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Inflazione, Bce cauta sui tassi. La Fed verso lo sprint

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La crescita rallenta e l’inflazione sale. Ma la Banca centrale europea si conferma cauta su un eventuale cambio di rotta delle politiche monetarie: “Se adesso agissimo in modo precipitoso, la ripresa economica potrebbe risentirne e potremmo mettere a rischio posti di lavoro”. In un’intervista rilasciata a un quotidiano tedesco Christine Lagarde, presidente dell’Eurotower, sottolinea che “la fine dell’acquisto netto dei titoli di Stato è il presupposto per un aumento dei tassi in un momento successivo”. Dunque, per ora, tutto rimane com’è e semmai si rendessero necessarie nuove decisioni per via dell’aumento dell’inflazione “i cui valori sono in crescita” si valuterà “a marzo quando verranno analizzati i nuovi dati”.

Di tutt’altro avviso la Banca centrale americana che deve fronteggiare un’inflazione a 7,5, mai così alta da 40 anni. Il presidente della Federal reserve di Atlanta, Raphael Bostic, ha detto di prevedere tre o quattro rialzi dei tassi nel corso del 2022, ribadendo che la Banca centrale non ha un piano specifico e che si adatterà all’andamento dell’economia. James Bullard, presidente della Fed di Saint Luis e componente del Fomc, conferma il favore verso un rialzo dei tassi d’interesse di un punto percentuale entro l’inizio di luglio. La risposta per il banchiere sarebbe necessaria per fronteggiare la più alta inflazione da 40 anni, che in Usa si attesta al 7,5% su base annua. Dopo le parole di Bullard Borse europee giù e calo a Wall Street.

Intanto dalla Commissione europea arriva il taglio alle stime di crescita in Ue per i primi tre mesi del 2022 sulla scia del rallentamento dell’economia registrato nell’ultimo trimestre del 2021. Le previsioni più rosee dell’autunno cedono il passo a un calo per la prima parte di quest’anno, ma con una ripresa che potrebbe registrarsi già verso il finire del 2022 e che sarà più marcata nel 2023. Presumibilmente al 2,8% per l’Ue e al 2,7% per l’Eurozona.

L’esecutivo di Bruxelles delinea il quadro sul Pil con dati in flessione rispetto allo scorso novembre. Anche in Italia, a causa della variante Omicron, la crescita ha subito una frenata negli ultimi mesi e si prevede che la subirà ancora per il prossimo trimestre. Ma secondo il commissario europeo all’Economia, Paolo Gentiloni, le previsioni per il nostro Paese sono “rassicuranti” perché per il 2022 avremo una crescita del 4,1%, dopo il +6,5% del 2021. “Sono numeri che dieci, venti anni fa ci saremmo giocati al Lotto. A trainare la nostra economia e l’espansione della produzione è la domanda interna”, fa notare. “Ma è importante che venga attuato bene il Pnrr che porta da sé un aumento sostanziale degli investimenti”.

Ma ci sono due temi che restano cruciali nella governance economica di questa fase post-pandemica. Il primo riguarda il debito pubblico degli Stati e le regole di bilancio. Gentiloni conferma che la Commissione sta lavorando per modificare le regole che sovrintendono al controllo dei conti pubblici, riducendo il debito ma senza stroncare la crescita con politiche di austerity. Dire se l’esecutivo europeo riuscirà nell’intento per la fine di quest’anno, prima che rientrino in vigore le disposizioni del Patto di stabilità, per ora sospese, è davvero arduo. Il problema principale rimane legato al ritmo con cui i Paesi devono progressivamente ridurre il debito. L’obbligo ad oggi è di pagare per i prossimi 20 anni quello eccedente il 60% del Pil nella misura di un ventesimo l’anno. Ritmi per molti ritenuti insostenibili e tali da provocare una diminuzione del Prodotto interno lordo, come negli anni pre-Covid, con tagli obbligati alla spesa pubblica, specie sulle voci relative al welfare.

C’è poi il secondo tema che tiene banco nelle valutazioni economiche e che chiama in causa anche le Banche centrali. Si tratta dell’inflazione che, insieme alle varianti del virus e alle difficoltà di approvvigionamento di alcune materie prime, fa parte di quei “venti contrari che dovrebbero progressivamente diminuire”. Il caro vita è superiore alle attese e ad incidere sono sempre i prezzi dell’energia. “Solo dall’ultimo trimestre dell’anno”, annota il commissario all’Economia, “l’inflazione potrebbe cominciare a diminuire. A livello di Unione nel 2022 toccherà il 3,9%”. Ma l’argomento comincia ad essere parecchio divisivo nell’ambito delle istituzioni monetarie. O, meglio, lo sono le soluzioni proposte dalla più importante: la Bce. Nell’arco di pochissimi giorni Francoforte, prima ha lasciato intravedere una stretta monetaria anticipata, poi è tornata sui suoi passi. La frenata della presidente Christine Lagarde è arrivata già in audizione al Parlamento di Strasburgo tre giorni fa: nessuna revisione al rialzo prima del previsto dei tassi di interesse. “Ogni correzione della nostra politica monetaria sarà graduale”, ha specificato in quell’occasione. Gli investitori “puntano a un ritorno dell’inflazione al 2% nel 2023”. Indirizzo confermato oggi dall’ex ministra francese.

L’obiettivo, ottimistico, non sembra però trovare conforto nelle posizioni che da giorni esprime la Bundesbank. Il presidente della Banca centrale tedesca, Joachim Nagel, fa sapere che l’inflazione si sta rivelando più alta del previsto e sostiene che “i tassi potrebbero aumentare già quest’anno”. Un intervento tardivo sul costo del denaro da parte dell’Eurotower preoccupa i ‘falchi’ del Nord Europa. Anche Gentiloni ammette: le proiezioni relative all’Eurozona e all’Ue sono “soggette a rischi al rialzo”. Nell’area euro è possibile che si “raggiunga il picco nel primo trimestre del 2022 e che rimanga sopra il 3% fino al terzo trimestre dell’anno. Un calo consistente è atteso” solo “nel quarto trimestre del 2022, con un ritorno ben sotto il target Bce nel 2023 all’1,7%”.

Sulla complessa situazione economica europea pesano inoltre fattori di politica estera. La crisi sul fronte est e la minaccia che i 100 mila soldati russi schierati al confine con l’Ucraina possano invadere il Paese, provocando un conflitto tra Putin e il blocco Nato, determina grande incertezza. Nel Vecchio Continente i rischi per la riresa sono “aggravati dalle tensioni geopolitiche. Pace, stabilità e crescita economica sono strettamente legate”, osserva Palazzo Berlaymont.

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