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Sgarbi culturali: Elisabetta, la ‘nocchiera’ della nave di Teseo

Elisabetta Sgarbi, eclettica direttrice editoriale, è una delle personalità più autorevoli e vulcaniche del panorama culturale italiano. Regista, scrittrice, organizzatrice di eventi culturali, Elisabetta (nella foto in evidenza, di Simona Chioccia) custodisce con cura la sua vita privata e familiare. Al pari del fratello Vittorio, al quale la accomuna una grande passione per la cultura, contribuisce in modo significativo alla promozione internazionale e alla diffusione della cultura italiana, diventando un punto di riferimento per appassionati e addetti ai lavori.

Parliamo innanzi tutto de ‘La Milanesiana’. Ventitré città italiane in 7 regioni, oltre 60 incontri ed eventi e più di 200 ospiti italiani e internazionali provenienti da diverse discipline: sono solo alcuni dei numeri incredibili della Milanesiana 2023. Un’edizione che si preannuncia straordinaria e che la conferma come il più grande festival itinerante europeo che promuove il dialogo tra le arti.

Com’è nata l’idea della Milanesiana?

È nata – al di là dei casi contingenti – per il mio desiderio di creare un luogo di dialogo tra le Arti, che ora si chiama ‘multidisciplinarietà’, una volta si chiamava ideale umanistico, o Rinascimento. Un’idea non settoriale, non universitaria ma libera in cui si parlassero mondi diversi. E poi è nata l’idea del Viaggio in Italia: portare la Milanesiana fuori da Milano, per permettere a noi di scoprire realtà diverse, nella bellissima e ricchissima provincia italiana che per me è uguale al centro. Far cadere anche qui l’idea che esista un centro e una provincia, ma rendere tutta l’Italia un centro assoluto di produzione culturale.

Cosa ha inteso dire scegliendo ‘Ritorni’ come tema di quest’anno? Come verrà declinato nelle varie arti che la Milanesiana tocca?

È un tema suggeritomi dallo scrittore nigeriano Ben Okri, vincitore del Booker Prize, uno dei grandi scrittori del nostro tempo, che è anche pittore, drammaturgo, poeta. Ritorni è un tema mondo: riguarda la Storia (un libro di Umberto Eco sui corsi e ricorsi storici si intitola “A passo di Gambero”); la Letteratura (dall’Odissea in poi); i grandi fenomeni migratori. Ma anche la scienza: pensi al grande tema del ritorno a un rapporto con la natura e l’ambiente.

Leggendo la sua biografia troviamo decisioni forti, anche di rottura, come l’uscita dalla Bompiani, nel 2015, dopo la cessione della casa editrice alla  Mondadori di Berlusconi per fondare ‘La nave di Teseo’. È stata una decisione impulsiva di un’orgogliosa Sgarbi, una scelta ragionata  o un anelito di libertà?

Non si buttano all’aria tanti anni dentro una casa editrice, condotti con grande passione, senza un ragionamento serio. Ma a un certo punto, per quanti ragionamenti si facciano, serve un salto, un atto di coraggio e fede. Per imparare a nuotare bisogna pur affrontare l’acqua.

Qual è la soddisfazione più grande che le ha dato ‘La nave di Teseo’ ?

La fiducia che grandi scrittori, a partire da Umberto Eco, mi/ci hanno dato. Questo è stato qualcosa di cui sarò sempre grata a ciascuno degli scrittori che sono saliti sulla Nave.

Parliamo di numeri. Come va la ‘sua’ casa editrice? E la Milanesiana? Quale è l’indotto di una così importante manifestazione?

In sei anni ha raggiunto una quota di mercato dell’1,6%. Un numero molto importante, almeno per gli addetti ai lavori. La Milanesiana costa circa 900.000 euro per due mesi di attività. Sono soldi che vengono trovati da sponsor privati e enti pubblici e reimmessi per intero nel circuito culturale, cioè tutti gli operatori del mondo della cultura: tecnici, teatri, artisti, traduttori, collaboratori.

Chi sono stati i compagni di viaggio più importanti e determinanti nella sua vita professionale?

