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Le competenze primo asset strategico per lo sviluppo

Un mondo in costante mutamento e costellato da crisi perpetue comporta l’esigenza di professionalità in grado di supportare il sistema Paese nel processo di trasformazione e rilancio, come più volte sottolineato anche dal presidente Draghi.

Guardando solo agli ultimi 20 anni, ci accorgiamo di come siano stati caratterizzati da grandi shock di diversa origine, ma tutti di enorme e durevole impatto per le società: dagli attentati dell’11 settembre 2001 al fallimento di Lehman Brothers, che ha travolto i mercati internazionali, fino alla pandemia di Covid-19, a cui si è aggiunta la guerra ucraino-russa di cui stiamo vivendo ora dopo ora i drammatici sviluppi.

In Italia, più che in altri Paesi, gli andamenti ciclici si sovrappongono a gravi debolezze strutturali. Basti pensare alla morfologia del nostro sistema produttivo, composto da una moltitudine di pmi fortemente radicate sui territori, spesso distanti dall’apparato istituzionale centrale. Ciò è in parte riconducibile ad una stratificazione amministrativa particolarmente articolata, ma anche alla progressiva lacerazione del ruolo un tempo svolto dai corpi intermedi, che in questa fase è cruciale recuperare per l’efficace ed efficiente messa a terra delle nuove politiche di sviluppo.

Dallo scenario descritto emerge la necessità di investire sull’apprendimento di nuove competenze (reskilling) e sul rafforzamento di quelle esistenti (upskilling), integrandole in un piano sistemico di interventi e riforme.

Con riferimento al Pnrr italiano, la competenza e la formazione figurano come elemento trasversale a diversi investimenti, finalizzati a sostenere le policies europee e nazionali, potenziare l’innovazione e la crescita economica, promuovere l’inclusione e garantire occupazione. A tal fine la prima missione del Piano stanzia 40,32 miliardi per la digitalizzazione, innovazione, competitività, cultura e turismo, sia in favore del settore pubblico che di quello privato.

Per il mondo pubblico è stato lanciato un Piano strategico per la valorizzazione e lo sviluppo del capitale umano, con quasi un miliardo di euro. Guardando al settore privato, sono molte le iniziative messe in campo: dal rafforzamento delle competenze digitali – tra gli obiettivi anche del Piano di transizione 4.0 – alle politiche attive e la formazione nell’ambito del programma Gol (Garanzia per l’occupabilità dei lavoratori), la promozione di un sistema di formazione professionale è supportata anche dal Piano nazionale nuove competenze, con circa 4,4 miliardi.

Alle competenze, inoltre, è dedicato uno dei ‘flagship programs’ che gli Stati membri sono stati invitati a considerare nella redazione dei propri Pnrr: sfide comuni che vanno oltre la specificità dei singoli Piani, delineate nella Strategia annuale di crescita sostenibile 2021.

Non soltanto finanziamenti, ma anche misure normative e amministrative, come il reclutamento di esperti e professionisti per le amministrazioni locali previsto dalla Legge 113/2021 o il tavolo di monitoraggio delle misure per rafforzare gli enti locali definito dal ministero per la Pubblica amministrazione, basato su importanti partnership con Cassa depositi e prestiti, Invitalia, Sogei e Mediocredito centrale.

Misure lungamente auspicate per sopperire alla carenza di competenze interne spesso stratificate, in particolare nel settore pubblico, abituate negli anni a gestire le risorse in modalità spending review. Da non trascurare, poi, la difficoltà di reperimento di competenze da parte degli enti locali, considerando che quasi il 70% dei Comuni italiani conta meno di 5.000 abitanti.

Azioni rilevanti, dunque, se si pensa che in fase di attuazione del PNRR gli enti territoriali saranno direttamente coinvolti in numerosi interventi come soggetti attuatori, responsabili della realizzazione operativa degli interventi.

Per rispondere alle molteplici sfide attuali e future, il Paese deve avviare una profonda trasformazione che investa anche le attività di ricerca e selezione del personale: competenze tecniche e specialistiche, certamente, ma con un’attenzione al recupero degli aspetti valoriali. Come ricordato recentemente anche dal segretario di Stato Vaticano, Cardinale Parolin, l’accelerazione prodotta dal progresso tecnologico e digitale ha velocemente trasformato anche i nostri stili di vita ed il modo di pensare. Se da un lato la tecnologia ha sostenuto il sistema produttivo, si è registrato, al contempo, un progressivo allontanamento dalle nostre radici culturali e sociali.

Anche nel percorso di inserimento di nuove professionalità, è quindi necessario un cambio di paradigma basato sulla comprensione dello stretto legame tra questioni etiche e sociali, dando fiducia a competenze innovative e trasversali con esperienza in temi complessi e articolati.

Questo approccio consentirà al mondo pubblico di dare un forte segnale di innovazione, in favore della ripresa e dello sviluppo economico e sociale: dal reclutamento nella Pubblica amministrazione ai processi di nomina nelle partecipate pubbliche, è importante attuare una strategia incardinata sulla contaminazione di nuove competenze.

Anche le aziende private – che negli ultimi anni hanno vissuto grandi trasformazioni nelle compagini azionarie – dovranno integrare nei propri apparati nuove capacità, anche di crisis management, in grado di cogliere le opportunità derivanti dal momento storico per diventare più resilienti alle crisi e nei confronti di attori stranieri.

* Claudia Bugno è Strategic advisor con lunga esperienza nel mondo pubblico e industriale negli ambiti del crisis management, della pianificazione per lo sviluppo del business

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