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Darya Majidi: l’AI è una sfida da ragazze

Imprenditrice digitale italo-iraniana, esperta in intelligenza artificiale, attivista per i diritti umani e donna 4.0, Majidi invita le giovani ad affrontare la vita con competenza, cuore e coraggio.

Sono tre C – competenza, cuore e coraggio – a ispirare da sempre l’azione di Darya Majidi, imprenditrice digitale italo-iraniana, computer scientist, esperta in intelligenza artificiale, selezionata dal Board di Mpw fra le Most Powerful Women 2023 per essersi impegnata concretamente su vari fronti: dai diritti umani delle minoranze, in particolare delle iraniane, a quelli dei giovani. “Mamma e moglie amorevole, ha trasformato la nostalgia per il suo Paese di origine in un grazie a quello che la ospita con competenza, cuore e coraggio. Un modello per giovani e donne, ma in realtà una visionaria dei nostri tempi, di ispirazione per tutti”, si legge nelle motivazioni.

Donne alla guida del cambiamento: le Mpw 2023 di Fortune Italia

 

Majidi, che vive a Livorno con il marito e la figlia, si definisce una ‘startupper seriale’: la sua prima creatura, Synapsis, l’ha creata a soli 28 anni, dopo la laurea al Dipartimento di Informatica a Pisa. Oggi è Ceo di Daxo Group, società specializzata in digital transformation, che ha fondato dopo aver dato vita anche a Dcare, focalizzata sull’IoT nel settore della salute e Daxolab, incubatore e acceleratore di imprese. Avvicinare le donne alla tecnologia e all’intelligenza artificiale (AIxGIRLS) è la sua ricetta per favorire l’imprenditoria femminile: dal suo libro “Donne 4.0” è nata l’associazione della quale è presidente. Majidi è una donna eclettica e molto attiva, fortemente convinta che “tutti noi siamo agenti di cambiamento”, ma anche che l’informatica, “che sta plasmando il mondo che ci circonda”, sia davvero una sfida da ragazze.

Lei ha creato una rete neurale 30 anni fa, oggi a che punto è l’Italia sul cammino della trasformazione digitale?

Fin da subito ho capito l’importanza di mettere in comunicazione ricerca e industria: riuscire a vedere le cose, studiarle e portarle sul mercato. Questo è quello che sta accadendo ora in Italia. La digital transformation sta avendo un’accelerazione perché ci siamo accorti che l’università da sola non può funzionare. E dobbiamo puntare sulla collaborazione e sul trasferimento tecnologico. Parliamo ora ad esempio di Centri di competenza: io sono vicepresidente di ARTES 4.0, capitanato dalla Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa. C’è più consapevolezza dell’importanza di condividere conoscenze, competenze e risorse. Ma se alcuni settori, come l’automotive e il pharma, hanno iniziato il loro percorso di trasformazione digitale e hanno un buon livello di maturità, altri come le Pmi sono molto distanti. Ecco allora che subentrano i Centri di competenza per aiutare queste imprese a digitalizzarsi. Poi ci sono le startup, che possono essere preziosi acceleratori, ma devono iniziare sin da subito a collaborare con le grandi aziende, che hanno le risorse per crescere davvero. Se dovessi dare un voto da 1 a 10 all’Italia, direi che siamo a 6: c’è tanta strada da fare, ma dopo Covid-19 tutti abbiamo la consapevolezza che è quella giusta.

Donne e materie Stem: perché, secondo lei, ancora oggi poche studentesse italiane scelgono di cimentarsi in queste discipline?

A mio avviso non è più corretto parlare di distanza delle donne dalle Stem, perché le ragazze in Medicina, Biologia e Farmacia hanno superato gli uomini. Bisogna focalizzarsi sull’It (Information Technologies): le iscritte a Informatica sono intorno al 14%. E questo perché la narrativa è arida e poco creativa. Ce lo dice il caso dell’Ingegneria biomedica: il concetto di cura le fa avvicinare, ma questo non accade con l’Ingegneria meccanica. L’aridità però è nella descrizione stessa degli atenei. Chi, come me, si laurea in Informatica raramente farà il programmatore, più spesso è un problem solver che deve portare innovazione nei processi. Dobbiamo raccontare alle ragazze la creatività che c’è nell’informatica: l’It sta dando forma al mondo. Da qui è nata Donne 4.0: non possiamo delegare la creazione del futuro agli uomini. Inoltre oggi mancano competenze nell’It e la disoccupazione femminile è alle stelle: dobbiamo avvicinare le ragazze a questi nuovi lavori. Ci vogliono competenza, cuore e coraggio (le tre C, ndr): dobbiamo essere preparate, mettere il cuore non solo negli affetti ma anche nel lavoro. E soprattutto allenarci al coraggio, fin da piccole. Le bambine devono imparare a uscire dalla comfort zone. Non è un caso che solo il 14% delle startup innovative sia a guida femminile. Certo, è curioso che ora siano tutti esperti di intelligenza artificiale. Io sono trent’anni che studio e lavoro su questo argomento, faccio parte del Board industriale dell’Associazione italiana dell’intelligenza artificiale e devo dire che c’è spazio per le donne: le aziende cercano talenti. Su questo fronte con Donne 4.0 da due anni abbiamo creato AIxGIRLS. Portiamo l’intelligenza artificiale alle ragazzine di IV liceo, grazie anche allo sponsor Fineco Asset Management. Ne abbiamo coinvolte finora 40, che sono diventate ambassador e stanno trascinando le compagne. Il 20 ottobre alla Sapienza di Roma daremo vita ad AIxWOMEN: stessi temi ma rivolti alle donne. L’AI, insomma, richiede competenze e studio, ma le ragazze sono brave a studiare.

