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Piccole e medie imprese sui mercati internazionali. L’analisi di Carlo Russo (Affariesteri.it) | VIDEO

Carlo Russo Affariesteri.it

In questa fase di ripresa economica le piccole e medie imprese italiane puntano sulla competitività, soprattutto quelle impegnate sui mercati esteri. L’export ha raggiunto la quota di 600 mld nel 2022, secondo i dati Istat. Questo nonostante la complessa situazione geopolitica internazionale. Le Pmi hanno quindi dimostrato di possedere forti potenzialità, ma anche grandi margini di miglioramento. È il parere di Carlo Russo, fondatore di Affariesteri.it, che subito chiarisce: “Parlando di Pmi non ci si può improvvisare, servono competenze specifiche all’interno dell’azienda, soprattutto nel Consiglio di amministrazione è importante che ci sia l’esperto di internazionalizzazione per definire le strategie”. In tema di competitività, poi, l’esperto ci avverte: “Andiamo incontro a un periodo non roseo, in Italia e in Europa rischiamo di pagare l’energia e il gas molto più rispetto a Cina, India e Usa, quindi il nostro Continente, in particolare il nostro Paese, non ha prospettive premianti”.

C’è però chi vede nella crisi attuale una grande opportunità. Grazie ad esempio al Piano nazionale di ripresa e resilienza. Nell’analisi del Ceo di Affariesteri.it “per fare un paragone chiaro, il piano Marshall del dopoguerra varrebbe oggi circa 80 mld, mentre l’ammontare complessivo dei fondi Pnrr è di oltre 200 mld”. E Russo mette in guardia: “Entro il 2026 dovremo però aver ultimato le opere, perché altrimenti ci sarà da restituire i soldi all’Europa”.

Le imprese hanno fatto “i compiti a casa che Bruxelles ha assegnato” sottolinea l’esperto. Bisognava pubblicare gare e questo è stato fatto con successo, ma “ora viene il difficile: ci sono da aprire i cantieri”. Un esempio concreto che Russo ci porta è quello della rete ferroviaria Napoli – Bari, di cui sono state già pubblicate le gare, in parte anche assegnate, adesso c’è da realizzare l’opera, tenendo anche conto dei vincoli ambientali e delle autorizzazioni. Russo è positivo: “Vedo che il Governo sta andando nella giusta direzione, è in uscita il decreto attuativo che appunto riguarderà queste infrastrutture strategiche” per consentire di realizzarle entro la scadenza del dicembre 2026.

Tornando all’internazionalizzazione e alla possibilità di operare concretamente anche all’estero, Russo ricorda che “esistono moltissime leve finanziarie, a cominciare dalla Banca mondiale, la Bei, Sace, che permettono di operare in Paesi così detti ‘a rischio’, che poi di fatto sono quelli che hanno più bisogno di interventi. Penso ai Paesi dell’Africa, dove c’è tanto da fare, e ai nostri vicini nei Balcani, dall’Albania alla Romania, che hanno ad esempio un sistema elettrico disastroso: il 60% dell’energia viene disperso nella rete, perché non è efficientata, e nelle case arriva solo il 40% di quello che la centrale produce. Lì ci sarebbe tanto da investire, con le giuste rassicurazioni economico finanziarie, appunto, ma come dicevamo gli strumenti ci sono ed è importante conoscerli”.

Si parla tanto di internazionalizzazione, ma spesso non se ne conoscono la storia e i confini. “Molti imprenditori raccontano che 40 anni fa sono partiti con la ventiquattrore per presentare i loro prodotti in giro per il mondo, quando non era così semplice viaggiare, prendere un aereo. Era qualcosa che andava bene in quegli anni”. Oggi però il mondo è diverso, e la cosa fondamentale, per Russo è “la conoscenza, non solo relativa al Paese che si intende affrontare, ma profonda, intima dell’azienda e del prodotto. Penso ad esempio al settore dell’energia: in Arabia Saudita utilizzano le reti di alimentazione a 60 kW e noi a 50 kW. Conoscere il proprio prodotto consente, all’occorrenza, di sapere come adattarlo alle esigenze del particolare mercato di sbocco”.

Per acquisire nuovi clienti e commesse all’estero, poi, ci vogliono delle strategie specifiche, complessive. “La nostra colonna vertebrale industriale è composta da piccole imprese, con le spalle più piccole, per le quali ci vuole la giusta mentalità per affrontare i mercati esteri”, sottolinea Russo, per il quale “è finito anche il tempo del mordi e fuggi. Ricordo quello che è successo venticinque anni fa nei Paesi del Golfo che si sono scoperti ricchi, perché pieni di petrolio, e allora in tanti – anche italiani – hanno colto l’attimo, ma poi hanno lasciato lì pure lavori non terminati, forniture arrivate guaste, è successo di tutto in quegli anni. Oggi però i Paesi che aprono le loro porte cercano dei partner, chiedono anche trasferimento tecnologico per lo sviluppo locale, proprio perché l’obiettivo non è più la fornitura spot, c’è bisogno di fiducia, di solidità, di far capire che si ha voglia e intenzione di stare in quel Paese, non solo di vendere e andar via”.

E poi c’è una nuova, importante, ‘killer application’: la sostenibilità. “È imprescindibile, conta tantissimo anche per le Pmi, che non sono legalmente obbligate a redigere un bilancio di sostenibilità, ma se sono fornitori di multinazionali sono tenute a rispettare certe dinamiche, perché rientrano in una filiera che deve essere certificata e tracciata”.

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