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Culle vuote, Papa Francesco e Giorgia Meloni: fare figli e tutelare la famiglia per un futuro di speranza

Restituire al Paese la speranza di un futuro migliore. La svolta non è solo nel rilancio dell’economia, nella vittoria sull’inflazione, nella fine della paura e il ritorno dei consumi. La vittoria consiste nel superare l’”inverno demografico”, la sindrome delle “culle vuote” che stiamo vivendo. Occorrono ricette non solo economiche ma “politiche della famiglia lungimiranti” che aiutino battere la “sensazione di precarietà” che affligge le nuove generazioni.

Per alimentare la speranza in un avvenire migliore, la sfida da vincere è quella della natalità. È in gioco il futuro dell’Italia e dell’Europa. Di questo si discute all’Auditorium della Conciliazione, alla terza edizione degli Stati Generali della Natalità. Sul palco, uno accanto all’altro, ci sono il Pontefice e la premier Giorgia Meloni, anche lei vestita di bianco. A tenere il filo degli interventi Gigi De Palo, presidente della Fondazione per la Natalità, anima e cuore degli Stati Generali. È la premier Meloni a prendere per prima la parola. È lei che prova a spiegare subito la indispensabilità di “parlare di natalità, maternità, famiglia”. Perchè, dice Meloni “è sempre più difficile, sembra un atto rivoluzionario”.  “Vogliamo affrontare questa sfida con gli occhi della realtà, non vogliamo infilare la camicia di forza dell’ideologia” racconta la premier. “Papa Francesco fra le tante parole bellissime che ci ha consegnato, chi ha detto che la famiglia è la storia da cui proveniamo – ha aggiunto -, una storia intessuta di legami che hanno formato assai più dei beni materiali. Se tutti noi proveniamo da un legame, anche se talvolta imperfetto, reciso, è importante che questo legame si trasmetta, che il fluire delle generazioni non si interrompa che le comunità sappiano essere solidali e vitali”

Figli e genitori in cima all’agenda del governo 

“Fin dal primo giorno il governo ha messo figli e genitori in cima all’agenda politica, ha fatto della natalità e della famiglia la priorità assoluta della nostra azione, perché vogliamo che l’Italia torni ad avere un futuro, a sperare e credere in un futuro migliore rispetto questo presente incerto. Al coraggio delle idee – ha spiegato la premier – deve corrispondere quello delle azioni: ci troviamo a governare la nazione in questo tempo complesso e quello che avevamo detto prima di arrivare al governo è quello che cerchiamo di realizzare. La democrazia si sostanzia nel vincolo fra gli impegni che assumi e agli atti che porti avanti”. 

Basta obbligare le donne a scegliere fra figli-lavoro 

“Se le donne non avranno la possibilità di realizzare il desiderio di maternità senza rinunciare a quello professionale non è che non avranno pari opportunità, non avranno libertà” ha detto la Meloni, tra gli applausi. 

 “Abbiamo intitolato alla natalità un ministero, lo abbiamo collegato a famiglia e pari opportunità, non è una scelta di forma ma di sostanza. È la sintesi del programma di un governo che vuole affrontare le grandi crisi, fra cui è innegabile quella demografica. Perché i figli sono la prima pietra della costruzione di qualsiasi futuro” spiega la Meloni.

Meloni: siamo nati da uomo e donna, non è scandalo dirlo

“Vogliamo restituire agli italiani una Nazione nella quale essere padri non sia fuori moda ed essere madri non sia una scelta privata, ma un valore socialmente riconosciuto. Una Nazione nella quale tutti, uomini e donne, riscoprano la bellezza di diventare genitori, di accogliere, custodire e nutrire un figlio. Una Nazione nella quale fare un figlio è una cosa bellissima che non ti toglie niente, che non ti impedisce di fare niente e che ti dà tantissimo” ha detto Giorgia Meloni. “Per decenni – ha aggiunto ancora – la cultura dominante ci ha detto il contrario. Vogliamo che non sia più scandaloso dire che siamo tutti nati da un uomo e una donna, che non sia un tabù dire che la natalità non è in vendita, che l’utero non si affitta e i figli non sono prodotti da banco che puoi scegliere e poi magari restituire”. “Vogliamo un”Italia – ha evidenziato – nella quale le persone abbiano voglia di fare, che mettano da parte quel sentimento di malinconia: la storia del popolo italiano non è una storia di malinconia ma di grandi imprese, di risultati che hanno stupito il mondo. Quella è l’Italia che vogliamo tornare a vedere e vivere: una nazione nella quale essere padri non sia fuori moda ma un valore socialmente riconosciuto e tutti riscoprano la bellezza di essere genitori”. 

