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Venture capital in progress

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La filiera italiana del trasferimento tecnologico contempla università, centri di ricerca di eccellenza che sviluppano le migliori tecnologie deep tech, che a loro volta necessitano di essere guidate verso lo sbocco sul mercato. Strategico, in questo senso, il ruolo del venture capital, che può contribuire alla crescita di una nuova generazione di imprenditori e investitori italiani, e al necessario approccio di sistema che faccia leva sulle opportunità più promettenti della ricerca italiana.

Per comprendere a pieno il quadro del venture capital e la connessione con il trasferimento tecnologico, abbiamo intervistato Renato Giallombardo*, Partner leader M&A e private equity, venture capital EY, che ha sottolineato: “L’avvio del venture capital italiano è stato legato alla transizione digitale, ma nel corso degli anni le operazioni sui canali di innovazione si sono evolute, maturando interesse verso le vocazioni che nascono dai centri di ricerca e università”.

Quando si parla di trasferimento tecnologico ci si riferisce al patrimonio tecnologico prevalentemente di ordine brevettuale sviluppato nei centri di ricerca, spiega Giallombardo, “e pochi sanno che la gestione delle tematiche brevettuali avviene tramite regolamenti, che sono espressi dai singoli istituti. Non esiste un regolamento di spin-off valido in tutta Italia, ma ogni università definisce il proprio. In base a come viene finanziata la ricerca sono quindi diversi i parametri per consentire al brevetto di arrivare sul mercato, e solo in alcuni casi ci sono commissioni spin-off di ricerca”.

Esiste una forte contrapposizione fra la gestione del brevetto e il mercato, puntualizza il venture capitalist, “ma uno dei temi centrali per consentire a questo Paese di far crescere il ‘go to market’ è mettere mani alla normativa di riferimento degli spin-off di ricerca”. Velocizzare il lancio dei prodotti sul mercato, quindi, è una priorità. Perché se il tempo è denaro, “l’innovazione è tempo, e la normativa deve consentire di fare trasferimento tecnologico rapido e compatibile con esigenze del mercato”, sostiene Giallombardo, che si esprime anche rispetto al binomio venture capital e trasferimento tecnologico. “È necessario. Il venture capital è una modalità di investimento che si occupa di imprese nuove che non hanno una storia, un consolidamento di mercato, non hanno fatturato. È capitale per startup. Ma quando si parla di questo binomio si devono contemplare anche il trasferimento delle conoscenze, del know-how brevettuale detenuto dai centri di ricerca e soggetti privati, che abbiano la capacità di comprendere il livello di rischio che assumono investendo in attività di questo tipo”.

In Italia sta prendendo piede anche il modello di ‘corporate venture capital’, che indaghiamo insieme all’esperto: “Si tratta di operazioni che si possono definire di trasferimento tecnologico, azioni in cui le grandi aziende di Stato si mettono insieme agli operatori finanziari, e possono essere relative a comunicazione, logistica, energia. Qui sta avvenendo il processo di investimento della cosiddetta ‘open innovation’, innovazione aperta delle grandi società rispetto a quelli che erano investimenti più industriali. Fra gli esempi: Enel, Adr, Eleventure, la stessa Cdp venture capital”.

Ma il punto vero è capire qual è oggi il ruolo del venture capital dopo 15 anni di esperienza in Italia e l’idea, secondo Renato Giallombardo, è quella di puntare su spazio, healthcare e robotica per l’industria, in particolare manifatturiera. “Sono i tre assi su cui possiamo avere assoluta leadership europea. Perché il nostro non è sempre un mondo di innovazione. Spesso l’innovazione si importa e se l’Italia vuole esportarla dovrebbe puntare su brevetti davvero innovativi e scalabili. E questi sono i tre settori su cui abbiamo l’expertise migliore, fortissima conoscenza e grande credibilità internazionale”.
Il futuro del venture capital italiano è nella verticalità e specializzazione. Bisogna “avere soggetti specializzati in determinati ambiti, che comprendano che le tecnologie possano avere utilizzi diversi anche fuori dal mercato di riferimento, e che le risorse investite nei fondi devono quindi essere focalizzate e non generaliste”.

Mentre nel private equity si può avere esigenza di soggetti generalisti, il nuovo venture capitalist, secondo Giallombardo, deve saper comprendere la tecnologia e seguirne gli sviluppi applicativi. “Non è banale: prima di tutto per fare un buon venture capital ci vuole un buon investor manager, le cose sono strettamente correlate.

È difficile essere lucidi, non coltivare sogni che non fanno futuro, e noi spesso come Paese non siamo sufficientemente laici nelle nostre valutazioni”. Nel 2022 le risorse investite in startup o Pmi innovative hanno superato i 2 mld di euro. Racconta l’esperto che “nel 2016 il mercato era di 160 mln di euro – era inizialmente dedicato alle startup, e poi sono state aggiunte le pmi innovative – questo vuol dire che in meno di dieci anni abbiamo superato di venti volte il valore iniziale”.

Il tema dello Spazio è il più importante dell’ultimo anno, e secondo Giallombardo lo dimostra “la grande attenzione all’aerospazio, alle iniziative che hanno come riferimento la space economy, sia per prodotti e servizi upstream, propulsori, satelliti, sia per downstream, logistica e attività a terra”. E c’è poi la terza area, la più rilevante, che attiene al trasferimento tecnologico della ricerca spaziale, e che sfocia in settori come quello relativo alla sicurezza, agricoltura, medicale, “è evidente che l’economia dello spazio impatta con le nostre vite in maniera talmente rilevante, molto più di quanto sia in realtà percepito. Noi abbiamo una enorme capacità e vocazione storica nel settore dello spazio, che va coltivata”. In questa direzione va il futuro, anche del venture capital.

 

*EY Italy Partner Leader M&A, Private Equity, Venture Capital, Managing Partner. Vanta competenza di alto livello in tutti i settori della finanza aziendale come M&A, private equity, venture capital, formazione di fondi, equity and debt capital market, diritto societario e commerciale, nonché nei settori energia, infrastrutture e Dpi. Vasta la sua esperienza internazionale anche in Medio Oriente e negli Stati Uniti.

 

 

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