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Per vincere la guerra digitale bisogna puntare sull’indipendenza tecnologica

A un anno esatto dall’inizio del conflitto russo-ucraino, il mondo – da Oriente a Occidente – si interroga sulle scelte e le azioni da intraprendere sul piano strategico, economico, politico. Si delineano nuove geometrie del potere. Nuovi equilibri e relative sfere di influenza. In queste dinamiche, tuttavia, c’è un elemento dirompente: le nuove tecnologie. E proprio la partita della geopolitica tecnologica appare sempre più centrale. Per vincerla – o quantomeno restare in piedi – l’Europa (e l’Italia) deve puntare anche sull’indipendenza in questo settore.

Mentre gli ‘Imperi Digitali’ – Stati Uniti e Cina – avanzano, l’Unione europea rischia di rimanere indietro quando si parla di nuove tecnologie: sia dal punto di vista dello sviluppo dei nuovi strumenti, sia da quello della competitività industriale. La causa, più che nelle scarse competenze (che vanno comunque formate), è da ricercare nel “lento approvvigionamento delle risorse“, come ha spiegato Enrico Prati, docente del Dipartimento di Fisica dell’Università degli Studi di Milano, durante l’evento ‘The race to disruptive technologies: nations as ecosystems of knowledge’ organizzato dal Centro Studi Americani e Fondazione Leonardo-Civiltà delle Macchine in collaborazione con l’Ambasciata degli Stati Uniti in Italia.

“Il punto è che si combatte su un territorio nuovo”, ha detto Prati, che ha tenuto il discorso introduttivo dell’evento. “Le applicazioni dell’intelligenza artificiale, sempre più sofisticate, possono essere impiegate, ed è già accaduto, per influenzare gli orientamenti politici, le opinioni, il consenso. Possono minare la tenuta interna di ciascun sistema. Quindi la sfida al primato tecnologico non si ferma alla mera corsa allo sviluppo di tecnologie migliori. Assume i connotati di una partita molto più ampia, che chiama in causa anche uno scontro etico, valoriale e politico”.

Evento ‘The race to disruptive technologies: nations as ecosystems of knowledge’ organizzato dal Centro Studi Americani e Fondazione Leonardo-Civiltà delle Macchine in collaborazione con l’Ambasciata degli Stati Uniti in Italia

L’Europa è al centro geografico e politico di una vera ‘guerra tecnologica’. E lo dimostrano gli attacchi cyber come quello di pochi giorni fa. Le armi con cui questa guerra si combatte, dall’intelligenza artificiale alla blockchain, possono fare da scudo o schiacciare il nemico.

“La tecnologia si porta dietro tutta una serie di vantaggi. L’apprendimento profondo e la blockchain, e in futuro l’informatica quantistica, possono essere utilizzati per facilitare una comunicazione più rapida e accurata, consentendo ad esempio in via di principio alle nazioni di risolvere i conflitti più rapidamente e con maggiore efficienza”, ha precisato Prati. “Inoltre, le nazioni possono utilizzare queste tecnologie per ottenere una migliore comprensione dei loro partner e avversari, consentendo loro di formulare meglio strategie e negoziare accordi”.

Ma i rischi, dalle questioni etiche alla sicurezza continuano a essere molteplici. E per questo occorre non solo tutelarsi attraverso normative apposite. Bisogna rafforzare le infrastrutture digitali e rendere il comparto tecnologico il più autosufficiente possibile. 

Indipendenza tecnologica: la sfida di cui pochi parlano

Oltre alle sfide normative a cui l’Europa è chiamata a rispondere, in Italia resta centrale il problema dell’indipendenza tecnologica. “Necessaria in tempi destabilizzanti come quelli quelli che ci troviamo a vivere”, ha commentato a Fortune Italia Marco Bellezza, amministratore delegato Infratel Italia.

Nonostante se ne parli meno rispetto all’agroalimentare e all’energia, quello dell’indipendenza tecnologica è e sarà uno dei temi più rilevanti per il futuro. Che avrà risvolti importanti sul fronte degli investimenti industriali, in ricerca e sul fronte del commercio internazionale.

Marco Bellezza, amministratore delegato Infratel Italia

Il Piano nazionale di ripresa e resilienza rappresenta un’occasione importante di rilancio del Paese, in particolare nel settore delle infrastrutture digitali di cui proprio Infratel Italia si occupa come soggetto attuatore per conto del Governo. Il settore Telco, ovvero quello delle telecomunicazioni, negli anni è stato protagonista di una serie di importanti investimenti pubblici.

Oggi la sfida è arrivare a ricostruire una filiera italiana ed europea delle comunicazioni. Nei prossimi anni le telecomunicazioni saranno oggetto di molti investimenti pubblici per oltre 7 mld di euro: occorrerà veicolare queste risorse laddove serve, a vantaggio dell’industria italiana ed europea”, ha sottolineato Bellezza.

Il nostro Paese, ha ricordato l’amministratore delegato di Infratel Italia, è avanti sul piano della infrastrutturazione ma è ancora molto indietro sia sul piano delle competenze digitali, sia in termini di applicazione delle soluzioni digitali. “Portare il nostro tessuto industriale, costituito perlopiù da piccole e medie imprese, a sfruttare la rete per nuove modalità di produzione e di nuovi servizi, è sicuramente quello su cui dobbiamo investire”, ha concluso.

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