La sfida della natalità non deve essere ideologica

“Vogliamo affrontare questa sfida con gli occhi della realtà, non vogliamo infilare la camicia di forza dell’ideologia” ha raccontato la presidente del Consiglio. “Papa Francesco fra le tante parole bellissime che ci ha consegnato, chi ha detto che la famiglia è la storia da cui proveniamo – ha aggiunto -, una storia intessuta di legami che hanno formato assai più dei beni materiali. Se tutti noi proveniamo da un legame, anche se talvolta imperfetto, reciso, è importante che questo legame si trasmetta, che il fluire delle generazioni non si interrompa che le comunità sappiano essere solidali e vitali”. Giorgia Meloni termina così, tra gli applausi dell’intro Auditorium, il suo intervento di poco più di 15 minuti. Anche il Pontefice si alza in piedi per stringere la mano alla premier, prima di iniziare il suo intervento. Un discorso in cui Papa Francesco ribadisce che la nascita dei figli “è l’indicatore principale per misurare la speranza di un popolo”. Così “se ne nascono pochi vuol dire che c’è poca speranza”. Oggi infatti “mettere al mondo dei figli viene percepito come un’impresa a carico delle famiglie”. E questo, purtroppo, “condiziona la mentalità delle giovani generazioni, che crescono nell’incertezza, se non nella disillusione e nella paura”. Vivono “un clima sociale in cui metter su famiglia si sta trasformando in uno sforzo titanico, anziché essere un valore condiviso che tutti riconoscono e sostengono”. Con la conseguenza che “solo i più ricchi possono permettersi, grazie alle loro risorse, maggiore libertà nello scegliere che forma dare alle proprie vite”. E questo “è ingiusto, oltre che umiliante”.

Stop alla cultura nemica della familia 

Per Francesco “forse mai come in questo tempo, tra guerre, pandemie, spostamenti di massa e crisi climatiche, il futuro pare incerto”. E in questo contesto di incertezza e fragilità le giovani generazioni “sperimentano più di tutti una sensazione di precarietà”, con “difficoltà a trovare un lavoro stabile, difficoltà a mantenerlo, case dal costo proibitivo, affitti alle stelle e salari insufficienti”. Problemi che “interpellano la politica, perché è sotto gli occhi di tutti che il mercato libero, senza gli indispensabili correttivi, diventa selvaggio e produce situazioni e disuguaglianze sempre più gravi”. Senza contare il contesto in cui ci troviamo con “una cultura poco amica, se non nemica, della famiglia, centrata com’è sui bisogni del singolo, dove si reclamano continui diritti individuali e non si parla dei diritti della famiglia”. In particolare il Papa denuncia “condizionamenti quasi insormontabili per le donne” che sono “le più danneggiate”, spesso costrette “al bivio tra carriera e maternità”, oppure “schiacciate dal peso della cura per le proprie famiglie, soprattutto in presenza di anziani fragili e persone non autonome”.

Di qui la richiesta di Papa Francesco di adottare “politiche lungimiranti”, in modo da “predisporre un terreno fertile per far fiorire una nuova primavera e lasciarci alle spalle questo inverno demografico”. Con l’avvertenza che “è necessario affrontare il problema insieme, senza steccati ideologici e prese di posizione preconcette”. L’obiettivo è “cambiare mentalità”, far capire che la famiglia “non è parte del problema, ma della sua soluzione”.

Alimentare la speranza in un futuro migliore 

Ma per fare questo è necessario alimentare la speranza. Perché “la sfida della natalità è questione di speranza”. Alimentare la speranza, sottolinea il Papa, è “un’azione sociale, intellettuale, artistica, politica nel senso più alto della parola”, è “mettere le proprie capacità e risorse al servizio del bene comune”, è “seminare futuro”.

“Mi piace pensare agli Stati generali della Natalità – è l’auspicio di Francesco – come a un cantiere di speranza”. Un cantiere “dove non si lavora su commissione, perché qualcuno paga, ma dove si lavora tutti insieme proprio perché tutti vogliono sperare”. Di qui l’augurio che questa terza edizione sia l’occasione per “allargare il cantiere”, per creare “una grande alleanza di speranza” che veda il mondo della politica, delle imprese, delle banche, dello sport, dello spettacolo, del giornalismo “riuniti per ragionare su come passare dall’inverno alla primavera demografica”.

“Non rassegniamoci al grigiore e al pessimismo sterile. – esorta il Papa – Non crediamo che la storia sia già segnata, che non si possa fare nulla per invertire la tendenza. Perché – permettetemi di dirlo nel linguaggio che prediligo, quello della Bibbia – è proprio nei deserti più aridi che Dio apre strade nuove (cfr Is 43,19). Cerchiamo insieme queste strade!”.

Alla fine dell’intervento di Papa Francesco, assieme alla presidente del Consiglio, ricevomo in dono dagli organizzatori due piante bonsai. Assieme, entrambi di bianco vestiti, posano sul palco per una foto ricordo con i bambini di una terza elementare della scuola privata di Roma, Villa Flaminia. Assieme lasciano l’Auditorium.

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