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Andrea Iervolino: La mia serie con Johnny Depp, gli Nft e il metaverso nel cinema

andrea iervolino

Andrea Iervolino è un produttore cinematografico e imprenditore italo canadese, tra i più attivi a livello internazionale con la società Iervolino Entertainment quotata su Euronext Grouth Milan, ex Aim Italia. Tra i suoi ultimi lavori, attualmente disponibile su Apple Tv e Amazon Prime, la serie animata Puffins con Johnny Depp diventato per l’occasione il personaggio Johnny Puff, una sorta di “avatar” ufficiale che lo stesso attore hollywoodiano ha concesso in licenza a Iervolino. Ma sul suo rapporto con Johnny Depp che va oltre la lavorazione della serie, divenuta ormai un’amicizia, Iervolino (comprensibilmente) preferisce non rispondere. “Non vorrei commentare quanto stia accadendo nel processo, per favore, si è già speculato abbastanza e Johnny è fin troppo esposto. Vorrei tenere privato il nostro rapporto”, racconta da Los Angeles a Fortune Italia il produttore che ha deciso di lanciarsi nel mercato degli NFT.

Iervolino, ci racconti allora il progetto di lanciarsi nel mercato delle criptovalute.

Sin dal boom degli NFT ho subito cercato di capire come il cinema potesse utilizzare questo nuovo strumento e come evolversi a sua volta. Ho pensato di utilizzare gli NFT come una nuova modalità di sfruttamento della proprietà intellettuale. Alla base della produzione di un qualunque contenuto cinematografico ci sono le proprietà intellettuali. Da una stessa idea possiamo sviluppare più prodotti: un libro, un film, una serie, un cartone animato, il merchandising. Da questa idea siamo partiti nel realizzare degli NFT da nostre produzioni, come dalla serie Puffins. Ogni NFT darà la possibilità a chi lo acquista di accedere a contenuti interattivi inediti della serie.

Quali potenzialità vede nel mondo dell’audiovisivo e del cinema ancora inespresse?

Le nuove tecnologie e i nuovi stili di vita hanno accelerato una trasformazione irreversibile in diversi settori industriali, compreso quello cinematografico, a partire dai mezzi di fruizione. Da anni l’attenzione delle nuove generazioni, e non solo, si è spostata dai canali tradizionali ad altri device, come tablet o smartphone. Questo cambiamento unito al fatto che il tempo di attenzione medio su ogni contenuto si sia abbassato notevolmente, mi ha spinto a buttarmi sulla produzione degli short content. Oggi, grazie soprattutto alle stories di Instagram che non superano i 15 secondi, il consumatore si è abituato a saltare da un argomento all’altro a una velocità impressionante. Sono convinto che nei prossimi tempi assisteremo a una relazione sempre più forte tra il mondo dell’entertaiment e quello dei social media, con contenuti sempre più short, una modalità innovativa dove vedo grandi margini di crescita. E sono certo che i grandi studi presto investiranno in questo settore.

Cosa pensa delle difficoltà delle sale cinematografiche in Italia?

È chiaro a tutti che nell’ultimo decennio c’è stata un’accelerazione della crescita di fruizione di contenuti su piattaforme streaming. Io credo che nel business non ci si possa mai opporre all’innovazione, ma bisogna abbracciarla e trarne il meglio. È evidente che i giovani preferiscano guardare contenuti in streaming ovunque loro vogliano, ma è altrettanto vero che la sala cinematografica, se ripensata in un’esperienza più complessa rispetto alla sola visione di un contenuto, potrà continuare ad avere la sua vita non più da leader ma da co-leader con le nuove forme di fruizione.

Cosa pensa del Metaverso applicato al cinema?

Penso che sia uno dei futuri solidi business legati allo sfruttamento di un contenuto audiovisivo. Il cinema da sempre cerca di restare al passo con le nuove frontiere tecnologiche e di trovare nuovi modi per entrare in contatto con gli spettatori. Grazie al Metaverso potremo sperimentare nuovi modi di fruire un film. Pensiamo alla possibilità di vedere un film dalla prospettiva del protagonista che scegliamo noi di essere e non da quella scelta dal regista. È come se il film stesso diventasse “nostro”, in cui lo spettatore avrà la possibilità di partecipare in maniera molto più immersiva, scegliendo quale ramo della storia poter seguire. In fondo la “soggettiva” come tecnica cinematografica già esiste, sarebbe solo un’evoluzione.

Lei è un italiano che lavora soprattutto in America. Cosa consiglierebbe ai suoi connazionali, non solo del cinema e dell’audiovisivo, per rilanciarsi dopo più di due anni di pandemia?

Io penso che ci si debba domandare che cosa voglia oggi il pubblico e, più in generale, il consumatore. Quando da Los Angeles torno in Italia, molta gente mi racconta la propria visione del sogno americano. Partendo da questo pensiero ho lavorato sul capire come poter fare il percorso inverso, ossia portare Hollywood in Italia e non viceversa. Così ho cominciato a produrre film italiani pensati per il mercato internazionale, creando un vero e proprio export del made in Italy, ripensando a storie italiane ma fruibili in tutto il mondo. In ogni ambito si deve cercare un mercato più ampio, laddove possibile. A volte è molto più facile di quanto si possa pensare. La pandemia ha rivoluzionato tutti gli equilibri e bisogna cercare di guardare al domani anticipando i desideri del pubblico. A quel punto però sarebbe riduttivo limitare il proprio raggio d’azione sul mercato italiano.

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