risorse. E per i maxi-investimenti si pone il problema dell’aumento del debito, ovvero della ricerca di modalità con cui escluderli dal computo. Guardando da vicino le sfide tedesche possiamo affermare che sono le stesse per tutti i Ventisette: ovvero agganciare un nuovo modello di sviluppo, per intenderci quello previsto dal Green Deal con l’accelerazione (non da poco) che impone il Fit For 55.

Roma, Parigi e i falchi

In questo quadro, superare le regole attuali sulle politiche di bilancio non dovrebbe essere un’incognita ma un percorso per la sopravvivenza di oggi e lo sviluppo sostenibile di domani. Il nuovo governo di Berlino è in fase di rodaggio. Segnali contraddittori arrivano sui tavoli europei anche per via dell’eterogeneità della sua compagine.

Il conservatore Christian Lindner alle Finanze, della scuola del rigore liberale, per ora non mostra grande apertura. E a Bruxelles c’è attesa per le prossime mosse della Germania che da qui a giugno –  quando la Commissione europea di Ursula Von der Leyen presenterà la sua proposta sul PSC – dovrà decidere come schierarsi.

Se si avvicinasse ancora ai ‘frugali’ del Nord l’allontanamento dal Roma e Parigi sarebbe implicito.  Un anno e mezzo fa, in piena emergenza sanitaria, Angela Merkel con grande lungimiranza si schierò a favore del Next Generation Eu comprendendo, da un lato, che l’Europa con l’arrivo della pandemia non sarebbe più stata la stessa. Dall’altro quanto fosse importante guardare al futuro con occhi diversi.

Oggi il neo-cancelliere della Spd ha davanti a sé una sfida che è ancora in quel solco. Si vedrà nei prossimi mesi se saprà conciliare le istanze che arrivano dalle diverse anime della sua coalizione e portare in Ue una ricetta per non strangolare la ripresa e trovare una soluzione sul taglio del debito.

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