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Stati Uniti, il ‘quiet quitting’ c’è sempre stato. Ma sta peggiorando

Gilead

L’idea del ‘quiet quitting’ ha conquistato i social media: su TikTok e altre piattaforme i giovani lavoratori sostengono che i dipendenti dovrebbero fare solo ciò che è richiesto dalla loro mansione, e non di più.

Ma una recente indagine di Gallup indica che la pratica del quiet quitting non è solo una moda dei social media. La società di sondaggi ha rilevato infatti che circa il 50% dei lavoratori statunitensi non è ‘impegnato’, cioè si sente distaccato dal lavoro e fa il minimo indispensabile, come previsto dal principio del ‘quiet quitting’. Gallup ha intervistato più di 15,000 lavoratori di età superiore ai 18 anni nel giugno 2022.

I dati della società mostrano anche che il ‘quiet quitting’ non è una tendenza nuova. Le indagini – risalenti al 2000 – hanno rilevato che il numero di lavoratori “non impegnati” non è mai sceso sotto il 50%: il che significa che la maggior parte dei lavoratori statunitensi si sente distaccata dal proprio lavoro da decenni.

I restanti dipendenti sono stati classificati come ‘impegnati’ o ‘attivamente non impegnati’. In un post che annunciava i risultati dell’indagine, lo scienziato capo di Gallup Jim Harter ha definito quest’ultimo gruppo come ‘loud quitters‘ ossia ‘il gruppo di persone più decise, quelle che generano milioni di visualizzazioni e commenti nei loro post su TikTok”.

La quota di lavoratori ‘attivamente disimpegnati’ è cresciuta dall’inizio della pandemia, passando dal 13% del 2019 al 18% attuale. Anche il coinvolgimento dei dipendenti è diminuito: il livello di lavoratori ‘impegnati’ è sceso dal 35% del 2019 al 32% di oggi.

Gallup ha riscontrato un calo più marcato nell’impegno dei lavoratori sotto i 35 anni. Il numero di giovani dipendenti che si sentono impegnati sul lavoro è diminuito di sei punti percentuali tra il 2019 e il 2022, mentre il numero di giovani ‘attivamente disimpegnati’ è aumentato di sei punti percentuali nello stesso periodo.

I lavoratori più giovani intervistati nel 2022 raramente riferiscono che qualcuno, a lavoro, abbia contribuito a incoraggiare il loro sviluppo. E rispetto agli altri, è meno frequente che capiscano cosa ci si aspetta da loro.

La pandemia da Covid-19 e la ristrettezza del mercato del lavoro negli Stati Uniti stanno spingendo i lavoratori a prendere in considerazione l’idea di lasciare il loro attuale posto di lavoro. Secondo uno studio McKinsey pubblicato a luglio, circa il 40% dei lavoratori statunitensi sta pensando di cambiare carriera.

I dipendenti, abituati a lavorare da casa negli ultimi due anni di pandemia, resistono agli inviti a tornare in ufficio e chiedono maggiore flessibilità. Il Future Forum, un consorzio di ricerca sostenuto da Slack, ha riferito a luglio che tra i dipendenti d’ufficio solo un lavoratore su cinque desidera tornare nella sede lavorativa.

Non sono solo i dipendenti statunitensi a rivalutare il loro rapporto con il lavoro. In Cina, un movimento chiamato ‘lying flat‘ è diventato virale tra i giovani cinesi: gli utenti dei social media chiedono un migliore equilibrio tra lavoro e vita privata e criticano la pressione a conformarsi alle norme culturali cinesi in materia di carriera, matrimonio e famiglia. La campagna ha attirato persino l’attenzione del Presidente cinese Xi Jinping, che ha invitato l’opinione pubblica a creare un mondo in cui “tutti partecipano, evitando l’involuzione e il lying flat”.

L’articolo originale è su Fortune.com

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