Gender pay gap: com’è la situazione nel mondo del digital e del tech?

A livello contrattuale le aziende, specie quelle pubbliche, non possono fare discriminazioni. Ma basta guardare il momento della maternità, il cosiddetto ‘gradino rotto’, per vedere come la donna perda bonus e benefit accumulati dai colleghi mentre lei è a casa.

È passato poco più di un anno dalla morte di Mahsa Amini, in Iran dalle proteste di piazza si è passati alla disobbedienza civile. Che segno hanno lasciato le iniziative che avete portato avanti? In che modo sostenere anche a distanza la lotta delle donne e degli uomini iraniani per una società con pari diritti?

Ogni piccola attività per loro è un regalo. La fiammella della resistenza è rimasta accesa perché si è creato un legame forte fra gli iraniani rimasti e quelli all’estero. Ora tutti stiamo lottando affinché donne e uomini in Iran abbiano la consapevolezza che noi siamo con loro. Sapere che nel mondo ci sono strade dedicate a una vittima delle torture del regime iraniano segnala agli iraniani che non sono soli. Le ragazze in Iran si laureano in materie It e sanno schivare i controlli, per mostrare sui social quello che sta accadendo. L’anno passato, ad esempio, noi di Donne 4.0 ci siamo tagliate i capelli a sostegno delle iraniane: un gesto piccolo, ma importante. C’è un detto iraniano secondo cui goccia a goccia si crea il mare: io ci credo tantissimo. E questa resistenza ce la farà: il punto è quando, e quanto sangue costerà.

Le è una donna leader fortemente impegnata per il rispetto delle minoranze, ma quali erano i suoi sogni da bambina: cosa voleva fare da ‘grande’?

Mi dicono gli amici che io l’idea di creare qualcosa di mio l’ho sempre avuta. Ho sempre avuto il concetto del lavoro di squadra e ho sentito l’obbligo di educare e incoraggiare le giovani generazioni.

C’è una lezione che l’ha guidata nel corso della sua carriera?

Ricordo che mio papà mi ha sempre detto: ‘Tu sei una campionessa’. E io l’ho detto a mia figlia: è fondamentale dare speranza e dedicare tempo alle nuove generazioni.

Nel corso delle sue esperienze ha mai fatto fatica a conciliare i tempi di vita con quelli del lavoro? Ha mai avuto l’impressione di dover ‘rubare spazio’ alla famiglia?

Quando è nata mia figlia, pur lavorando da casa con il computer, io ero lì con lei, mentre mio marito è tornato al lavoro dopo pochi giorni. Ho avuto la sensazione che la legge italiana fosse sbagliata: protegge in minima misura la donna, ma non responsabilizza l’uomo.
E ora il congedo di 10 giorni per i papà non basta. Come datrice di lavoro ho cercato di aiutare sia le mamme che i papà nelle mie aziende.
Un altro momento che ricordo è quando mi sono trovata in un board circondata da uomini che facevano mansplaining su cose che tu sai perfettamente: ecco, in quel momento ho pensato ‘era meglio se restavo a casa, usavo meglio il mio tempo’.

A questo punto della carriera quali obiettivi ha ancora nel suo ‘libro dei desideri’?

La prossima settimana (l’ultima di settembre, ndr) parteciperò a un evento in Colombia dove parlerò della chiusura del gender gap con l’intelligenza artificiale. Sto tessendo relazioni sempre più a livello internazionale e fra qualche anno il mio sogno è portare tutto ciò che ho imparato in Iran.

Come ha reagito alla notizia del riconoscimento Mpw?

Ho riso (sorride e poi ride di gusto, ndr). È una soddisfazione, ma anche il frutto di un lavoro corale: per me è stato importante aver puntato sulla sorellanza, nonostante qualche delusione ricevuta dalle donne. Questo premio non è solo a me, ma a tutto quello che siamo riuscite a creare con Donne 4.0, con le mie aziende, le amiche, i libri.

Qual è il suo messaggio per le giovani donne?

Studiate tanto e continuate a farlo sempre. Ma soprattutto metteteci il cuore e abbiate sempre il coraggio di sognare in grande e di realizzare i vostri sogni. [Ecco, le ‘tre C’ tornano sempre quando si parla con Darya Majidi]. 

Qui la lista completa delle MPW 2023 di Fortune Italia

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