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Volano i profitti di Eni, cresce il dividendo ma in Borsa va male

Claudio Descalzi Ceo Eni

Risultati record per Eni nel 2022, salda negli obiettivi di garantire sicurezza energetica, riduzione delle emissioni di gas serra, valore ai propri business assicurando competitività e remunerando gli azionisti. Nel Capital markets day il gruppo energetico ha aggiornato la strategia al 2026 e l’amministratore delegato Claudio Descalzi, forte dei numeri raggiunti l’anno scorso, ha annunciato l’aumento del dividendo 2023 a 0,94 euro per azione (+7% sul 2022) e un piano di buy back di 2,2 miliardi di euro.

Il titolo ha però chiuso la seduta in Borsa con un tonfo del 5,36%, a 13,35 euro, riportandosi ai minimi da inizio anno. Gli analisti hanno giudicato i risultati inferiori alle attese e avrebbero gradito uno sforzo in più sulla remunerazione degli azionisti. Escludendo preoccupazioni, Descalzi ha spiegato che ci vuole un po’ di tempo per elaborare il piano strategico. Che prevede investimenti per il 2023 di circa 9,5 miliardi e 37 miliardi nell’arco di Piano (+15% rispetto al Piano precedente).

L’utile netto adjusted (depurato delle partite straordinarie) nel 2022 è salito a 13,3 miliardi di euro (+9 miliardi), mentre l’utile operativo adjusted di gruppo a 20,4 miliardi è raddoppiato rispetto al 2021 e “riflette l’eccellente andamento dei settori E&P (esplorazione e produzione), Ggp (Gas e gas naturale liquefatto) e del business R&M (Refining e marketing)”, spiega il colosso energetico. C

he ha registrato un flusso di cassa netto da attività operativa di 17,46 miliardi (+36%), l’indebitamento finanziario netto a 7 miliardi in riduzione di circa 2 miliardi. Risultati “operativi e finanziari eccellenti – rileva il manager – così come la capacità di garantire in tempi rapidi forniture stabili all’Italia e all’Europa” grazie a “una serie di accordi e attività per rimpiazzare in modo definitivo il gas russo entro il 2025, potendo contare sulle nostre solide relazioni con i paesi produttori che ci consentiranno di incrementare i flussi di gas da Algeria, Egitto, Mozambico, Congo e Qatar”.

Descalzi ha spiegato l’importanza di essere partner di questi Paesi, dove si produce e si aiuta la popolazione locale, e non un semplice cliente. L’Eni del 2030 avrà un profilo più green, secondo le indicazioni del manager: “Le nostre attività Upstream non genereranno più emissioni nette; la produzione di idrocarburi sarà composta principalmente da gas; la nostra capacità di biocarburanti supererà i 5 milioni di tonnellate all’anno; quella di energia rinnovabile sarà superiore ai 15 Gw. E i nostri investimenti nella tecnologia più rivoluzionaria legata alla transizione energetica – la fusione a confinamento magnetico – saranno prossimi a concretizzarsi nel primo impianto industriale”.

Nel 2022 è diminuita la produzione di idrocarburi (-4%), mentre Plenitude “ha raggiunto 2,2 Gw di capacità rinnovabile, il doppio dello scorso anno, e con Eni Sustainable Mobility porteranno avanti il piano di azzeramento delle emissioni dei clienti”. Non ci sono ancora certezze sulla quotazione della società focalizzata sull’energia rinnovabile e la gestione dei punti di ricarica per veicoli elettrici.

L’obiettivo primario “è trarre valore”, ha spiegato Descalzi, e quando il mercato lo consentirà ci potrà essere un’Ipo o la scelta di un partner strategico o entrambi. “Dipende anche dall’ammontare del pacchetto azionario dell’investitore strategico” ha aggiunto la presidente di Eni Lucia Calvosa. Intanto, Descalzi, che è alla fine del terzo mandato, interpellato sull’ipotesi di una sua sostituzione ha replicato: “Quello che voglio non conta niente, non sono io che decido. Nessuno è indispensabile, Eni è forte, come una bella macchina se la guida un altro va avanti lo stesso”. E intanto la Lega è tornata alla carica, parlando di “risultato negativo di Eni” e mancanza di elementi positivi nel piano strategico, e invocando “una profonda riflessione di sistema sul ruolo delle grandi aziende energetiche nazionali”.

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