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SVB, l’effetto valanga sulle Borse in Europa e il bivio di Fed e Bce

silicon valley bank

Le contromisure alla caduta della Silicon Valley Bank sono state rapide e decise: la Fed, il dipartimento del Tesoro, il FDIC (la Federal deposit insurance corporation, l’ente governativo di vigilanza a protezione dei depositi) hanno agito in poco tempo, garantendo i depositi e aprendo linee di finanziamento di emergenza. Ma la miccia è ancora accesa, abbastanza vicina a Washington e Francoforte: la banca delle startup Made in Usa è caduta anche per le politiche monetarie restrittive della Fed che la Bce ha iniziato a replicare qualche mese fa per combattere l’inflazione. Ora che la paura sta travolgendo gli investitori anche in Europa, la domanda è legittima: la crisi di una singola banca sarà in grado di invertire la politica monetaria occidentale?

SVB, gli effetti in Europa

“Il fallimento della Silicon Valley Bank ha fatto irruzione nei mercati globali. La SVB ha provato a collocare i suoi bond per ricapitalizzarsi o addirittura a vendere le sue azioni, ma senza successo. Nonostante i regolatori statunitensi abbiamo dichiarato domenica che i depositanti SVB sarebbero stati completamente rimborsati e abbiano svelato misure di finanziamento di emergenza nel tentativo di contenere le ricadute, i titoli bancari sono scesi pesantemente lunedì 13, e il fallimento ha causato vendite ‘a valanga’ dei titoli finanziari sui mercati”, spiega Annacarla Dellepiane, Head of Sales Italy di HANetf.

Il piano Usa per Svb: tutti i depositi saranno pagati

Come a Francoforte, dove l’Eurogruppo studia il dossier Silicon Valley Bank, anche in Italia le istituzioni sono attente alla vicenda. “Il ministro dell’Economia e delle finanze, Giancarlo Giorgetti, segue con attenzione gli sviluppi delle vicende legate alla Silicon Valley Bank e alle decisioni prese dalle autorità monetarie americane”, si legge in una nota del Mef. Secondo il ministero “il sistema bancario italiano ed europeo è regolarmente monitorato dalle autorità di vigilanza e supervisione assicurandone così la stabilità”.

Ma le conseguenze, nel nostro continente, si sono fatte sentire sulle borse e sui titoli delle banche, anche se gli analisti sembrano concordi nell’indicare le banche nostrane come non a rischio. La Borsa di Milano è in calo (-3,7%) a metà giornata, non lontana dai minimi dell’apertura. Sui listini i titoli peggiori sono quelli degli istituti finanziari da Unicredit a Banco Bpm a Bper, le perdite vanno dal 7 al 9%. Cali anche per gli altri listini europei. Francoforte perde il 2,9%, Parigi il 2%, Londra l’1,7%.

“L’indice bancario europeo Stoxx è sceso del 5,7%”, ricorda Dellepiane, “portando il calo dalla metà della scorsa settimana a poco più dell’11%, con tutti i 22 titoli dell’indice in territorio negativo. Diversi istituti di credito hanno subito cali a due cifre solo lunedì, tra cui l’austriaco Bawag Group e la tedesca Commerzbank. Il Banco Sabadell spagnolo è sceso di oltre il 9%”. Gli investitori, insomma, temono che anche gli istituti nostrani possano ritrovarsi a imitare la Silicon Valley bank vendendo titoli di Stato che, con l’aumento dei tassi d’interesse degli ultimi mesi, hanno perso valore.

La conseguenza più eclatante (dopo la chiusura dell’istituto di riferimento del mondo crypto, Signature Bank) è stata quella che si è verificata in Uk: il ramo britannico della Silicon Valley Bank è stato acquistato da HSBC (con il coinvolgimento di governo e Banca d’Inghilterra) per la cifra simbolica di £1.

