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Tassa extra profitti banche, D’Amico: “Si rischia di indebolire l’economia del Paese”

Natale D'Amico

Quella sugli extra profitti delle banche è “un’imposta veramente sciagurata. In nome di pochi quattrini, maledetti e subito, si rischia di pregiudicare e indebolire l’economia del Paese”. Netto, deciso, tagliente, Natale D’Amico (nella foto in evidenza), consigliere della Corte dei Conti, commenta così a Fortune Italia la scelta del Governo di approvare un prelievo extra agli istituti di credito per sostenere le famiglie per il pagamento dei mutui per la prima casa e per il taglio delle tasse. “Dare l’impressione ai mercati di essere uno Stato alla canna del gas che prende i soldi dove può, senza preoccuparsi delle conseguenze di farlo con imposte piuttosto pasticciate, è un grave danno per l’economia”, afferma D’Amico.

Dopo il tonfo in Borsa di ieri, in serata c’è stato una specie di dietrofront del Mef che ha previsto un tetto massimo per il contributo che non può superare lo 0,1% del totale dell’attivo. Una decisione in zona Cesarini per salvaguardare la stabilità degli istituti bancari?

La misura è un po’ strana. È stata corretta piuttosto brutalmente. Non si conosce nel dettaglio e questo genera incertezza. L’incertezza è il nemico dell’attività economica. È sbagliato mettere un’imposta senza che se ne conoscano i dettagli. L’Italia è la Patria della scienza delle finanze. È una disciplina che è stata inventata da noi: la teoria spiega che è ottima l’imposta che è meno distorsiva possibile. Questa è veramente distorsiva, molto distorsiva. Una banca estrae guadagni dal suo cliente attraverso due strade: facendogli pagare un interesse sui soldi che gli presta e fornendogli dei servizi; ricava delle commissioni e degli interessi. Questa imposta così alta spinge le banche ad estrarre dai propri clienti più commissioni e meno interessi. Perché i clienti ne risulterebbero avvantaggiati? Ricordiamo poi che le banche finanziano in larga misura il Tesoro dello Stato.

Ne abbiamo particolarmente bisogno in questo momento.

Lo Stato italiano colloca ogni anno alcune centinaia di miliardi di titoli sul mercato; negli ultimi due anni quei titoli li ha comprati per intero seppure indirettamente la Banca centrale europea. Quindi c’era un acquirente garantito. Oggi quell’acquirente non c’è più, anzi la Bce ha cominciato a vendere i titoli che ha nel portafoglio. Abbiamo bisogno che il mercato – e quindi anche le banche – comprino i titoli. Lo Stato sta incoraggiando le banche a non comprare i suoi titoli, e questo vuol dire che pagherà un tasso di interesse più alto. In sostanza, questa misura è abbastanza controproducente per la nostra economia.

Si potrebbe creare effettivamente un corto circuito? Si rischia la recessione?

Le banche, per fare un esempio, sono poco incentivate a fare prestiti in questa situazione. Già il contesto del mercato del credito si sta facendo teso per il rialzo dei tassi di interesse; in questo momento non abbiamo proprio bisogno di banche che abbiano minore propensione a fare prestiti e la misura determinerà proprio questo. Non solo. Le banche italiane guadagnano di meno degli altri istituti europei e questo non è un vantaggio per il nostro Paese. Ricordiamo che c’è stata da poco un’altra crisi bancaria internazionale rilevante: quella della Silicon Valley Bank.

La tassa sugli extra profitti delle banche diventa una stangata in Borsa, bruciati 9 mld

Cosa ha dimostrato questa crisi?

Quando si innalzano i tassi di interesse, le banche nell’immediato guadagnano di più. Il loro conto economico migliora, ma il loro stato patrimoniale peggiora perché il valore dei titoli che hanno in portafoglio diminuisce. Imporre una tassa aggiuntiva, in un settore che già rischia di andare incontro a momenti di difficoltà, a me pare folle. Tanto più considerando che le banche già pagano un’aliquota dell’imposta sui profitti maggiore delle altre imprese per strani motivi che non si comprendono. Viene inoltre il dubbio che un’imposta così possa essere ripetuta sul mercato negli anni futuri.

Questa misura vuole proteggere i risparmiatori italiani, ma ieri ha colpito altri italiani, quelli che investono in Borsa che hanno perso denaro. Sono stati persi circa 9 mld in una sola seduta. Non si rischia di distruggere la propensione al rischio e all’investimento?

È una misura che scoraggia i singoli risparmiatori e gli investitori internazionali. Anche i risparmiatori domestici dopo la ‘legnata’ presa ieri, probabilmente saranno poco propensi al rischio. A me pare che il gioco non valga la candela, nel senso che probabilmente lo Stato con queste imposte incasserà dei soldi nell’immediato, ma ce li rimette in termini di maggiore tasso di interesse che sarà costretto a pagare sui titoli, visto che le banche saranno scoraggiate dal comprarli. Potrebbe avere effetti macroeconomici in termini di peggioramento del tasso di crescita dell’economia.

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