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“Israele è in guerra, Hamas è l’obiettivo”, intervista all’ex Ambasciatore Dror Eydar

Si continuano a contare le vittime dell’imponente attacco a sorpresa che Hamas ha sferrato contro Israele lo scorso sabato, a cui è seguita la controffensiva armata ‘Iron swords’. Gli Israeliani sono in guerra, come ha dichiarato Benyamin Netanyahu, mentre il ministro della difesa israeliano Yoav Gallant ha disposto ‘l’assedio completo’ della Striscia di Gaza, dove “non ci sarà elettricità, né cibo, né benzina. Tutto è chiuso”, ha aggiunto Gallant dopo una consultazione di sicurezza al Comando Sud di Beersheba. “Nessun negoziato possibile” al momento con Israele, ha detto un funzionario di Hamas a Doha in Qatar.
Una testimonianza diretta di quello che sta accadendo in Israele arriva da Dror Eydar, che abbiamo raggiunto telefonicamente, e che ci ha rilasciato un’intervista in cui racconta la vicenda dal punto di vista di Israele.

Lei è stato ambasciatore israeliano in Italia dal 2019 al settembre 2022, ora è impegnato in Israele come giornalista. L’attacco sferrato da Hamas ha davvero colto di sorpresa Israele?
Si, una grande sorpresa e un grande disastro. Sabato avevamo celebrato la fine dei sette giorni di Sukkot, la festa delle Capanne, e abbiamo finito il ciclo annuale di lettura della Torah, nelle sinagoghe si distribuiscono dolci ai bambini, questa è una nostra tradizione antica. Ma ci siamo poi svegliati al suono delle sirene, i terroristi di Hamas hanno attraversato il confine degli insediamenti e hanno massacrato donne, bambini, ragazzi e ragazze, abbiamo contato più di 700 morti e migliaia di feriti, e più di cento rapiti. Dopo l’Olocausto avevamo giurato che non sarebbe più successo, e invece è accaduto, e ora il nostro scopo è combattere Hamas.

Cosa ha impedito di prevedere questo attacco?
Ora siamo in guerra, e gli eventuali responsabili di questa mancanza stanno combattendo come tutti gli altri. Quando la guerra sarà finita, e avremo vinto, capiremo cosa si è inceppato nel sistema per consentire questa strage che non siamo riusciti a prevedere. Quello che per ora è certo è che è stata per tutti una grande, tremenda sorpresa, una sorta di undici settembre d’Israele, e cio’ spiega la nostra reazione a questo atto terroristico. E alla radice del problema c’è l’incomprensione con Hamas, che si ispira a un manifesto politico religioso del 1988, uno statuto – che ho fatto anche tradurre in Italiano, quando ero ambasciatore – in cui spiccano i principi della distruzione dello Stato d’Israele e degli ebrei ovunque si trovino. Come storico, ricordo solo un altro documento simile, ed era scritto in tedesco.

“Cittadini di Israele, siamo in guerra”: sono state le parole di Netanyahu. Cosa ci attende adesso? Una lunga guerra di posizione o un intervento armato via terra a Gaza da parte dell’Esercito israeliano per distruggere Hamas?
Siamo alla vigilia di un lungo atto militare, una guerra per la prima volta dopo decine di anni. Ora vogliamo cambiare l’equazione tra noi e questi terroristi, e sia chiaro che questa non sarà un’operazione militare, questa è una guerra, anche se ci auguriamo che sia breve. In cosa si distingue da un’operazione militare? La differenza è nella volontà, siamo animati da un imperativo categorico globale: eliminare Hamas. Quello che credo  vada chiarito è che non è una guerra di Israele contro un’organizzazione terroristica, ma è una guerra di tutto l’Occidente. Israele è il primo avamposto della difesa della civiltà occidentale: ci attaccano per primi perché sanno che siamo la porta verso verso la democrazia. Questi nemici si trovano anche in Libano, in Siria e in Iran che finanzia concretamente Hamas, la guida e la dirige. Tutti loro attendono la nostra reazione, e in base a questo decideranno come agire. Israele è però pronta, adesso, a cambiare le regole del gioco. I leader iraniani vogliono governare secondo le regole dell’Islam radicale, Israele per loro non è solo uno stato moderno, è lo stato degli ebrei, e l’ebraismo è anche la radice del cristianesimo, e pensano che sconfiggendo Israele contrasteranno l’intera civiltà cristiana. Ultimo punto di questo quadro su Hamas: fa parte del movimento dei fratelli musulmani, fondato nel 1928, più o meno 100 anni fa, basato su un manifesto politico, non solo religioso. Durante il mio lavoro come ambasciatore ho avuto molte conversazioni con intellettuali del mondo occidentale, e ho capito che non si hanno le idee chiare su Hamas, non si percepisce il vero tema dell’islam politico: il leader dei fratelli musulmani, nel 2005 ha emesso una fatwa, in cui dice: “Constantinopoli è stata conquistata dal giovane ottomano Mehmed II Fatih nel 1453, resta l’altra città, cioè Roma, e noi speriamo e crediamo che anche questa sarà conquistata”.

