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Lavoro, Semeraro (LHH): “Il talento non deve scendere a compromessi”

semeraro lhh

In un mercato del lavoro iper-competitivo, niente spaventa i ‘talenti’. E alle aziende non resta che capire come accontentarli. Parla Luca Semeraro, amministratore delegato di LHH Recruitment Solutions Sud Europa. La versione originale di questo articolo è disponibile sul numero di Fortune Italia di dicembre 2022 – gennaio 2023.

Inflazione, costo della vita che si alza, crisi energetica: in un mondo del lavoro iper-competitivo, niente di tutto questo spaventa i ‘talenti’, termine con il quale, in maniera più o meno stringente rispetto a tipo di figura professionale o età, si indicano i profili più richiesti
dal nuovo mercato del lavoro.

Se un esperto di cybersecurity riceve (almeno) tre offerte di lavoro al mese anche in un periodo di grandi tensioni macroeconomiche, perché dovrebbe piegarsi alle esigenze di qualsiasi azienda, per quanto grande e importante? “Se un’impresa oggi vuole essere competitiva, deve esserlo innanzitutto nella caccia ai talenti: chi non è in grado di fornire la giusta attrattività sicuramente avrà difficoltà a crescere”, afferma Luca Semeraro, amministratore delegato di LHH Recruitment Solutions Sud Europa. LHH, società del Gruppo Adecco, è un provider di soluzioni HR end-to-end: supporta organizzazioni (tra le quali la maggior parte delle aziende della Fortune Global 500, cioè le prime 500 imprese mondiali per fatturato) e candidati (500mila ogni anno). Il brand LHH Recruitment Solutions, in particolare, è nato dall’unione di Badenoch + Clark e Spring Professional.

I Campioni della crescita

Per capire chi sta vincendo la corsa per i talenti, LHH ha commissionato a Cerved un’indagine sui ‘Campioni della crescita’, ossia le aziende che nel 2021 sono riuscite ad incrementare maggiormente il personale. Tra le 300mila imprese analizzate (per un totale di quasi 9,5 milioni di lavoratori), i Campioni sono 36mila: e non è un caso se, molto spesso, più è giovane l’azienda, meglio si adatta alle nuove esigenze dei lavoratori. La metà di queste imprese è nata dopo il 1995 e il 26,8% dopo il 2010.

I Campioni hanno dimensioni contenute: il 47% fattura tra i 2 e i 10 mln di euro. Il 32,8% sono microimprese, mentre solo il 15,6% e il 4,5%, rispettivamente, sono medie e grandi imprese.

Secondo la ricerca, i Campioni della crescita registrano anche cifre migliori sotto il profilo economico-finanziario. Ma i numeri non spiegano tutto: cosa stanno facendo per ottenere risultati così significativi? Che mosse hanno compiuto negli anni scorsi e come si stanno comportando ora che il contesto macroeconomico è completamente cambiato? Le aziende Campioni hanno tre armi principali: sono quelle “più inclini all’innovazione, con maggiori digital capabilities, con una forte propensione all’export”, spiega Semeraro.

Sono elementi che si sono dimostrati vincenti negli ultimi due anni. “Certo, ciò non vuol dire che questo sarà sufficiente anche in futuro”, sostiene Semeraro riferendosi ai cambiamenti iniziati nel 2022, quando inflazione e crisi energetica hanno rivoluzionato lo scenario in cui queste aziende operano. Ma “l’importanza di queste tre caratteristiche rimane. Così come rimane la costante trasformazione che il mondo del lavoro attraversa”.

 

Non si torna indietro

Nel caos di nuove incognite che le aziende sono obbligate ad affrontare, quella relativa alle aspettative e alle esigenze dei lavoratori non è scomparsa. Non è un caso se nei primi mesi del 2022 il fenomeno delle dimissioni, in Italia, è addirittura aumentato: secondo l’Istat, si sono registrati oltre 1,08 milioni di dimissioni nel primo semestre.

