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Elezioni 2022, i partiti alla prova della sostenibilità

elezioni politiche sostenibilità

Elezioni, tempo di liste, nomi, candidature, ma soprattutto di promesse, confronti e programmi. Quella attuale è forse la più atipica delle campagne elettorali, vissuta al fresco degli ombrelloni, dove i salotti televisivi hanno lasciato spazio, almeno in questa prima parte, ai contenuti postati sui social. Una campagna elettorale giocata sui minuti perché il tempo è poco, così come è scarsa l’attenzione dell’elettore, servono dunque input, slogan, dichiarazioni che facciano breccia e restino nella mente degli italiani. Per tale ragione, in questo tumultuoso campo da gioco in continuo movimento dove i “botta e risposta” non finiscono mai, dovrebbero essere i programmi a dare la misura e la chiave di lettura di ciò che i partiti pensano ufficialmente e come intendono gestire i principali dossier che riguardano il futuro del Paese.

Ciò è ancor più vero se teniamo conto che il prossimo governo si insedierà in piena sessione di bilancio con tutto ciò che ne deriva in merito a programmazione e scadenze, tra cui quelle del Pnrr a cui fa da sfondo la crisi Ucraina e conseguente crisi energetica.

Al centro del dibattito politico e dell’attenzione mediatica vi sono (sempre) gli interventi che hanno immediato impatto sui conti degli italiani.

Tuttavia il contesto di crisi climatica che stiamo vivendo, sottolineato non ultimo dall’allarme di Legambiente sul record di eventi estremi registrati da gennaio a luglio 2022, solleva un quesito: come i partiti affrontano il tema della sostenibilità ambientale all’interno dei propri programmi?

Da un’analisi meramente quantitativa sul numero di ripetizioni delle parole “sostenibile” e “sostenibilità” all’interno dei programmi dei principali partiti, è emerso che: all’interno del programma di coalizione di centrodestra vi sono 4 riferimenti al tema (in quello della Lega sono invece 57); nel centrosinistra, invece, il Pd ne parla 37 volte e Alleanza Verdi e Sinistra 10; il tandem Azione-Italia Viva accenna alla sostenibilità solo in 2 occasioni, così come il Movimento 5 Stelle.

Questi dati, tuttavia, ci rivelano l’intenzione dei partiti (o delle coalizioni) a posizionarsi su tale argomento a livello di comunicazione elettorale, ma come intendono perseguire tali obiettivi?

Al fine di rispondere a tale domanda sono state confrontate le proposte politiche presentate su due settori chiave della transizione ecologica: energia e mobilità.

Energia

Sebbene tutti gli schieramenti si trovino d’accordo sulla necessità di un incremento di energia prodotta da fonti rinnovabili e di una diversificazione delle fonti di approvvigionamento, è proprio sulla individuazione di tali fonti che emergono le naturali differenze tra i partiti, con alcuni interessanti punti di contatto trasversali. Nello specifico:

Il centrodestra nel suo piano prevede il raggiungimento dell’autosufficienza energetica attraverso un programma che include lo sfruttamento di ulteriori pozzi di gas naturali presenti sul territorio italiano e il ricorso a impianti di ultima generazione, incluso il nucleare pulito.

La Lega, invece, anche grazie alla definizione di un programma più corposo e articolato, scende maggiormente nei particolari rispetto a quanto inserito nell’accordo di coalizione (e ciò facilita il confronto con le altre forze politiche), inserendo una serie di proposte – condivise da Forza Italia – che prevedono: una maggiore produzione di biometano mediante la riconversione e l’efficientamento degli impianti di biogas; la realizzazione di termovalorizzatori; l’implementazione di infrastrutture strategiche, tra cui i rigassificatori; la semplificazione delle procedure per sviluppare idroelettrico, geotermia, anche attraverso la realizzazione delle Comunità Energetiche; una strategia nazionale dell’idrogeno.

Il Partito Democratico oltre all’importanza di un maggiore approvvigionamento da fonti rinnovabili, condivide con il partito di Salvini le posizioni su rigassificatori quale soluzione ponte e la necessità di un maggiore sviluppo delle comunità energetiche. Molto distanti, invece, le posizioni sul nucleare. Lo stesso vale per Alleanza Verdi e Sinistra, che completa la coalizione di centrosinistra, i quali sottolineano, con maggior forza rispetto all’alleato, il totale rifiuto verso nuove trivellazioni, ma contemplano l’utilizzo dei termovalorizzatori (non citati dal Pd) solo come ultima istanza.

Di particolare interesse sono le posizioni di Azione – Italia Viva, la nuova coalizione a guida Calenda, che da potenziale alleato del Pd dimostra di avere molti punti in comune con le posizioni del centrodestra (o almeno di una sua parte) sulle politiche di approvvigionamento energetico. Ciò che lo differenzia è l’inserimento, tra le proposte di medio periodo, lo sviluppo di sistemi di cattura e stoccaggio della CO2 prodotta dalle centrali termoelettriche.

Il Movimento 5 Stelle, infine, col suo sintetico programma, punta apertamente sulle energie rinnovabili e promuove la “società a 2000 watt” come modello sostenibile di consumo energetico, dichiarandosi contrario alla realizzazione di nuovi inceneritori così come a trivellazioni.

