Ci sono tre film italiani che valgono quasi una stagione, ovvero l’inizio di quella primaverile nonostante le temperature ancora così rigide (il brutto tempo e la pioggia sono sempre stati alleati del cinema, un buon esercente sa sempre che tempo farà). I film in questione sono C’era una volta il crimine (dal 10 marzo nelle sale), Corro da te (dal 17 marzo) e Altrimenti ci arrabbiamo! (dal 24 marzo). Tre commedie con il meglio dello star-system nostrano: da Marco Giallini alle prese con l’invasione nazifascista a Pierfrancesco Favino teneramente romantico, al nuovo idolo Edoardo Pesce nel remake del cult con Bud Spencer e Terence Hill, con un Christian De Sica in versione boss della mala semplicemente meraviglioso.
Tre film che proveranno, nel giro di qualche settimana, a invertire una tendenza a dir poco drammatica. Perché nel 2021 appena concluso solo 6 film italiani su 150 hanno incassato al botteghino (dati Anec riportati dal presidente Mario Lorini). La cosa inquietante è che il cinema italiano, ovvero anche i restanti 144 film fuori dai radar, godono di sostegni, sovvenzioni, sgravi e tax credit. Sostegni per tutti, a pioggia, anche per quei 144 film invisibili che non arrivano al pubblico, a dispetto di quei 6 che, da soli messi insieme, rappresentano il 25% del mercato dominato dai blockbuster con i supereroi. Gli esercenti, ovvero i gestori dei cinema, sono imbufaliti: “Perché non aiutano noi anziché film che non vede nessuno?” è un po’ questo il coro unanime.
Effettivamente con l’avvento delle piattaforme le produzioni problemi di liquidità non ne hanno, con il colosso streaming di turno che mette in modo preventivo i denari per assicurarsi il titolo in questione e sfruttarlo sulla propria bacheca. Così il sostegno statale può essere dirottato altrove. In un momento in cui 500 schermi cinematografici in Italia sono a rischio chiusura, una parte cospicua di quei 750 milioni di euro l’anno dedicati alla produzione potrebbero essere spostati, sostenendo le strutture che rappresentano dei presìdi socioculturali e un ramo industriale considerevole che vale 650 milioni di euro l’anno (dati Cinetel 2019).
Il dibattito è aperto in seno alle associazioni di categoria, compresa l’Anica con le sue due anime così vicine ma spesso lontane per interessi, distributori e produttori. I distributori, che ora si chiamano editori cinematografici, hanno come core business la sala; i produttori vivono di commesse da parte dei broadcaster, delle piattaforme e delle Tv e il grande schermo – se non fosse per i finanziamenti a loro disposizione – lo salterebbero a piè pari.
C’era una volta il crimine, Corro da te e Altrimenti ci arrabbiamo! potrebbero invertire questa tendenza e siglare una tripletta che potrebbe far tornare di moda vedere i film (italiani) al cinema.