Dal punto di vista economico, questo conflitto che conseguenze globali potrebbe portare?
L’economia globale è stata influenzata per un anno dalla guerra fra russa e ucraina. Questo non ha avuto grandi conseguenze per i Palestinesi, che non hanno un’economia, specialmente Hamas che è finanziato dall’Iran. I cambiamenti nell’economia sono globali e l’inflazione è un problema globale.

Dror Eydar – ex Ambasciatore israeliano  in Italia @MAURIZIO BRAMBATTI/ANSA

Il conflitto Israelo-Palestinese rappresenta un nuovo focolaio in un assetto internazionale già pesante per via di altri conflitti. Qual è la sua analisi?
Credo che una delle ragioni di questo attacco sia nel cambiamento geopolitico che sarebbe derivato degli ‘Accordi di Abramo’, ovvero  l’intesa fra Israele e Arabia Saudita che era stata annunciata (e che l’America avrebbe voluto ratificare prima della campagna presidenziale 2024, ndr).
L’Iran ne ha avuto paura e ha puntato a disturbare questo nuovo assetto. Il mese scorso il nostro primo ministro aveva annunciato questi accordi come grande cambiamento, perché l’Arabia Saudita è il paese principale, dal punto di vista dell’Islam, perché protegge La Mecca e Medina, e crediamo che anche il trattamento religioso ideologico cambierà, perché i sauditi vorranno recuperare le relazioni fra ebrei e Islam e questo cambiamento non è piaciuto agli  ayatollah che vogliono governare con il loro metodo sciita.

La solidarietà internazionale guarda a Israele, ma da più parti si chiede la soluzione globale e duratura del conflitto israelo-palestinese, con la creazione di due Stati indipendenti. E’ uno scenario plausibile?
Abbiamo quattro gruppi di palestinesi: l’autorità palestinese in Giudea, in Samaria, poi a Gaza c’è Hamas, poi anche alcuni degli arabi in Israele che si definiscono palestinesi, e quasi il settanta per cento dei cittadini giordani, della Cisgiordania sono anche palestinesi. Lo stato palestinese dove andrebbe fatto? Anche quando ero ambasciatore ho cominciato tante conversazioni con una sfida intellettuale: il mio argomento è che i palestinesi potrebbero non volere uno stato indipendente accanto allo Stato di Israele.

Non temete che la reazione della comunità internazionale e delle organizzazioni umanitarie di fronte all’ordine del ministro della Difesa israeliano Yoav Gallant di imporre un “completo assedio” alla Striscia di Gaza, incluso il divieto di accesso a elettricità, cibo e benzina?
Il fatto è che ancora in molti pensano che Hamas sia un’organizzazione normale, che vuole la libertà.
A Gaza era stata data l’opportunità di diventare come Singapore, hanno ottenuto i finanziamenti internazionali, ma la conseguenza è stata la militarizzazione dei territori. A 30 km da qui c’è Ramalla, le montagne di Beniamino. Il pericolo reale è quello che un eventuale stato palestinese finisca nelle mani di Hamas.  Forse la maggior parte dei palestinesi vorrebbe vivere in pace, ma anche Abu Mazen non ci aiuta, non riconosce il diritto dello Stato di Israele, e questo è un grande problema.

Dal suo punto di vista, cosa vede nel futuro degli equilibri del medio-oriente, e a cosa dobbiamo prepararci tutti, ora?
Ripenso al bombardamento di Dresda, nel 1945, gli alleati della Gran Bretagna erano contrari al bombardamento, e Churchill era l’unico ad aver capito davvero i pericoli di quella situazione.
Oggi a Gaza ci sono più di cento israeliani che sono stati rapiti, Israele vuole distruggere Hamas per  eliminare i terroristi che minacciano non solo Israele, ma tutto il mondo occidentale. Siamo tutti in pericolo, Israele è pioniere, noi saremo i primi ma bisogna capire che Hamas è un pericolo globale.
Churchill fu l’unico a gridare e nessuno lo ascoltò, anche ora tutti i dettagli sono visibili, sul tavolo, e se rimaniamo anche questa volta fermi, il prossimo attacco sarà più grave.

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