Cito una persona che per me è stata determinante nel passaggio dalla mia professione di farmacista a cui ero destinata, a quella di editore: Gian Antonio Cibotto. E poi ovviamente Mario Andreose che mi ha cresciuta alla Bompiani e ancora mi accompagna alla Nave, di cui è Presidente.

Come immagina il futuro dell’editoria?

Come è nata. Festina Lente era il motto di Manuzio. Ebbene saremo veloci a sufficienza per leggere i cambiamenti, ma conserveremo il nostro tempo, quello dei libri e della lettura, e del tempo necessario che a uno scrittore va concesso per affermarsi.

Nel 2009 ha creato la ‘Fondazione Elisabetta Sgarbi’: fondazione culturale italiana con sede in provincia di Ferrara e attiva a livello nazionale. Con quali finalità? Qual è l’obiettivo raggiunto dalla sua Fondazione che più la inorgoglisce?

Nasce nel lontano 2008 per la promozione del Cinema e della Letteratura e delle Arti in generale. Come molte cose che faccio, nasce da un’intuizione un po’ irragionevole. Ora la mia fondazione è uno strumento del mondo culturale: ho aiutato Sokurov a completare il montaggio dei cinegiornali russi della battaglia di Leningrado; in questa guerra con l’Ucraina ho acquistato per la scuola di Sokurov degli esposimetri professionali per l’attività didattica. Tanto per dire due cose, e poi ovviamente la Milanesiana, il Festival Linus.

Sgarbi è ormai un ‘brand’ di successo rappresentato da due persone all’apparenza così diverse ma accomunate da una grande passione per la ‘cultura’, in tutte le sue forme … cosa è per lei la cultura?

Oltre alla definizione più formale, semiotica, inaggirabile dopo l’antropologia culturale, cioè la cultura come sistema di valori in una certa comunità, penso si possa anche mantenere una idea più classica: la cultura è ciò che ci fa uscire da uno stato di ignoranza, magari anche provvisoriamente. Ma questo slancio al futuro, questa idea di dare un po’ di luce al buio in cui siamo immersi,  la manterrei.

Oggi si parla tanto di formazione. In viaggio a ritroso nella sua infanzia, come si insegna a essere uno ‘Sgarbi’? Quali sono gli ingredienti: passione, curiosità, dedizione? Qual è stato il ruolo della famiglia?

Una certa educazione alla follia, ma anche tanto rigore e molta severità. A casa mia se sbagliavi, anche una citazione, erano impietosi.

Un tempo la ‘tecnica’ era un mezzo, oggi è il nostro mondo. L’economia domina e il calcolo annichilisce l’emotività delle persone. Come si fa a insegnare ai giovani il gusto del bello e a invitarli a esprimere la loro creatività? A insegnare loro l’amore per la lettura?

Agli studenti vanno fatte delle proposte, devono sapere da dove veniamo, qual è la nostra storia. Siamo stracolmi di bellezza, ovunque e in ogni tempo. Poi dipende da loro. Noi abbiamo il compito di trasmettere la storia. Loro avranno la libertà di accoglierla o rifiutarla. Ma sono discorsi molto semplificati.

Si parla tantissimo oggi di ChatGpt ma esistono anche software per la produzione d’immagini basati sull’intelligenza artificiale “in grado di generare arte da un semplice testo”.  La nostra società ha ancora bisogno dell’uomo per esprimere la propria creatività? Lei come si pone rispetto a testi, musica e immagini create dall’intelligenza artificiale?

Spero di sì. Però non considero l’intelligenza artificiale un’alternativa all’essere umano. Alla Milanesiana dedicheremo proprio a questo tema un’ampia sezione al Volvo studio.

In generale qual è il suo rapporto con l’arte?

Di grande passione e curiosità. Sono cresciuta con un fratello che è stato una scuola molto importante.

Essere italiani è (ancora) un valore aggiunto nel mondo dell’arte e della cultura?

L’intelligenza non ha sesso, diceva Maria Corti, e non ha neppure un’appartenenza territoriale.

 

 

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