I ‘Campioni’ emersi dalla ricerca sono in buona parte aziende giovani, proprio perché hanno caratteristiche simili a dipendenti altrettanto giovani: “Le nuove generazioni vogliono trovare la loro strada, creare la loro startup”, dice Semeraro. È normale che le aziende nate più recentemente crescano di più rispetto a chi è sul mercato da decenni, spiega il manager, ma resta il fatto che sono state proprio loro a dare “un grande impulso negli ultimi anni”, anche quando il resto del mercato, colpito dalla pandemia, aveva messo un freno alle assunzioni.

Nel mercato del lavoro post-pandemico il ‘coltello dalla parte del manico’ ce l’hanno i talenti (e le aziende che se ne sono accorte crescono di più).

Ma in un contesto stravolto rispetto al 2021, questo potere negoziale esiste ancora? O anche i profili più ricercati devono scendere a compromessi? “Anche in contesti in cui il livello di disoccupazione è ancora più alto di quello italiano, la lotta per il talento è più ardua e dura che mai. No, il talento non deve scendere a compromessi. Quello che è successo in questi 30 mesi ha cambiato profondamente il modo di intendere l’azienda e il lavoro. Ad oggi qualsiasi professionista che sia giovane, anziano, ‘skillato’ o meno, ha un’idea molto chiara di quello che cerca. Cerca flessibilità, cerca work-life balance, cerca un luogo di lavoro in cui la cultura della fiducia sia imperante”.

Se da una parte è vero che i talenti sono in una posizione di forza, è anche vero che in molti settori c’è una forte carenza di questi talenti: quello delle competenze è un problema serio. Ma chi non le possiede, con la formazione può accedere a un numero enorme di opportunità. “Nel mondo ci sono 35 milioni di posti di lavoro vacanti per mancanza di competenze. Per i candidati l’up e il reskilling sono fondamentali”, e senza limiti di età: “L’esperienza è molto ricercata, ma deve andare di pari passo con l’innovazione e con la formazione”, sostiene Semeraro. “Per questo molti si rivolgono a noi: possiamo fornire un servizio di consulenza a 360 gradi ai candidati, ma anche alle aziende, con un assessment sulle skill aziendali presenti o mancanti. Alcuni nostri clienti scelgono, ad esempio, di formare le competenze al proprio interno con Academy e corsi di formazione. È proprio per rispondere al meglio alle esigenze di un mercato così dinamico e sfidante – prosegue Semeraro – che LHH si è recentemente evoluta, dando vita a una realtà capace di supportare aziende e candidati in ogni aspetto e in ogni fase della gestione del talento”.

Non bisogna dimenticare che i talenti vanno non solo attratti, ma anche trattenuti in azienda. “Per questo è necessario creare un clima di fiducia e garantire un’adeguata retribuzione. E attenzione: lo stipendio è diventato un tema ancora più centrale, con l’inflazione alle stelle e la perdita di potere d’acquisto”.

Si cerca un lavoro meglio retribuito e meno rigido, naturalmente: secondo la ricerca di The Adecco Group ‘Global Workforce of the Future’, la flessibilità rimane, dopo la retribuzione, il motivo principale dietro la scelta di cambiare datore di lavoro. “Oggi la gestione dei talenti è una sfida complessa, ma cruciale – conclude Semeraro – i fattori e gli equilibri di cui è necessario tenere conto sono molteplici e in costante trasformazione. È solo ponendosi in un atteggiamento di continuo ascolto, ed essendo proattivamente tese al cambiamento e all’evoluzione, che le aziende potranno vincerla”.

La versione originale di questo articolo è disponibile sul numero di Fortune Italia di dicembre 2022 – gennaio 2023. Ci si può abbonare al magazine di Fortune Italia a questo link: potrete scegliere tra la versione cartacea, quella digitale oppure entrambe. Qui invece si possono acquistare i singoli numeri della rivista in versione digitale.

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