Di seguito un raffronto visivo delle posizioni espresse dai partiti:

Un riferimento a parte meritano le misure di incentivazione dell’efficientamento energetico a cui i partiti riconoscono un importante ruolo come strumento di sostegno per il raggiungimento degli obiettivi di transizione energetica del Paese. Per tale motivo tutte le forze politiche lo confermano nei nuovi programmi rendendolo strutturale ma con agevolazioni ridotte, in modo che sia sostenibile per l’Erario.

Come si evince, non vi sono grandi scossoni da registrare nelle proposte dei partiti, quasi tutti in linea con gli strumenti già previsti dal Pnrr e con le battaglie storiche di partito. Il Centrodestra e Azione, hanno incluso, strategicamente, tutti gli strumenti “green” indicati all’interno della nuova tassonomia europea, intercettando così l’interesse di un maggior numero di consensi e investimenti.

È, tuttavia, necessario tenere in conto almeno tre aspetti parlando di nucleare e gas:

  • la battaglia politica per l’inserimento di queste due fonti all’interno della tassonomia non è stata priva di intoppi, tant’è che anche la Bei (Banca Europea per gli Investimenti) ha già dichiarato, lo scorso gennaio, che non supporterà investimenti legati al nucleare.
  • Se è vero, come molti sostengono, che il nucleare sia fondamentale per raggiungere gli obiettivi di neutralità carbonica entro il 2050, si dovrebbe fare una distinzione tra i paesi che hanno un programma nucleare già avviato e quelli che ne sono sprovvisti. L’Italia, rientrando nell’ultima fattispecie, dovrebbe costruire e avviare le nuove centrali, creare l’intera filiera, realizzare un sito di stoccaggio delle scorie (che non è ancora riuscita a fare in oltre trent’anni dal primo referendum sul nucleare), e formare delle figure professionali: ciò richiederebbe almeno 10 anni e diversi miliardi di investimento.
  • Le centrali nucleari di terza generazione sono caratterizzate da un sistema di raffreddamento ad acqua e alla luce degli shock climatici a cui stiamo assistendo (siccità, crisi idrica e innalzamento delle temperature) che, si prevede, saranno sempre più frequenti nei prossimi anni, potremmo ritrovarci a investire su fonti energetiche che potrebbero non funzionare a pieno regime, come successo in Francia in questi mesi.
  • Quando si parla di nuove trivellazioni bisogna considerare l’effetto “Nimby” con ciò che ne consegue.

Mobilità

A differenza di quanto visto per il settore energetico, sul tema mobilità le differenze tra i vari partiti sono più sfumate e ancora più legate a quanto inserito all’interno delle missioni del Pnrr.

I programmi presentano proposte incentrate sul connubio tra investimenti infrastrutturali e politiche di incentivazione settoriale. Nella prima fattispecie, comune a tutti gli schieramenti, rientrano gli investimenti per il potenziamento: del trasporto pubblico, soprattutto alta velocità ferroviaria, per favorire l’intermodalità; del settore marittimo portuale al fine di attivare una rete di piattaforme logistiche che riduca il trasporto su gomma; l’installazione di colonnine elettriche sul territorio nazionale quale precondizione per una maggiore diffusione della mobilità elettrica.

Tuttavia, ancora una volta, il Centrodestra si differenzia rinnovando una storica battaglia che ha segnato le campagne elettorali degli ulti venti anni, ovvero la realizzazione del ponte sullo Stretto.

Per quanto riguarda le politiche di sviluppo, invece, vi è totale condivisione sulla necessità di: sostenere la realizzazione di sistemi MaaS (Mobility as a Service) che prevedono la condivisione dei dati quale precondizione per l’intermodalità e l’utilizzo di biglietti unici; riconvertire il parco circolante, pubblico e privato, verso sistemi low carbon; promuovere la mobilità ciclabile.

È proprio la definizione low carbon a determinare le differenze tra gli schieramenti, con il centrosinistra fermamente a favore di una rapida e importante elettrificazione della mobilità e il centrodestra che, invece, sostiene, a difesa della filiera automobilistica, sistemi alternativi secondo il principio della neutralità tecnologica.

Anche in questo caso, infatti, è la Lega a dettagliare la propria posizione rimarcando la sua contrarietà al divieto di vendita di veicoli a benzina o diesel, previsto a partire dal 2035, e sostenendo una politica di promozione e di sviluppo di sistemi incentrati su biocarburanti, carburanti sintetici e Green Hydrogen.

La partecipazione al governo di larghe intese guidato da Draghi ha influito molto sui programmi elettorali dei partiti che, come rilevato, presentano molti punti di contatto; ciò fa sì che le diverse forze politiche, almeno in merito ai temi dell’energia e della mobilità, si ritrovino a portare avanti una campagna elettorale limitata da paletti che, in alcuni ambiti, risultano essere abbastanza rigidi: innanzitutto, non possono disconoscere le scelte politiche sostenute fino alla caduta del governo; secondariamente il Pnrr, che rappresenta un importante strumento di finanziamento per le politiche dei prossimi anni del nostro Paese, è legato al raggiungimento di obiettivi già definiti e da cui non si può sfuggire senza pagarne il prezzo.

Infine, vi è un ultimo aspetto da considerare. Come già detto, il governo si insedierà in piena sessione di bilancio e dovrà tenere conto di impegni di spesa già prefissati e scadenze improcrastinabili, calcolati in 25mld, a cui bisognerà aggiungere il peso dell’inflazione.

Praticamente al di là delle promesse, chiunque vincerà queste elezioni, partirà con il freno a mano tirato.

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