Intanto l’altro effetto della crisi della Silicon Valley Bank si è avuto sui titoli di Stato. Si è allargato lo spread tra i Btp e i Bund (per l’apprezzamento dei decennali tedeschi). Ma i prezzi salgono un per tutti i titoli di Stato (gli investitori li preferiscono in quanto beni sicuri), facendo scendere i rendimenti, in particolare dei titoli a breve termine. La scommessa degli investitori è l’inversione di marcia da parte delle banche centrali, innanzitutto da parte della Fed: sperano quindi che venga rinviato un nuovo rialzo dei tassi.

Secondo Antonio Cesarano, Chief Global Strategist di Intermonte, la scommessa dei mercati è effettivamente questa.

Ma l’esito di questa scommessa, soprattutto in Europa, non è scontato: c’è un’inflazione ancora troppo alta per pensare a cuor leggero di invertire la rotta e rinviare l’aumento dei tassi o interrompere il quantitative tightening.

Mercati pronti a forzare la mano

“I mercati probabilmente tenderanno a forzare la mano alle banche centrali, Fed in testa, affinché fermino le manovre restrittive e le invertano presto, generando un marcato steepening in contesto di calo dei tassi più pronunciato sul segmento a breve termine”, dice Cesarano.

Nel frattempo, però, rimane in essere il tema inflazione soprattutto per l’area Euro che costringe la BCE ancora a manovre restrittive con il QT appena iniziato a marzo. La Fed, pertanto, in prospettiva potrebbe essere la prima banca centrale a fermare la sua politica restrittiva, prendendo atto che andare oltre comporta eccessivi rischi di stabilità finanziaria come dimostrato dal caso SVB”. La BCE potrebbe “seguire in ritardo le decisioni Fed”, dice Cesarano: perché è “partita in ritardo con le manovre restrittive” e perché è “alle prese con l’inflazione core che potrebbe necessitare ancora di qualche mese prima di dare segnali di calo”.

Secondo Dellapiane “la situazione SVB ricorda che gli aumenti della Fed stanno avendo un effetto concreto, anche se l’economia finora ha retto e potrebbero esserci fallimenti analoghi nel mondo bancario, almeno fra i piccoli istituti. Rispetto alla crisi finanziaria del 2008 analoghe sono la rapidità con cui la crisi è precipitata e la fulminea decisione di chiudere tutto senza appello. Ma le somiglianze finiscono qui: stiamo parlando di una piccola banca regionale, certo al centro di un sistema cruciale quale l’hi-tech, però sempre di dimensioni limitate”.

Al di là delle scommesse dei mercati, il caso Svb rimane a testimoniare le possibili conseguenze di una politica monetaria restrittiva. Il caso SVB “può essere interpretato più genericamente come uno dei possibili effetti collaterali di un eccesso di politica monetaria resosi necessario per sedare la forte inflazione”. In altre parole, un effetto collaterale della restrizione monetaria made in Usa.

Ora sarà decisivo il secondo trimestre: una “terra di mezzo preparatoria”, dice l’analista di Intermonte “prima dello stop delle politiche monetarie restrittive, prima della Fed e poi della Bce”.

Signature Bank chiude travolta dal crollo di Silicon Valley Bank e cripto

Secondo Carlo Benetti, Market Specialist di GAM (Italia) SGR, “la Silicon Valley Bank si è trovata al crocevia di tre diverse alterazioni di stato: le svalutazioni del portafoglio obbligazionario che ha innestato la corsa agli sportelli, le difficoltà delle aziende tecnologiche, le criptovalute. I mercati hanno reagito al dato sul lavoro e alla vicenda della banca californiana con vistosi cali, gli operatori hanno rivalutato l’intensità della stretta monetaria, le difficoltà del sistema bancario potrebbero incrinare la determinazione della Fed, intrappolata tra due obiettivi divergenti, la tutela della stabilità finanziaria e la lotta all’inflazione. Per gli investitori le dinamiche dei tassi restano la bussola delle scelte allocative, se non scenderanno l’attrazione relativa delle attività rischiose resterà indietro rispetto alle obbligazioni. Le carte sul tavolo sono scompaginate, al netto della vicenda SVB restano cruciali l’andamento del mercato del lavoro e dell’inflazione, sulla quale le previsioni sono sempre azzardate”.

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