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Nutanix e la ricerca del “cloud invisibile”

nutanix cloud data center

“Spostare i dati sul cloud” è un’espressione che riecheggia ormai da anni, ma con sempre più insistenza, nelle sale riunioni di aziende grandi e piccole. Il problema è decidere come farlo: ci sono strategie diverse da considerare, infrastrutture diverse da scegliere (cloud pubblico? Cloud privato?), e competenze interne da costruire. E saper offrire soluzioni semplici (talmente semplici da rendere “invisibile” il cloud) per quelle aziende sta diventando un enorme valore aggiunto, spiega il Ceo di Nutanix, Rajiv Ramaswami.

Dopo l’esperienza a capo del cloud di un altro gigante del settore, VMware, il manager indiano è diventato Ceo e presidente del colosso americano Nutanix nel 2020, ritrovandosi a guidare durante la pandemia un’azienda che serve la “metà delle maggiori 2000 aziende globali”, e che nell’ultimo trimestre (chiuso a gennaio 2022) ha registrato 413 mln di dollari di ricavi, con un aumento del 19% rispetto all’anno precedente (mentre è sempre del 19% anno su anno l’aumento dei clienti in Italia). Secondo il Ceo, “l’azienda avrà un free cash flow positivo entro la fine dell’anno. Se guardiamo ai risultati, stiamo superando le aspettative”. Come? È proprio il Ceo a spiegare il core business dell’azienda.

“Il multicloud è un mondo complesso, perché ogni cloud è differente”, dice Ramaswami. Con il multicloud di solito si indica la pratica di affidarsi a più fornitori di cloud. Con l’hybrid, la scelta di affidarsi a cloud di tipo diverso, come privati e pubblici. A loro volta, i cloud privati sono quelli più costosi ma tendenzialmente più sicuri, mentre i cloud pubblici (come quelli forniti da grandi provider come AWS o Azure) sono più convenienti ma consentono meno controllo sui dati. Mentre un’azienda cerca di capire la differenza tra l’uno e l’altro, il suo business va avanti, le app vanno sviluppate e rese operative, le esigenze dei clienti cambiano.

Il Ceo di Nutanix, Rajiv Ramaswami.

“Dalla prospettiva di un’azienda”, dice il Ceo, questa complessità “significa dover imparare nuove competenze, nuovi modi di gestire tutto, e questo può diventare molto, molto complicato”.

Secondo l’Enterprise Cloud Index (ECI), un sondaggio tra 1700 dirigenti IT di tutto il mondo commissionato da Nutanix alla società di ricerca Vason Bourne, di tutte le strategie che è possibile utilizzare per il cloud, il multicloud è attualmente il modello di implementazione più comunemente utilizzato e l’adozione salirà al 64% nei prossimi tre anni. In Italia il 51% del campione afferma che l’ambiente operativo IT maggiormente utilizzato è il multicloud.

Ma la complessità del cloud rimane una sfida importante per le aziende. Per affrontare le principali sfide relative all’interoperabilità, alla sicurezza, ai costi e all’integrazione dei dati, l’83% degli intervistati concorda sul fatto che un modello multicloud ibrido sia l’ideale.

Ancora una volta, il segreto è la flessibilità. Spesso le aziende “non hanno la flessibilità necessaria per operare velocemente in questi ambienti”, dice Ramaswami. Questo si traduce in “maggiori costi e tempi di implementazione”. In Europa, in particolare, un altro fattore è che “c’è molta più preoccupazione sulla sovranità del dato, su dove vengono gestite le operazioni. Ogni Paese cerca di creare un ambiente cloud sicuro. Ma il cloud non è solo cloud pubblico, ci sono anche quelli privati, e vanno gestiti, preoccupandosi anche della velocità con cui si entra ed esce dal public cloud e dai data center privati”.

Cosa fanno le aziende con il cloud

Le esigenze dell’azienda stessa possono essere diverse. Nel disaster recovery i clienti di Nutanix “usano il public cloud, una strategia cost-effective, perché nel public il modello è quello dell’as a service, nel quale si paga solo quando il servizio viene usato”, spiega il Ceo.

Altro esempio dell’utilizzo del modello di multicloud ibrido è quello che risponde ai bisogni di ‘temporary capacity’. “Faccio l’esempio di un’azienda cliente, il retailer Land’s End, che utilizza il software di Nutanix on-premise ma, durante il periodo delle festività, lo utilizza in cloud per gestire i picchi, senza cambiare software”.

Altra grande esigenza, accelerata durante la pandemia: il processo di migrazione su cloud. “Anche per muoversi da data center a public cloud, la soluzione più utile è quella di usare le stesse soluzioni software da entrambe le parti. Se si prova a farlo senza il modello ibrido, si spende tantissimo tempo e denaro a ricostruire tutte le applicazioni da migrare perché data center e cloud pubblico hanno un ambiente operativo diverso. Le nostre aziende riescono a effettuare la migrazione in un mese. Una velocità spinta anche dalla pandemia, e dalla necessità di supportare attraverso il cloud anche il lavoro da remoto. Nel caso di Rbl bank, una delle maggiori banche indiane, siamo passati dalla fase di proof of concept al nuovo ambiente operativo in tre settimane”.

La soluzione di Nutanix è quella di un multicloud ibrido. Così si ha “lo stesso ambiente operativo” anche su diversi tipi di cloud (come privato e pubblico). Il vantaggio “è la flessibilità: operare in diversi ambienti ma gestire il tutto in modo unificato”, in modo che le aziende clienti “possano concentrarsi sugli obiettivi di business e sulle innovazioni. Il cloud, un cloud che sia ‘invisibile’ è un modo di guidare la tua struttura in modo flessibile e agile, così che le aziende possano usare le loro app come vogliono loro”. Nutanix Clusters, una delle soluzioni più recenti, è proprio una piattaforma per gestire le applicazioni e l’infrastruttura sui private cloud e su diversi cloud pubblici come se si trattasse di un unico cloud, ed è già disponibile per AWS e Azure. “Il nostro obiettivo è rendere disponibile Clusters in molti ambienti. Dopo AWS e Azure stiamo guardando anche ad altri provider, come, in Europa, OVH”.

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