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Cultura e rigenerazione, la lezione di Palazzo Fuga

A Napoli decolla il cantiere del Real Albergo dei Poveri. La conclusione dei lavori con i collaudi è fissata entro il 31 dicembre 2026

Cultura e rigenerazione urbana, è decollata la valorizzazione del Real Albergo dei Poveri di Napoli. Entro fine 2022 sono state aggiudicate tutte le gare corrispondenti al 100% delle risorse destinate ai lavori, entro il 30 giugno 2023 saranno pubblicati i bandi di gara per l’appalto di servizi, forniture e arredi ed entro fine anno saranno tutti aggiudicati. Per la primavera del prossimo anno partiranno i cantieri e la conclusione dei lavori, con i collaudi, è fissata entro il 31 dicembre 2026. Si corre perché in gioco c’è uno stanziamento di 100 mln di euro previsti sul Piano nazionale per gli investimenti complementari (Pnc) al Pnrr, a cui si sono aggiunti 15 mln previsti per l’incremento dei costi delle materie prime. In aggiunta il ministero della Cultura ha stanziato altri 33 mln.

Palazzo Fuga sarà un grande polo culturale, accoglierà la succursale del Mann, una biblioteca moderna, una scuola di specializzazione dell’Università Federico II ed eventi di carattere culturale internazionale. Il ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano si è speso personalmente in questi mesi per la realizzazione di questo polo, studiato come uno spazio di vita culturale ispirato alla grande Biblioteca nazionale di Parigi, da sempre legata a Napoli per storia e scambio culturale.

Quello del Real Albergo dei Poveri sarà un cantiere partecipato. “Abbiamo in programma la riapertura periodica dell’edificio dopo l’apertura a dicembre scorso, a partire da maggio-giugno 2023. A breve verrà riaperta la manifestazione di interesse per idee e per gruppi che vogliano essere parte del programma di iniziative che metteremo in piedi nei prossimi mesi”, il commento del vicesindaco e assessore all’urbanistica di Napoli Laura Lieto.

“Palazzo Fuga – racconta – offre una rappresentazione significativa della nostra politica urbanistica, specie dal punto di vista del metodo adottato per questo progetto, un metodo aperto e inclusivo, di ascolto e coinvolgimento di istituzioni e comunità, la cui efficacia si affida alla capacità dell’amministrazione di tenere insieme obiettivi e scale di riferimento diverse, che vanno dal circuito globale delle grandi istituzioni culturali alla scala delle comunità territoriali più prossime”.

Il programma di rigenerazione è aperto a soggetti privati sulla base di una regia pubblica. “Al momento siamo concentrati sul progetto di recupero-base della fabbrica, che è stato studiato in maniera sufficientemente flessibile da ospitare diverse possibili funzioni in futuro. Tra le diverse attività legate alla presenza di istituzioni pubbliche (biblioteca, università, museo), serviranno risorse private – anticipa l’assessore – per spazi e funzioni legati al cibo e alla ristorazione, ma anche per ambiti di tipo ricettivo”.

Il Real Albergo dei Poveri di Napoli è un monumento unico per impianto architettonico, estensione e articolazione volumetrica, caratterizzato da ambienti di grandi dimensioni, manomesso e trasformato nella sua storia d’uso, nonché interessato da crolli di vaste proporzioni e diffuso degrado per le parti in cui ancora non si è intervenuto. Un programma più che un progetto, teso a rendere nuovamente fruibile la più grande ‘infrastruttura sociale storica’ del Regno delle Due Sicilie e poi del Regno d’Italia, a restituirle una vocazione sociale e culturale.

Una nuova infrastruttura quindi che fa i conti con i profondi cambiamenti avvenuti nella nostra società, con un mix funzionale che spazia dagli ambiti del patrimonio storico-artistico (con attività per il restauro e la gestione e valorizzazione del patrimonio, un volano per l’occupazione giovanile qualificata, anche attraverso l’insediamento di una scuola professionale del restauro), all’attenzione alle donne (includendo centri di assistenza sociale e asili nido) e ai giovani (con spazi da destinare a coworking, in particolare favorendo laboratori artigiani, attività culturali e musicali, start-up innovative).

I riferimenti? Si va dalla Tate Modern di Londra dove una vecchia centrale elettrica è stata convertita in spazio per mostre ed attività culturali, alla Somerset House, sempre nella capitale britannica, dove un monumento storico dello stesso periodo dell’Albergo dei Poveri è stato riusato come centro culturale e luogo per attività temporanee per giovani ed artisti, alla Central Saint Martins King’s Cross dove un vecchio granaio è stato convertito in sede dell’università per le arti visive.

I modelli francesi sono quelli di Le Grandes Voisins, con il riuso di un ex ospedale per bambini nel centro di Parigi per usi temporanei di carattere culturale, piuttosto che La friche di Marsiglia, con la trasformazione di un ex fabbrica di tabacco in spazi per eventi, cultura e istruzione oltre a spazi per usi commerciali.

Si va dal Matadero di Madrid dove un ex mattatoio è diventato un centro culturale con attività aperte al pubblico alla Kulturbrauerei di Berlino con la trasformazione di un birrificio in centro culturale e luogo per l’intrattenimento ed eventi, fino alla Powerhouse Arts di New York, anche in questo caso con la trasformazione di una centrale elettrica in sede per l’artigianato (per le lavorazioni del legno, di metalli, tessuti, ceramica).

Tre anche le best practice italiane: la Fabbrica del vapore di Milano con la riqualificazione di un complesso industriale di prodotti rotabili tranviari e ferroviari in uno spazio interdisciplinare per la cultura, la trasformazione delle Officine Grandi Riparazioni di Torino in spazi per arti visive e performative e spazi per workshop, conferenze e startup, per arrivare a Roma al Mattatoio, anche qui con la trasformazione di un ex mattatoio in Università e spazi per attività culturali.

 

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