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Padroni, non sudditi delle macchine

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L’innovazione tecnologica sta cambiando il nostro vivere quotidiano a una velocità che non sempre siamo capaci di assorbire con ordine. Da decenni, nel silenzio dei laboratori di ricerca, scienziati-geni si sono occupati di macchina analitica, sistemi esperti, cibernetica, informatica.

Sono i progenitori dell’intelligenza artificiale d’oggi, che assieme alla robotica giocheranno un ruolo sempre più centrale e ci sfideranno a confrontarci con una serie di dilemmi morali. Perché, inutile nasconderlo, la nostra paura è l’estremizzazione dell’evoluzione dell’AI.
Quella situazione in cui le macchine diventano così intelligenti da superare l’essere umano in ogni capacità cognitiva, compreso il pensiero creativo, l’empatia e la comprensione delle emozioni.

Questa eventualità è chiamata ‘singolarità tecnologica’ e, se dovesse verificarsi, potrebbe rappresentare una minaccia per l’umanità. Sì, è vero, è un evento ipotetico ritenuto improbabile da fior di scienziati come quelli intervistati dai giornalisti di Fortune Italia. Giorgio Metta, direttore dell’Istituto Italiano di Tecnologia di Genova e Giorgio Ventre, direttore scientifico della Apple Developer Academy di Napoli, ci spiegano che gli esseri umani hanno il controllo finale sulle macchine e sull’intelligenza artificiale.

Le macchine non hanno la capacità di prendere decisioni etiche o morali, cosa che gli esseri umani (non sempre purtroppo) possono fare. Tuttavia, il rischio latente che possano diventare ‘autonome’ in modo errato o malevolo c’è. Pertanto è importante che gli esseri umani continuino a mantenere il controllo e la supervisione delle macchine e dell’intelligenza artificiale, e che vengano sviluppati sistemi di regolamentazione adeguati per garantire che le macchine siano utilizzate in modo responsabile e sicuro.

Ci sono anche preoccupazioni riguardo all’uso malintenzionato dell’intelligenza artificiale, ad esempio l’utilizzo delle macchine per la sorveglianza di massa o per la creazione di armi autonome. Tuttavia, con la regolamentazione adeguata e la responsabilità sociale, questi rischi possono essere mitigati o evitati.

In questo numero abbiamo provato a capire prospettive e direzione di sviluppo di questo nuovo modello di organizzazione della società. La nostra non è un’attenzione spot. Ce ne siamo già occupati in passato, ce ne occuperemo ancora. Continueremo ad analizzare e raccontare il ruolo dell’uomo nella società robotizzata, nella progettazione, nella manutenzione e nella supervisione dei sistemi di intelligenza artificiale.

Una tecnologia invasiva che ha preso il centro della scena e sta modificando le nostre abitudini quotidiane perché è anche diventata insostituibile per la vita umana. Ecco perché, per evitare la cosiddetta ‘singolarità tecnologica’, occorre pensare in termini di ‘umanesimo tecnologico’. Porre, come abbiamo sempre fatto nei passaggi più importanti della storia dell’umanità, l’essere umano al centro, non in opposizione, in questo caso, alla tecnologia. Anzi, usando quest’ultima in vista di un miglior servizio all’umanità. La tecnologia, in fondo, altro non è che l’ennesima dimostrazione delle sconfinate capacità dell’uomo di evolversi.

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