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Brevetti e tech transfer, binomio vincente

L’italia dei brevetti ha alle spalle 7 anni di crescita costante, si attesta fra i Paesi europei che hanno reagito meglio alla pandemia: l’innovazione è aumentata. Per comprendere il valore dei brevetti ai fini del trasferimento tecnologico, abbiamo intervistato Alessia Volpe*, Senior advisor and Regional desk lead dell’Epo (Ufficio europeo dei brevetti, nella foto in evidenza la sede di Monaco di Baviera).

In materia di trasferimento tecnologico, quanto è importante il tema dei brevetti?

Direi molto importante, costituisce la base per poter stabilire accordi di collaborazione, di trasferimento tecnologico, eventuali licenze, e per attrarre investimenti anche provenienti dall’estero. In modo indiretto, poi, il brevetto divulga e descrive l’invenzione, contribuisce alla trasmissione, al trasferimento del sapere tecnologico in diverse aree della tecnica, e questo fa sì che si eviti il segreto industriale. Il brevetto contribuisce quindi ad aumentare la trasparenza del mercato tecnologico.

Nel 2022 l’Italia ha depositato 4.864 domande di nuovi brevetti (4.773 quelle accettate) presso l’European patent office (Epo) ma resta fuori dalla Top 10 fermandosi all’11esimo posto. Cosa racconta questo ranking sulla concreta situazione del Paese?

Credo che più che interpretare una fluttuazione annuale bisognerebbe leggere le tendenze sul breve, medio e lungo periodo. Il numero delle domande è il più alto proveniente dall’Italia dopo il record del 2021, con 4.920 richieste. In generale parliamo di una crescita delle domande dall’Italia che è pari al 10% negli ultimi 5 anni e del 30% negli ultimi 10 anni, una spinta di molto superiore rispetto ai Paesi che sono paragonabili all’Italia, in termini di profilo economico, di Pil e di grandezza. La crescita italiana è stata costante negli ultimi sette anni e direi che la tendenza è piuttosto positiva.

Volendo quindi guardare al panorama italiano, i dati parlano di differenza fra Nord e Sud, ma evidenziano anche dei casi di eccellenza.

Merita una menzione speciale la Sardegna, al quinto posto fra le regioni europee per presenza femminile nell’attività inventiva, con il 27,9% di donne inventrici che presentano domanda di brevetto, da sole o in équipe. Questo è un dato interessante perché di molto superiore alla media italiana, del 14,3%, e molto al di sopra anche della media europea (13%). Quindi l’Italia fa meglio dell’Europa, e la Sardegna fa meglio di tutti. Queste differenze dipendono molto dal profilo tecnologico del Paese, che ha un numero elevato di presenze femminili se è molto forte in settori come chimica, biotech e farmacia. Germania e Austria, ad esempio, brillano meno per l’attività inventiva al femminile. Guardando invece alle regioni italiane più innovative, la Lombardia si piazza al primo posto in Italia e al 12esimo in Europa, seguita da Emilia Romagna al 24esimo e dal Veneto al 32esimo, tre regioni che costituiscono il 60% del totale delle domande presentate. Sono in tutto 8 le regioni italiane che si piazzano fra le 100 più innovatrici in Europa, oltre alle citate ci sono: Piemonte (41esimo posto), Toscana (60esimo), Lazio (64esimo), Friuli (90esimo) e Trentino (92esimo).

L’Italia è invece quinta nel ranking dei 27 Paesi dell’Unione europea, con una flessione del -1,1%, dopo il record registrato nel 2021, con un +6,5%. Questo può essere un indicatore degli investimenti delle aziende in ricerca e sviluppo, anche in un contesto fatto di pmi come quello italiano?

Il brevetto dà indicazioni utili sulle tendenze del mercato tech, è uno dei migliori indicatori per capire gli investimenti in ricerca e sviluppo, ma non l’unico. Non tutte le attività di ricerca e sviluppo sfociano in brevetti, molta ricerca accademica in Italia e in Europa pubblica prima di brevettare, e quindi una parte di ricerca e sviluppo non si tramuta in brevetto, perché se si pubblica non si può più brevettare. Nel campo dell’innovazione e della proprietà intellettuale, inoltre, gli investimenti di aziende straniere in Italia sono pari all’11,9% del totale, un dato importante ma ancora basso rispetto alla media europea del 21,6%, e questo vuol dire che c’è grande potenziale per aumentare investimenti dall’estero nel nostro Paese. E il sistema nuovo del brevetto unitario potrà aiutare a colmare questo divario.

A livello globale, i cinque Paesi che hanno presentato il maggior numero di domande all’Epo nel 2022 sono Stati Uniti, Germania, Giappone, Cina e Francia. Si riduce il numero totale dei brevetti pubblicati. Come commentiamo questo dato?

Nel 2022, la domanda di brevetti europei è cresciuta, nonostante i nostri richiedenti abbiano dovuto affrontare le sfide della crisi energetica e della carenza di semiconduttori. L’Epo ha concentrato i suoi sforzi proprio sulla fornitura di ricerche, con una buona tempestività.

E alcune attività di esame e concessione sono state ritardate di qualche mese. Il conseguente calo delle concessioni di brevetti dovrebbe essere transitorio. Le fluttuazioni sono quindi dovute principalmente all’organizzazione interna del nostro carico di lavoro e non a un cambiamento di politica o di prassi dell’European patent office.

 

*dirige in Epo – ufficio europeo dei brevetti – il regional desk per America, Africa e Asean (Southeast Asian Nations). Gestisce le relazioni con gli uffici nazionali e regionali della proprietà intellettuale, le autorità pubbliche e private e altri stakeholder dell’innovazione nei paesi di competenza. È anche consulente senior per gli affari europei e internazionali. Ha conseguito un Master in Geoeconomia presso l’Institut de Relations Internationales et Stratégiques di Parigi.

 

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