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Al via la partita per il Quirinale, è il giorno della scheda bianca

Come finirà questa giornata sembra già scritto, almeno se si guarda all’esito del primo scrutinio. Ma non è detto che non si muova nessuna pedina sullo scacchiere, vista la girandola di incontri previsti, a cominciare da quello tra il segretario del Pd, Enrico Letta, e il leader della Lega, Matteo Salvini.

Dunque, oggi alle 15 si apre ufficialmente la partita per il Quirinale. Per le prime votazioni servirà la maggioranza qualificata dei due terzi, dalla quarta si scende a 505. I partiti ci sono arrivati in ordine sparso, con divisioni non solo dentro alle coalizioni, ma in molti casi anche al proprio interno. Oggi, primo scrutinio, sarà la giornata della scheda bianca. Le forze politiche più numerose hanno deciso di non presentare nemmeno un candidato di bandiera, e questo vuol dire che non si andranno nemmeno a contare. O meglio, che non andranno a verificare nemmeno la loro compattezza. Fratelli d’Italia voterà scheda bianca ma avanza il nome di Carlo Nordio. A fare eccezione, Azione e +Europa che sulla scheda scriveranno il nome di Marta Cartabia, e FacciamoEco di Muroni e Fusacchia che hanno indicato Marco Cappato.

Sulla carta i numeri sono indiscutibili e dicono che nessuna delle coalizioni ha la maggioranza. I grandi elettori sono 1008, di questi 451 sono del centrodestra e 463 del centrosinistra, posto che tra questi possano essere annoverati anche gli esponenti di Italia viva. I restanti 94 fanno parte del vasto mondo del gruppo Misto, mai stato di dimensioni così consistenti.

Non è solo la partita del Quirinale quella che si gioca. Anzi, se tutto ciò non si intrecciasse con le sorti del governo, forse la scelta del tredicesimo presidente della Repubblica sarebbe stata più semplice e rapida. Perché in campo c’è il nome del presidente del Consiglio e un suo trasloco al Quirinale, porrebbe un problema di tenuta per un esecutivo che si regge su una maggioranza fatta di partiti molto diversi tra loro. Se le forze che sostengono il governo fossero tutte pronte a votare Mario Draghi come prossimo capo dello Stato la partita, probabilmente, non si sarebbe nemmeno aperta.

Ma le cose non stanno così. Silvio Berlusconi, dopo aver ritirato la sua candidatura, ha chiaramente detto che per lui l’esperienza dell’esecutivo deve continuare, esattamente così com’è ora. Matteo Salvini ufficialmente dichiara la stessa cosa, ma con toni un po’ più sfumati e possibilisti. Il Pd, con Enrico Letta, gradirebbe invece avere il premier al Quirinale, ma i dem sono tante cose e il rischio è che nel segreto dell’urna le varie correnti seguano logiche diverse. Matteo Renzi ha semplicemente detto che, si tratti di governo o Colle, l’unico rischio che va evitato è quello di perdere una risorsa come Mario Draghi. I Cinquestelle sono la forza più consistente, ma anche quella lacerata dalle più forti divisioni. Non solo divisa tra i fedeli a Giuseppe Conte e quelli che seguono Luigi Di Maio. E’ lì che va ricercato il numero più nutrito di eletti che rischia di non rientrare in Parlamento alla prossima legislatura e che ha una sola priorità: evitare che si arrivi a elezioni anticipate.

Questo non vuol dire che il nome di Mario Draghi sia uscito dalle trattative, ma solo che queste si portano dietro la soluzione dell’altro problema: ovvero chi lo dovrebbe sostituire a palazzo Chigi. Si fanno i nomi di Vittorio Colao, Marta Cartabia e persino Elisabetta Belloni, che, nell’eventualità, non sarebbe solo il primo presidente del Consiglio donna, ma anche il primo premier che arriva direttamente dalla guida dei servizi segreti. Forse un trasloco un po’ troppo ardito. La difficoltà non sta soltanto nel trovare un nome su cui possano convergere tutte le forze della maggioranza. Si pone, per esempio, anche il problema di evitare che ci sia un tecnico sia a palazzo Chigi che al Quirinale, circostanza che suonerebbe come un definitivo commissariamento della politica.

Ed ecco che si torna a parlare di nomi alternativi per il Colle, in un disegno che continua a tenere fissa la casella ‘Mario Draghi’ a capo dell’esecutivo. I nomi che hanno girato e continuano a girare in queste ore sono moltissimi. Si parla anche di Pier Ferdinando Casini o Andrea Riccardi, ex ministro e fondatore della comunità di Sant’Egidio. Il centrosinistra ha ipotizzato di votarlo come candidato di bandiera, si vedrà se questo accadrà dalla seconda votazione.

Il centrodestra ha annunciato che farà una rosa di proposte. Ma Enrico Letta ha già risposto che un candidato d’area non sarebbe ricevibile. Oggi ne parerà con Matteo Salvini. Si partirà da due nomi. Quello del presidente del Consiglio e quello di Sergio Mattarella, su cui il pressing per un bis non è mai venuto meno. I mercati, intanto, restano in attesa: qualsiasi saranno le scelte, una destabilizzazione del quadro – considerando il debito pubblico del Paese e le misure del Pnrr ancora da attuare – potrebbe rendere l’Italia facile preda di speculazioni.

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