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Il Cnel boccia il salario minimo, Brunetta: 9 euro lordi a tutti non vuol dire niente

L’assemblea del Cnel ha recentemente approvato il documento finale sul lavoro povero e il salario minimo. Secondo quanto emerso, il documento si focalizza sulla valorizzazione della “via tradizionale” della contrattazione collettiva come strumento chiave per affrontare la questione dei salari minimi.

Il documento è composto da due parti: una prima parte di inquadramento e analisi e una seconda con le proposte. Queste proposte sono state approvate nei giorni precedenti dalla commissione dell’Informazione.

La prospettiva europea

Il documento del Cnel sottolinea l’importanza di considerare il tema del salario minimo alla luce delle direttive europee, che non impongono l’obbligo di introdurre un salario minimo legale. Al contrario, queste direttive favoriscono la contrattazione collettiva come mezzo per stabilire i minimi salariali, a condizione che questa abbia un tasso di estensione significativo, almeno l’80%. È importante notare che in Italia, il tasso di estensione della contrattazione collettiva è vicino al 100%, e la maggior parte dei lavoratori dipendenti è coperta da contratti collettivi sottoscritti da Cgil, Cisl e Uil. Inoltre, le tariffe minime previste in questi contratti superano i parametri della direttiva europea.

Il documento del Cnel rileva che il fenomeno della contrattazione “pirata” è marginale, e invece suggerisce di adottare un piano di azione nazionale per sostenere la contrattazione collettiva in settori critici. Questo piano di azione mira a garantire il regolare funzionamento della contrattazione collettiva attraverso accordi interconfederali, evitando interventi legislativi diretti.

Lavoro povero e salario minimo

Il documento del Cnel riconosce che il lavoro povero colpisce principalmente categorie di lavoratori temporanei, parasubordinati, lavoratori con contratti discontinui e altre situazioni lavorative precarie. Per questi lavoratori, si suggerisce l’idea di introdurre tariffe minime attraverso contrattazioni, eventualmente sostenute da adeguate normative di supporto. Questo approccio potrebbe aiutare a migliorare le condizioni retributive di lavoratori precari che non sono pienamente coperti dalla contrattazione collettiva.

Tuttavia, l’introduzione di un salario minimo legale per il lavoro domestico e di cura potrebbe comportare rischi di lavoro non dichiarato. Pertanto, si raccomanda di considerare l’implementazione di un bonus parametrato all’Isee familiare come alternativa.

Contratti “pirata” e contrattazione collettiva di qualità

Per affrontare i contratti “pirata” e la proliferazione di contratti collettivi, il Cnel suggerisce un intervento legislativo incentrato sull’individuazione dei contratti collettivi maggiormente diffusi per ogni settore, condizionando la registrazione nel registro nazionale e l’assegnazione di un codice alfanumerico unico a tali accordi. Questa misura mira a garantire che i contratti maggiormente diffusi siano quelli a cui i lavoratori possono fare affidamento.

Rinnovi contrattuali e politica dei redditi

Il documento del Cnel evidenzia anche il ritardo nei rinnovi contrattuali, che in alcuni casi si protrae per anni. Questo ritardo ha un impatto negativo sui salari dei lavoratori, soprattutto in un contesto di inflazione. Per affrontare questa problematica, si propone l’adozione di iniziative concrete per superare la criticità dei ritardi nei rinnovi contrattuali.

Infine, il documento del Cnel raccomanda la necessità di lavorare su un nuovo accordo sulla politica dei redditi, che tenga conto delle peculiarità di ogni settore produttivo e offra meccanismi di salvaguardia del potere d’acquisto dei lavoratori.

Il documento del Cnel sul lavoro povero e il salario minimo si basa sulla valorizzazione della contrattazione collettiva come principale strumento per affrontare le questioni salariali e per garantire retribuzioni adeguate per i lavoratori. Riconosce l’importanza delle direttive europee e sottolinea la necessità di misure specifiche per migliorare le condizioni dei lavoratori precari. Inoltre, il documento propone un approccio di qualità alla contrattazione collettiva, mirando a garantire che i contratti maggiormente diffusi siano quelli che maggiormente beneficiano i lavoratori. Questo documento rappresenta un passo significativo verso una politica salariale che promuova la giustizia sociale e il benessere dei lavoratori italiani.

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